Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7510 del 31/03/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7510 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 11356-2008 proposto da:
ADRIANO

AGOSTI

GSTDRN433A22F132A,elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
APRILE EUGENIO;
– ricorrente contro

2014
257

SETA

ED

TIPOGRAFIA

ATESINA

SPA

00274700228,

elettivamente domiciliatq in ROMA, VIALE G. MAZZINI
6, presso lo studio dell’avvocato VITALE ELIO, che lo,
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSARI

Data pubblicazione: 31/03/2014

GIANCARLO;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 48/2007 della CORTE D’APPELLO
di TRENTO sezione distaccata di BOLZANO, depositata
il 05/03/2007;

udienza del 22/01/2014 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito

l’Avvocato

VITALE

Elio,

difensore

del

resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso .&.h-e- ha
aerrea.co- per l’accoglimento del primo motivo,
assorbiti i restanti motivi di ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 5-3-2001 la SETA s.p.a.
proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in data
13-1-2001 dal Tribunale di Bolzano, Sezione Distaccata di Merano,

pagamento di somme per prestazioni professionali giornalistiche
svolte negli anni 1997, 1998, 1999 e 2000.
Con sentenza in data 26-7-2005 il Tribunale di Bolzano,
Sezione Distaccata di Merano, revocava il decreto ingiuntivo opposto
e condannava la SETA s.p.a. a pagare all’Agosti la somma di euro
230.086.07, oltre accessori, per prestazioni di lavoro autonomo rese
in suo favore dall’opposto.
Avverso la predetta decisione proponeva appello la SETA
s.p.a.
Con sentenza in data 5-3-2007 la Corte di Appello di Trento,
Sezione Distaccata di Bolzano, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, determinava in lire 88.289.273 da convertirsi in euro,
oltre accessori, l’ammontare del credito dell’Agosti, e condannava la
società SETA al pagamento delle spese di doppio grado.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Agosti
Adriano, sulla base di quattro motivi.
La SETA s.p.a. ha resistito con controricorso.

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con il quale, ad istanza di Agosti Adriano, le era stato intimato il

MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione
degli artt. 409, 646 e 647 c.p.c. Deduce che il rapporto giornalistico
instauratosi tra l’Agosti e la SETA s.p.a. il 9-6-1997 e continuato

con la pubblicazione sul quotidiano “Alto Adige” di un totale di
2.371 pezzi, a prescindere dalla sua qualificazione come subordinato
o autonomo, si concretava in una prestazione d’opera personale
continuativa e coordinata, di cui all’ultima parte dell’art. 409 n. 3
c.p.c. Sia il Tribunale che la Corte di Appello, pertanto, avrebbero
dovuto rilavare che la causa introdotta dalla SETA s.p.a. con
l’opposizione a decreto ingiuntivo nelle forme ordinarie riguardava
un rapporto rientrante tra le controversie individuali di lavoro, si
sensi del citato art. 409 c.p.c., e disporre il passaggio dal rito
ordinario al rito speciale. L’assoggettamento ah initio della causa al
rito del lavoro, peraltro, comportava che l’opposizione a decreto
ingiuntivo andava proposta con ricorso depositato in Cancelleria
entro il termine di cui all’art. 641 comma i c.p.c., con la
conseguenza che, nella specie, essendo stata l’opposizione proposta
con atto di citazione, questa avrebbe dovuto essere depositata in
Cancelleria nel termine perentorio predetto. Poiché, al contrario,
l’opposizione a decreto ingiuntivo notificato il 29-1-2001 è stata
proposta con citazione notificata il 2-3-2001 e tale atto non è stato

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ininterrottamente senza soluzione di continuità fino al giugno 2000,

depositato entro il termine del 10-3-2001, l’opponente è incorsa
nella decadenza del diritto di proporre opposizione, rilevabile
d’ufficio anche in sede di legittimità.
Il motivo è inammissibile per la novità della questione posta,

dei requisiti (carattere continuativo, coordinato e prevalentemente
personale dell’attività svolta) che connotano il rapporto di
collaborazione ai sensi dell’art. 409 n. 3 c.p.c. (c.d.
parasubordinazione), non può essere fatta valere per la prima volta in
sede di legittimità.
Dalla lettura della sentenza impugnata, infatti, si evince che il
giudice di primo grado ha condannato la SETA s.p.a. a pagare
all’Agosti la somma di euro 230.086.07, oltre accessori, “per
prestazioni di lavoro autonomo” rese in suo favore dall’opposto; e
che quest’ultimo, nel costituirsi in appello, si è limitato a chiedere il
rigetto del gravame, senza dedurre che si trattava di un rapporto di
lavoro parasubordinato, ma dando atto di aver agito in giudizio per il
pagamento di compensi per “credito di lavoro autonomo relativo a
prestazioni svolte negli anni 1997, 1998, 1999 e 2000”.
Ciò posto, si rammenta che i motivi del ricorso per cassazione
devono investire a pena di inammissibilità questioni che hanno
formato oggetto del giudizio di secondo grado, non essendo
consentito in sede di legittimità la proposizione di nuove questioni di

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che, presupponendo accertamenti in fatto in ordine alla sussistenza

diritto, ancorché rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del
procedimento, quando esse presuppongano o comunque richiedano
nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di
Cassazione (tra le tante v. Cass. 9-7-2013 n. 17041; Cass. 13-9-2007

24-5-2003 n. 8247).
2)

11 rigetto del primo motivo di ricorso comporta

l’assorbimento del secondo, con cui viene denunciata la violazione
dell’art. 416 c.p.c., che, in relazione alle cause soggette al rito del
lavoro, impone l’obbligo di specifica contestazione delle allegazioni
di parte attrice.
3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione
degli artt. 2697 e 2223 (recte, 2233) c.c.. Sostiene che la Corte di
Appello ha errato nel ritenere che vi fosse stata una contestazione
dell’opponente in ordine al quantum, tale da rendere necessaria la
rideterminazione del compenso spettante all’opposto. La controparte,
infatti, si è limitata a sostenere l’esistenza di un accordo in ragione
del quale si sarebbe derogato ai minimi tariffari, ma non ha mai
contestato la congruità dell’importo richiesto dalla controparte
rispetto all’attività svolta. Pertanto, non essendo stata provata
l’esistenza dell’accordo tra le parti, l’attività svolta avrebbe dovuto
essere liquidata sulla base della tariffa professionale, ai sensi
dell’art. 2233 c.c. Tale norma, infatti, prevede in materia una

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n. 19164; Cass. 17-4-2007 n. 9143; Cass. 27-8-2003 n. 12571; Cass.

gerarchia di carattere preferenziale, indicando in primo luogo la
pattuizione delle parti, in difetto le tariffe o gli usi e rimettendone
solo in estremo subordine la determinazione al giudice, previo parere
dell’associazione professionale.

Deve premettersi che, in tema di opposizione a decreto
ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni
professionali, la parcella corredata dal parere del competente
Consiglio dell’ordine di appartenenza del professionista, mentre ha
valore di prova privilegiata e carattere vincolante per il giudice ai
fini della pronuncia dell’ingiunzione, non ha -costituendo semplice
dichiarazione unilaterale del professionista- valore probatorio nel
successivo giudizio di opposizione, nel quale il creditore opposto
assume la veste sostanziale di attore e su di lui incombono i relativi
oneri probatori ex art. 2697 c.c., ove vi sia contestazione da parte
dell’opponente in ordine all’effettività ed alla consistenza delle
prestazioni eseguite o all’applicazione della tariffa pertinente ed alla
rispondenza ad essa delle somme richieste. Al fine, inoltre, di
determinare il suddetto onere probatorio a carico del professionista e
di investire il giudice del potere-dovere di verificare la fondatezza
della contestazione mossa dall’opponente, non è necessario che
quest’ultima abbia carattere specifico, essendo sufficiente anche una

Il motivo è infondato.

contestazione di carattere generico (tra le tante v. Cass. 30-7-2004 n
14556; Cass. 25-6-2003 n. 10150).
Nella specie, la Corte di Appello ha accertato che vi era stata,
da parte dell’opponente, una contestazione, sia pure generica della

asseverata dall’associazione professionale. Tale valutazione
costituisce espressione di un apprezzamento in fatto che avrebbe
potuto, in ipotesi, essere censurato solo sotto il profilo del vizio di
motivazione, nella specie non dedotto; sicchè essa non può essere
riposta in discussione in questa sede.
A fronte delle contestazioni mosse dall’opponente e del rilievo
secondo cui il conteggio posto a base del ricorso per ingiunzione era
stato effettuato con riferimento a un dato (tiratura di 40.000 copie al
giorno) che non trovava alcuna conferma negli atti di causa (punto,
questo, che non ha costituito oggetto di censura da parte del
ricorrente), legittimamente il giudice del gravame ha ritenuto di
disporre consulenza tecnica d’ufficio onde acquisire elementi di
valutazione oggettiva in ordine al pregio della prestazione
dell’Agosti.
Così statuendo, la Corte territoriale si è conformata al
principio, affermato dalla giurisprudenza, secondo cui, in tema di
compenso per l’attività svolta dal professionista, il giudice,
indipendentemente dalla specifica richiesta del medesimo, a fronte di

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correttezza della proposta di liquidazione formulata dall’Agosti ed

risultanze processuali carenti sul “quantum” ed in difetto di tariffe
professionali e di usi, non può rigettare la domanda di pagamento del
compenso, assumendo l’omesso assolvimento di un onere probatorio
in ordine alla misura del medesimo, bensì deve determinarlo, ai sensi

proporzionalità del corrispettivo con la natura, quantità e qualità
delle prestazioni eseguite e con il risultato utile conseguito dal
committente (Cass. 18-9-1995 n. 9829)
Non ha pregio, d’altro canto, l’assunto del ricorrente, secondo
cui, ai sensi dell’art. 2233 c.c., in mancanza di un accordo tra le
parti sulla misura del compenso, il giudice di merito non avrebbe
potuto disporre consulenza tecnica d’ufficio per la determinazione
del corrispettivo dovuto all’Agosti, ma avrebbe dovuto procedere
alla relativa liquidazione sulla base della tariffa professionale.
Come è noto, il citato art. 2233 c.c. pone una gerarchia di
carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del
compenso per le prestazioni di opera professionale, attribuendo
rilevanza, in primo luogo, all’accordo delle parti, in mancanza di

tale accordo alle tariffe o agli usi e, da ultimo, alla valutazione del
giudice, previo parere dell’associazione professionale.
Nella specie, il ricorrente non ha censurato l’affermazione
contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui le tariffe
professionali previste in materia di lavoro giornalistico sono prive di

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degli artt. 1709 e 2225 c.c., con criterio equitativo ispirato alla

cogenza “erga omnes”, costituendo dei semplici parametri indicativi
provenienti dall’associazione professionale del settore.
E, in effetti, in relazione alle prestazioni professionali
giornalistiche, non esistono vere e proprie tariffe professionali, ma

riferimento agli artt. 2, 11 e 35 della legge 3-2-1963 n. 69, dal
Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti; tabella che, in
mancanza di specifiche disposizioni legislative che attribuiscano al
predetto Ordine Professionale il potere di fissare compensi minimi
inderogabili, assume un carattere meramente indicativo e non
vincolante.
Deve aggiungersi, comunque, che il ricorrente non ha affatto
dedotto che la liquidazione operata dal giudice di appello ha violato
i minimi previsti dal tariffario in parola; tariffario che, come si
evince dalla lettura della sentenza impugnata, è stato tenuto in debito
conto dal C.T.U. nel determinare il compenso dovuto all’Agosti in
relazione alle prestazioni in concreto rese.
Non sussistono, pertanto, le dedotte violazioni di legge.
4) Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione
degli artt. 115 e IL16 c.p.c. Sostiene che la sentenza impugnata ha
fatto acriticamente proprie le risultanze della consulenza tecnica
d’ufficio, che si palesano erronee e contraddittorie. Rileva, in
particolare, che la distinzione operata dal consulente tecnico

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solo una tabella dei “compensi minimi”, varata di anno in anno, con

d’ufficio tra servizi e notizie è del tutto arbitraria; che il C.T.U. ha
proceduto ad un’analisi a campione, esaminando appena 38 pezzi su
2.371, cioè una percentuale di nessuna validità statistica; che il
consulente, pur avendo affermato che la tiratura per l’individuazione

telematici, ha considerato il semplice dato della tiratura cartacea;
che il C.T.U. non ha precisato la fonte del suo convincimento,
secondo cui la tiratura media del giornale su cui scriveva l’Agosti
era di 21.000 copie.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Secondo un principio affermato da questa Corte, la parte che
addebita alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o
errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti
contenuti in essa (e nella sentenza che l’ha recepita) ha, innanzitutto,
l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno
i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto
specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli
errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel
trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli
accertamenti ed alle conclusioni del consulente di ufficio. Le critiche
mosse alla consulenza ed alla sentenza, pertanto, devono possedere
un grado di specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di

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delle tariffe da applicare fa riferimento anche ai quotidiani

apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso (Cass. 13-62007 n. 13845).
Nella specie, il ricorrente non ha riportato né i brani della
consulenza contestati nè le critiche mosse dall’appellato

Ma, anche a prescindere dalla mancata osservanza del
principio di autosufficienza del ricorso, si osserva che le deduzioni
svolte dal ricorrente si risolvono in sostanziali censure di merito
avverso le valutazioni espresse dalla Corte di Appello, la quale,
tenendo conto dei rilievi critici mossi (peraltro solo nella comparsa
conclusionale) dall’appellato, ha motivatamente ritenuto affidabili le
risultanze della consulenza tecnica d’ufficio. Nel maturare tale
convincimento, il giudice del gravame ha dato atto che il C.T.U. ha
apprezzato ciascun tipo di prestazione secondo il suo effettivo pregio
e risultato, ed ha determinato il complessivo credito dell’Agosti in
rapporto all’attività dal medesimo effettivamente espletata sulla base
dell’effettiva tiratura del quotidiano, dopo aver provveduto alla
consultazione degli archivi tenuti dalla datrice di lavoro dei numeri
di giornale sui quali i pezzi giornalistici sono comparsi. Il tutto sulla
base di argomentazioni congruenti, con cui è stato evidenziato, in
particolare, che, ai fini della determinazione del compenso dovuto, il
C.T.U. ha correttamente distinto tra notizia, articolo e servizio, ed ha
altrettanto correttamente fatto riferimento alla tiratura della testata

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all’elaborato tecnico nel giudizio di merito.

relativamente alla sola edizione del quotidiano rivolta alla Provincia
di Bolzano, nella quale comparivano i pezzi dell’Agosti, non
assumendo rilievo il fatto che il giornale (in altra composizione e
con altra testata) fosse diffuso anche in altro loco.

supportati da una motivazione immune da vizi logici e giuridici, si
sottraggono al sindacato di legittimità, essendo riservato al giudice
di merito il potere di individuare le fonti del proprio convincimento,
valutare le prove e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle
ritenute decisive.
5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
sostenute dalla resistente nel presente grado di giudizio, liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 7.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22-1-2014
Il Consigliere estensore

Il Presilente

Si tratta, all’evidenza, di apprezzamenti in fatto che, in quanto

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