Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 751 del 13/01/2017

Cassazione civile, sez. trib., 13/01/2017, (ud. 20/12/2016, dep.13/01/2017),  n. 751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27949/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 116/2010 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 28/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle Entrate si duole della statuizione – e per questo ne chiede ora la cassazione – adottata dalla CTR Lombardia, con la sentenza in atti, in ordine alle sanzioni applicate al contribuente S.G. in dipendenza dell’omessa presentazione della dichiarazione di imposta, che il giudice d’appello procedendo alla rideterminazione degli imponibili evasi, ha ritenuto di annullare in ragione dei “rilevanti errori negli importi accertati, come ammesso dallo stesso ufficio”.

Il ricorso erariale si affida ad un unico motivo al quale non ha replicato l’intimato.

Il collegio ha autorizzato l’adozione della motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con l’unico motivo del proprio ricorso la ricorrente Agenzia lamenta la contrarietà dell’impugnata sentenza al D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 6, posto che l’erroneità riscontrata dal giudice d’appello nella determinazione degli imponibili evasi e la loro conseguente riduzione “incide sulla misura della sanzione e semmai può incidere, in sede processuale ai fini del regolamento delle spese, ma non può di per sè giustificare l’annullamento totale delle sanzioni connesse con alle accertate violazioni fiscali, non potendo elidere l’incontestabile esistenza – per i tributi dovuti e confermati in sede giudiziale, di un colpevole omissione degli adempimenti fiscali”.

2.2. Il motivo è fondato.

Premesso che in ragione di quanto disposto rispettivamente dal D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 1 e 5, l’omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette e dell’IVA è, tra l’altro, fonte di un illecito sanzionabile in via amministrativa alla stregua delle disposizioni generali dettata dal D.Lgs. n. 472 del 1997, sicchè, ove il fatto sia, come qui, incontroverso e sia conseguenza di un’azione od omissione cosciente e volontaria del contribuente l’ufficio non può che procedere all’irrogazione della relativa sanzione, è di tutta evidenza che a questo cogente sillogismo non può certo sottrarsi il giudice avanti al quale la legittimità del fatto sia posta in discussione, di modo che è sicuramente errata l’impugnata decisione che, pur non ricusando di riconoscere la sussistenza del fatto in senso materiale, ha inteso tuttavia annullarne la doverosa propaggine sanzionatoria. E ciò non tanto perchè l’ineludibile forza dei fatti non ammetta altra soluzione (cfr. il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6), ma perchè, più semplicemente la via che il giudice nella specie si è indotto a percorrere facendo leva “sui rilevanti errori negli importi accertati” non trova il conforto delle fonti poichè, come questa Corte ha già più volte ricordato, il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni sussiste “in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce, quando la disciplina normativa, della cui applicazione si tratti, contenga una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione”, fermo in ogni caso che l’onere di allegazione della ricorrenza di siffatti elementi di confusione, laddove esistenti, grava sul contribuente e che è preclusa al giudice una decisione d’ufficio (440/15).

3. La CTR avanti alla quale, dunque, in accoglimento del proposto ricorso e della riflessa cassazione della sentenza impugnata, la causa andrà rimessa per il necessario seguito a mente dell’art. 383 c.p.c., comma 1, avrà dunque cura di attenersi all’enunciato principio di diritto, verificando in particolare, sulla scorta delle allegazioni operate dal contribuente, se nella descritta situazione di fatto, altrimenti non eludibile nella somministrazione degli effetti sanzionatori, “la disciplina normativa, della cui applicazione si tratti, contenga una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione”.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione:

accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia avanti alla CTR Lombardia che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017

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