Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7510 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. I, 31/03/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 31/03/2011), n.7510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

GRADA EUROTRAVEL S.R.L.. in persona dell’amministratore unico p.t.

C.G., elettivamente domiciliata in Roma, viale B.

Buozzi n. 82, presso l’avv. IANNOTTA Gregorio, dal quale e’

rappresentata e difesa in virtu’ di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA ITIN – ITALIMPRESE INDUSTRIE S.P.A., in persona del

curatore dott. L.O., elettivamente domiciliato in Roma, via

Ezio n. 19, presso l’avv. prof. ALFONSO ILARIA, dal quale e’

rappresentato e difeso in virtu’ di procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4935/06,

pubblicata il 13 novembre 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

gennaio 2011 dal Consigliere dott. Mercolino Guido;

udito l’avv. Iannotta per il ricorrente e l’avv. Buffoni per delega

del difensore del controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. ZENO Immacolata, il quale ha concluso per la

dichiarazione d’inammissibilita’ ed in subordine per il rigetto del

primo motivo e l’accoglimento del secondo motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. — Con sentenza del 13 novembre 2006, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del 2 dicembre 2003, con cui il Tribunale di Roma aveva accolto l’azione revocatoria proposta dal curatore del fallimento della Itin – Italimprese Industrie S.p.a. nei confronti della Grada Eurotravel S.r.l., dichiarando inefficace, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, un pagamento di L. 265.000.000 eseguito dalla societa’ poi fallita in favore della convenuta.

Premesso che, ai fini della revocatoria fallimentare, i pagamenti eseguiti dal fallito vengono in considerazione indipendentemente dal negozio da cui traggono titolo, costituendo fatti oggettivamente depauperatori del patrimonio dell’imprenditore, che si risolvono in una lesione della par conditio creditorum, la Corte ha ritenuto irrilevante la circostanza che i pagamenti in questione costituissero il corrispettivo di biglietti aerei emessi dalla Grada in nome e per conto delle compagnie aeree mandanti e per esse della IATA, osservando comunque che l’appellante non aveva fornito la prova che le somme percepite non potessero essere da essa utilizzate per le sue esigenze aziendali.

Quanto alla scientia decoctionis, la Corte ha ritenuto che essa potesse essere desunta dai numerosi protesti levati nei confronti della societa’ poi fallita e dalle numerose procedure esecutive pendenti nei confronti della stessa, nonche’ da notizie di stampa pubblicate su quotidiani a larga diffusione, la cui concreta conoscibilita’ da parte dell’appellante poteva desumersi dalla qualificazione professionale della stessa, dalla sua consuetudine di utilizzare detti strumenti e da quella di seguire sulla stampa le vicende di generale interesse e quelle economiche.

2. — Avverso la predetta sentenza la Grada Eurotravel propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi. Il curatore del fallimento resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. — Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 67, comma 2, e dell’art. 2697 cod. civ., nonche’ l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto revocabili i pagamenti da essa ricevuti indipendentemente dal rapporto che ne costituiva la causa, senza considerare che le somme da essa percepite a titolo di corrispettivo dei biglietti emessi in qualita’ di mandataria con rappresentanza delle compagnie aeree erano di proprieta’ esclusiva di queste ultime e venivano da essa detenute a titolo di custodia, con obbligo di rimetterle, previa periodica rendicontazione, alle mandanti e per esse alla IATA. Alla stregua delle condizioni generali del contratto agenziale di vendita della biglietteria aerea nazionale, ignorate dalla Corte d’Appello, le predette somme, ivi comprese le commissioni dovute all’agente, non sono mai entrate a far parte del patrimonio di essa ricorrente, essendo state pagate ad estinzione di crediti non gia’ suoi, ma delle compagnie aeree mandanti, le quali avrebbero poi provveduto al pagamento delle commissioni. La Corte d’Appello ha altresi’ ignorato gli estratti conto bancari prodotti e la prova testimoniale articolata al fine di dimostrare che essa ricorrente aveva versato alla IATA le somme incassate, senza utilizzarle per soddisfare proprie esigenze aziendali.

1.1. — Il motivo e’ infondato.

La ricorrente, infatti, contesta la qualita’ di accipiens attribuitale dalla Corte d’Appello in relazione ai pagamenti effettuati dalla societa’ fallita, sostenendo di averli ricevuti non gia’ in proprio, ma in qualita’ di mandataria con rappresentanza delle compagnie aeree per conto delle quali svolge l’attivita’ di agente incaricato della vendita della biglietteria aerea nazionale.

In riferimento a quest’assunto, e’ certamente inconferente il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ secondo cui, ai fini della revocatoria fallimentare, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili devono essere considerati come atti giuridici distinti dal rapporto che ne costituisce la causa, rilevando nella loro obiettiva natura di atti estintivi delle obbligazioni del fallito e pregiudizievoli per la massa dei creditori (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1^, 6 luglio 2010, n. 15980; 20 gennaio 2006, n. 1195). Tale principio, enunciato da questa Corte a giustificazione della revocabilita’ dei pagamenti pur se eseguiti in adempimento di negozi divenuti ormai irrevocabili, non si risolve infatti nell’irrilevanza assoluta del titolo in virtu’ del quale e’ stato effettuato il pagamento, venendo lo stesso in considerazione non solo ai fini della necessaria verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti della revocatoria, ma anche ai fini dell’individuazione delle parti del rapporto obbligatorio, qualora, come nella specie, sia in discussione l’estraneita’ allo stesso del destinatario del pagamento.

1.2. — L’accoglimento della tesi sostenuta dalla ricorrente presupporrebbe tuttavia che nel giudizio di merito la stessa avesse allegato e provato non solo la sussistenza del rapporto di agenzia con le predette societa’ e la pertinenza all’incarico ricevuto degli atti posti in essere con la societa’ fallita, ritenute sostanzialmente pacifiche dalla Corte d’Appello, ma anche che nei rapporti con la Itin la Grada aveva effettivamente speso il nome delle societa’ preponenti.

Ai fini dell’imputazione al mandante degli effetti degli atti compiuti dal mandatario con rappresentanza, non e’ infatti sufficiente la prova dell’avvenuto conferimento del potere rappresentativo, occorrendo altresi’ la dimostrazione che, nei rapporti con i terzi, il mandatario ha effettivamente dichiarato di agire in nome del mandante. Se il mandatario, nel porre in essere l’atto per conto del mandante, non dichiara di agire in nome di costui, si esula dalla fattispecie del mandato con rappresentanza, per effetto del quale il mandante e’ direttamente obbligato nei confronti dell’altro contraente come se l’affare gestito fosse suo proprio, e nessun rapporto si costituisce tra il mandante ed il terzo, anche se l’atto involga interessi esclusivamente propri del mandante, e l’altra parte non ignori l’esistenza di quest’ultimo (cfr. Cass., Sez. 3^, 24 ottobre 2007, n. 22333; Cass., Sez. 2^, 12 gennaio 2007, n. 433; Cass., Sez. 3^, 17 settembre 2005, n. 18441).

E’ pur vero che, nel caso in cui l’atto da porre in essere non richieda una forma solenne, la contemplano domini non esige l’impiego di formule particolari o l’osservanza di un preciso rituale, e puo’ quindi essere desunta anche da un comportamento del rappresentante che, per univocita’ e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti dell’atto sono destinati a prodursi direttamente: ove peraltro, come nella specie, sia mancata l’allegazione e la prova di tale comportamento da parte di chi afferma di avere assunto la veste di rappresentante, la circostanza che l’atto sia stato posto in essere nell’interesse del mandante risulta insufficiente ai fini della diretta imputazione a quest’ultimo dei relativi effetti (cfr. Cass., Sez. 2^, 29 novembre 2006, n. 25247).

1.3. — Sotto un diverso profilo, poi, non puo’ neppure condividersi l’affermazione secondo cui i pagamenti effettuati dalla societa’ fallita in favore della ricorrente, in qualita’ di mandataria con rappresentanza delle societa’ creditrici, avrebbero determinato l’acquisto diretto da parte di queste ultime della proprieta’ delle somme versate, delle quali la mandataria avrebbe avuto la mera detenzione a titolo di custodia.

La diretta imputazione al rappresentato degli effetti dell’atto posto in essere in suo nome dal rappresentante non comporta infatti, nel caso di riscossione di somme da parte del mandatario con rappresentanza, l’acquisto automatico della proprieta’ delle stesse da parte del mandante, e cio’ essenzialmente a causa della fungibilita’ del danaro, che fa di regola identificare nel detentore materiale il dominus delle somme consegnate. La legittimazione del rappresentante a ricevere il pagamento effettuato dal terzo debitore, con efficacia liberatoria nei confronti del rappresentato, non esclude che i rapporti interni con quest’ultimo siano disciplinati dalle regole del mandato, quale contratto ad effetti obbligatori da cui deriva l’obbligo del mandatario di rimettere al mandante, previo rendiconto, le somme riscosse (cfr. Cass., Sez. 1^, 7 dicembre 1999, n. 13660).

2. — Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 2, anche in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., nonche’ l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente la scientia decoctionis in virtu’ della mera pendenza di procedure esecutive mobiliari, dell’esistenza di protesti a carico della societa’ poi fallita e del richiamo alle notizie di stampa, senza considerare che essa ricorrente, per l’attivita’ svolta, le condizioni contrattuali e le proprie caratteristiche organizzative ed economiche, non aveva alcun onere e possibilita’ di verificare la solvibilita’ dei propri clienti.

2.1. — Il motivo e’ fondato.

In materia di revocatoria fallimentare, questa Corte ha costantemente affermato che la conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo contraente dev’essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo non gia’ la semplice conoscibilita’ oggettiva ed astratta delle condizioni economi-che dell’imprenditore, bensi’ la concreta condizione psicologica del terzo al momento del compimento dell’atto impugnato. Poiche’ la legge non pone limiti ai lini dell’adempimento del relativo onere probatorio da parte del curatore, tale condizione puo’ essere desunta anche da elementi indiziari, aventi l’efficacia probatoria delle presunzioni semplici ed in quanto tali soggetti a concreta valutazione da parte del giudice di merito, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. A tal fine, peraltro, dovendosi conferire rilievo ai presupposti ed alle condizioni in cui il terzo si e’ trovato concretamente ad operare nella specifica situazione, la qualita’ di imprenditore commerciale del terzo non puo’ considerarsi di per se’ determinante, ma viene in considerazione solo in presenza di concreti collegamenti con i sintomi conoscibili dello stato d’insolvenza;

soltanto in quest’ambito, infatti, puo’ attribuirsi rilevanza all’attivita’ professionale esercitata dal terzo, nonche’ alle regole di prudenza ed avvedutezza che, indipendentemente da ogni doverosita’, caratterizzano concretamente l’operare della categoria di appartenenza (cfr. Cass., Sez. 1^, 4 marzo 2010, n. 5256; 4 maggio 2009. n. 10209; 28 febbraio 2007, n. 4762).

Tali principi sono stati puntualmente richiamati dalla Corte d’Appello, la quale, tuttavia, non ne ha fatto corretta applicazione in concreto, essendosi limitata ad evidenziare, quali segni esteriori dello stato d’insolvenza. I protesti e le procedure esecutive mobiliari pendenti a carico della societa’ poi fallita, nonche’ le notizie apparse su quotidiani aventi ampia diffusione nell’area in cui opera la societa’ creditrice, ed avendo desunto che la Grada Eurotravel fosse venuta in contatto con tali sintomi dalla sua qualita’ d’imprenditore e dalla consuetudine per un operatore economico mediamente avveduto di avvalersi dei predetti strumenti al fine di valutare la solvibilita’ dei clienti. L’assenza di qualsiasi precisazione in ordine all’ambito territoriale dell’attivita’ svolta dalla ricorrente ed alla frequenza dei suoi rapporti con la societa’ debitrice, nonche’ ai mezzi da essa concretamente attivabili ai fini della verifica delle condizioni economiche dei propri clienti, impedisce tuttavia di attribuire un senso preciso alla menzione, peraltro alquanto generica, del numero dei protesti levati e delle esecuzioni immobiliari pendenti a carico della debitrice, nonche’ delle notizie apparse su quotidiani a diffusione meramente locale, non apparendo a tal fine significativo il mero riferimento alla qualita’ di imprenditore commerciale della creditrice e ai doveri di prudenza ed accortezza ad essa astrattamente incombenti. Soltanto da un operatore economico di rilevanti dimensioni e dall’attivita’ geograficamente estesa puo’ infatti pretendersi il dispiegamento di articolati mezzi di conoscenza, non fruibili da parte di realta’ imprenditoriali piu’ modeste, il cui collegamento con i sintomi dello stato d’insolvenza puo’, per converso, essere affidato ad una conoscenza piu’ approfondita del ristretto ambito territoriale di operativita’ e a un piu’ diretto contatto con la clientela.

3. — La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dal motivo accolto, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’Appello di Roma, che provvedera’, in diversa composizione, ad un nuovo accertamento in ordine alla sussistenza della scientia deeoctionis, nonche’ alla liquidazione delle spese relative alla presente fase.

PQM

LA CORTE rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese relative al giudizio di legittimita’.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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