Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7502 del 31/03/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7502 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 2622-2008 proposto da:
MONACO DONATA MARIA MNCDNT38R42G616R, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo
studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARPANO
MICHELE per proc. notarile del 18/12/2013 rep. n.
2014

64.129;
– ricorrente –

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contro

SERRA EMILIA;
– intimata –

Data pubblicazione: 31/03/2014

sul ricorso 6899-2008 proposto da:
SERRA

EMILIA

C.F.SRRMLE10P41A352D,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SESTI° CALVINO 33, presso lo
studio dell’avvocato BOSCO ANTONINO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BO

– controricorrente e ricorrente incidentale contro

MONACO DONATA MARIA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 1991/2006 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 18/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l’Avvocato Carpano Michele difensore della
ricorrente che si riporta agli atti;
udito l’Avv. Bosco Antonino difensore di Serra Emilia
che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi.

LORENA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Emilia Serra conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Torino, sez.
distaccata di Moncalieri, Donata Maria Monaco affinché fosse accertato il suo
diritto di comproprietà sull’aia distinta dai mapp. 82 e 83 antistante due

e piantagioni ivi esistenti. Il tutto in virtù di un atto di divisione del
1 0 .10.1944 tra gli allora comproprietari dei fondi, Antonio e Pasquale Serra,
danti causa delle parti. Nel resistere in giudizio Donata Maria Monaco si
assumeva proprietaria esclusiva dell’area, di cui contestava la destinazione
attuale ad aia, e proponeva domanda riconvenzionale di accertamento
negativo del diritto di passo su di essa. Chiedeva, inoltre, che fosse
regolamentato l’accesso e il recesso al proprio fondo di cui al mapp. 430.
In

reconventio reconventionis

subordinata l’attrice domandava

l’accertamento positivo della servitù di passaggio sui mapp. 82 e 83 in favore
dei suoi fondi distinti dai mapp. 79 e 440.
Il Tribunale accoglieva la domanda principale e la reconventio

reconventionis e costituita dallo stesso una servitù di passo pedonale e carraio
a carico del mapp. 430 e del mapp. 81, quest’ultimo di proprietà attrice,
respinta ogni altra domanda e compensate le spese.
Adita in via principale da Maria Donata Monaco (e in via incidentale, ma
solo per le spese, da Emilia Serra), la Corte d’appello di Torino riformava
parzialmente la sentenza di primo grado. Dichiarava che le porzioni dei
mappali 82 e 23 costituenti il cortile antistante i fabbricati insistenti sugli
stessi fondi, erano di rispettiva proprietà delle parti (di Emilia Serra la
porzione del mapp. 82, di Maria Donata Monaco quella del mapp. 83) e
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fabbricati siti in Albugnano, e condannata la convenuta a rimuovere recinzioni

gravate da servitù reciproche per l’uso comune in base al contratto di
divisione del 1°.10.1944 tra Antonio e Pasquale Serra. Confermava, poi, le
restanti statuizioni della sentenza di primo grado.
Riteneva la Corte territoriale che esaminando il contenuto di tale atto di

dalle parti (da cui emergeva che l’aia insisteva quasi esclusivamente sul
mapp. 83), sia di una precedente scrittura di divisione amichevole del 1933
(che pur superata dai successivi accordi offriva elementi utili per interpretare
l’effettiva volontà delle parti, lì dove riferiva la comunione dell’aia a
determinati usi agricoli), il termine “comunione” utilizzato con riferimento
all’aia antistante i fabbricati di cui ai mapp. 82 e 83 appariva indicare la
volontà delle parti non già di mantenere comune tale area, ma di destinarla ad
un comune utilizzo, non più limitato al solo uso agricolo come previsto
nell’atto del 1933, con la costituzione di servitù reciproche. Da tale uso
comune le parti con l’atto del 1944 avevano escluso la fascia di due metri
prossima ai fabbricati, prevedendo tuttavia che Antonio Serra potesse
impegnare, per il passaggio con carri, anche la fascia di due metri antistante il
fabbricato di Pasquale Serra.
Osservava, quindi, che poiché Emilia Serra aveva agito in base al contratto
di divisione del 1944, la diversa qualificazione giuridica del diritto
sull’immobile di cui si discuteva non comportava una modifica della causa
petendi della domanda proposta. Ciò in quanto il riconoscimento di un diritto
reale limitato in luogo della comproprietà, derivando dalla diversa
interpretazione dello stesso titolo azionato, doveva ritenersi compiuta

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divisione e tenuto conto sia del successivo frazionamento catastale realizzato

legittimamente dal giudice e idonea a fondare la pronuncia dei provvedimenti
consequenziali richiesti.
Nel respingere l’appello relativo al capo di sentenza di primo grado che
aveva accertato l’acquisto per usucapione della servitù di passaggio a favore

Corte distrettuale osservava (per quanto rileva nella presente sede di
legittimità) che le testimonianze assunte avevano dimostrato in maniera
univoca il passaggio pedonale e carraio praticato continuativamente dal 1948
o quanto meno dal 1968 fino all’introduzione della causa, attraverso l’androne
posto sul fondo di cui al mapp. 97 (di proprietà di terzi) e quindi la porzione
di cortile di proprietà Monaco facente parte del mapp. 83.
Per la cassazione di tale sentenza Donata Maria Monaco propone ricorso,
affidato a quattro motivi, successivamente illustrati da memoria.
Resiste con controricorso Emilia Serra, che propone altresì ricorso
incidentale sulla base di un solo motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in

quanto proposti avverso la medesima sentenza.

1-bis. – Col primo motivo di ricorso principale, corredato come i successivi
da idoneo quesito di diritto ex art. 366-bis c.p.c. (applicabile rat!s—w temporis
alla fattispecie), Donata Maria Monaco deduce la violazione e falsa
applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4 c.p.c., in
connessione col vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.

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dei map. 79 e 440 di proprietà Serra, sul mapp. 83 di proprietà Monaco, la

Parte ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sia affetta dal vizio di
extrapetizione, quanto ha accertato una servitù reciproca tra le particelle 82
e 83, sebbene l’attrice non ne avesse mai dedotto l’esistenza (altra essendo la
domanda di declaratoria della servitù di passaggio svolta dall’attrice in

caso di rigetto della domanda di tesi, volta all’accertamento della comunione
dell’aia). In tal modo la Corte territoriale ha introdotto nel giudizio una causa
petendi diversa da quella fatta valere dalla parte attrice, la quale aveva
proposto una domanda fondata sulla comproprietà dell’area in questione.
2. – Il secondo motivo espone la violazione e falsa applicazione degli artt.
1027, 1028, 1362, 1363, 1366, 1367 e 1371 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3
c.p.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione al n.
5 dell’art. 360 c.p.c.
La Corte territoriale ha correttamente ritenuto che con l’atto di divisione
dell’1.10.1944 Antonio e Pasquale Serra, danti causa delle parti, avessero
inteso assegnarsi in proprietà esclusiva l’uno la particella 82 e l’altro la
particella 83, e che, pertanto, il termine “comunione” utilizzato nell’atto con
riferimento all’aia antistante i fabbricati di cui ai ridetti mappali rilevava la
volontà dei contraenti di prevedere non una comunione sull’area stessa, ma la
sua destinazione ad un comune utilizzo. Ha, però, errato nel ritenere che detto
“uso comune” comporti delle servitù reciproche tra i due lotti “per l’uso
comune in base al contratto di divisione del 1°.10.1944”. Così come
individuato, il contenuto di tale supposto diritto reale non è neppure
sussumibile in ipotesi sotto alcuna servitù tipica o atipica. Inoltre, manca nella
motivazione della sentenza impugnata la spiegazione dell’utilità di un fondo
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reconventio reconventionis e, soprattutto, logicamente esaminabile solo in

sull’altro, utilità necessaria perché rappresenta il discrimine fra il diritto reale
e quello personale di godimento.
3. – Col terzo mezzo d’annullamento parte ricorrente deduce l’omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, in relazione

La Corte territoriale ha ritenuto acquistata per usucapione

a

favore dei

mapp. 440 e 79 di proprietà Serra e a carico del fondo di cui al mapp. 83 di
proprietà Monaco una servitù di passaggio. A tal riguardo la Corte di merito
avrebbe dovuto accertare l’ininterrotto esercizio del possesso per oltre un
anno al momento dell’introduzione dell’azione, in base al combinato disposto
degli artt. 1158 e 1167 c.c., accertamento non solo non compiuto, ma escluso
dal fatto pacifico (in quanto allegato dall’attrice e non contestato dalla
convenuta) che Donata Maria Monaco da circa cinque anni prima dell’inizio
della causa aveva recinto la porzione di aia di cui al mapp. 83 occupandola
con arredi da giardino ed altro.
4. – Il quarto motivo denuncia, in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., la
mancata partecipazione al giudizio di un litisconsorte necessario.
Nell’accertare l’anzidetto acquisto della servitù di passaggio la Corte
piemontese non ha considerato che tra il fondo servente — mapp. 83 — e quello
dominante s’interpone la particella n. 97 (sulla quale sorge l’androne carraio
pure citato nella sentenza) di proprietà di un terzo, non evocato in giudizio.
Parte ricorrente richiama, quindi, ritenendola sostanzialmente estensibile al
pur diverso caso di specie, la giurisprudenza di legittimità secondo cui
l’azione per la ceRtituzione coattiva di una servitù di passaggio in favore di un

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al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.

fondo intercluso deve svolgersi nei confronti di tutti i proprietari dei fondi che
si frappongono tra quello dominante e la via pubblica.
5. – Con l’unico motivo di ricorso incidentale, anch’esso munito di quesito
ex art. 366-bis c.p.c., Emilia Serra allega la violazione degli artt. 1350, 1362,

(rectius, 3 e 5) dell’art. 360 c.p.c.
La Corte d’appello, sostiene, ha in buona sostanza ritenuto che la mancata
espressa specificazione di porzioni di comproprietà — dedotta dal fatto che ad
entrambi i condividenti fu assegnata l’aia antistante — e la mancanza
d’individuazione di porzioni graffate ad entrambi i lotti sulle mappe fossero
indici della volontà delle parti di non stabilire alcuna comunione, ma di
costituire sostanzialmente una servitù reciproca. Tale conclusione, secondo la
Corte territoriale, sarebbe rafforzata dal fatto che ad Antonio Serra,
assegnatario del lotto 82, fosse consentito di occupare anche la striscia di
terreno di due metri aderente alla casa di cui al lotto 83 per il carico e lo
scarico dal fienile, perché tale previsione terrebbe conto della maggiore
incidenza dell’aia sul lotto 83.
Detta interpretazione, prosegue, è viziata dal divieto, operante in relazione
ai contratti per i quali è imposta la forma scritta ad substantiam,
d’interpretazione extratestuale mediante il riferimento al comportamento
complessivo delle parti.
Inoltre, non considera il principio per cui in claris non fit interpretatio,
applicabile quando il significato delle parole adoperate nel contratto sia tale
da rendere di per sé palese l’effettiva volontà delle parti, nella specie
evidenziata dalla clausola dell’atto di divisione dell’1.10.1944 per cui “l’aia
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comma 1, 1363, 1102 e 1027 c.c. e il vizio motivazionale, in relazione al n. 4

antistante ai fabbricati rurali assegnati rispettivamente ai due lotti … sarà
comune tra i condividenti ad esclusione di una striscia della lunghezza di
metri due parallela e coerente ai muri frontali dei due fabbricati”.
6. – Il primo motivo del ricorso principale è fondato, per l’interazione di

elementi oggettivi della domanda.
6.1. – La prima ragione è che la domanda mira ad ottenere un bene della
vita, che il giudice non ha il potere di variare (se non in senso puramente
riduttivo, riconoscendolo cioè in minor entità o estensione). Nei limiti imposti
dal principio dispositivo il giudice può qualificare o riqualificare l’azione
proposta e i fatti accertati, applicando norme diverse da quelle invocate. Non
ha, però, il potere di mutare l’oggetto formale e sostanziale della domanda, id

est di modificare quel determinato effetto di giudicato sostanziale che l’attore
mira a conseguire, né può alterare l’ordine che la stessa parte ha imposto alle
proprie domande, formulate in via principale e in via subordinata
(giurisprudenza nota e pacifica di questa Corte: cfr. per tutte e tra le ultime,
Cass. n. 6757/11).
6.2. – La seconda ragione è data dalla distinzione fra diritti autodeterminati
e diritti eterodeterrhinati, che pure costituisce

ius receptum

nella

giurisprudenza di questa Corte Suprema.
I primi sono quelli la cui individuazione prescinde dal titoln d’acquisto
allegato ed è motivata in relazione alla natura unica ed irripetibile della
situazione sostanziale dedotta; lì dove, invece, l’identificazione dei secondi è
in funzione dello specifico fatto storico contrattualmente qualificato, sicché la

causa petendi si risolve nel riferimento concreto a quel fatto specifico che è
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due ragioni fra loro strettamente connesse che ineriscono al tema degli

affermato ed allegato come costitutivo, e che perciò possiede una specifica
attitudine a individuare il diritto fatto valere in giudizio (cfr. per tutte, Cass. n.
7267/97).
Elaborata allo scopo di fissare i limiti entro cui la domanda può essere

scioglie una risalente antitesi fra titolazione e sostanziazione della causa
petendi. La deduzione dei diritti autodeterminati dipende, infatti, da un puro
meccanismo di designazione legale (titolazione, appunto), che consente di
collegare la pretesa alla norma invocata senza la mediazione dei fatti storici su
cui si fonda l’acquisto del diritto; fatti, al contrario, da cui i diritti
eterodeterminati traggono senso e contenuto (sostanziazione, appunto) perché
solo attraverso essi prende corpo il rapporto giuridico che ne è all’origine.
Nelle azioni relative ai diritti autodeterminati, quali la proprietà e gli altri
diritti reali di godimento, la causa petendi si identifica, dunque, con i diritti
stessi e con il bene che ne forma l’oggetto. Essendo vana ai fini
dell’individuazione della domanda, l’allegazione dei fatti o degli atti da cui
dipende il diritto vantato è necessaria soltanto per provarne l’acquisto. Il cui
modo (sia esso un fatto o un atto) integra a livello processuale un fatto
secondario che in quanto tale è dedotto unicamente in funzione probatoria del
diritto vantato in giudizio. Se dedotto già nell’atto introduttivo, il modo
d’acquisto non per questo assume valenza di fatto principale, giacché
quest’ultimo si identifica con il diritto autodeterminato e non con altro.
6.3. – Nel caso di specie la Corte territoriale si è rappresentata il rischio di
eccedere i limiti del potere di riqualificare il diritto fatto valere il” giudizio, nel
dichiarare non la dedotta comproprietà del cortile ma l’esistenza di separate
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modificata senza incorrere nel divieto della mutatio libelli, detta distinzione

proprietà (corrispondenti ai mapp. 82 e 83) gravate da “servitù reciproche per
l’uso comune”. Tuttavia ha ritenuto che fosse stato “azionato” non (o non
soltanto) il diritto ma il contratto di divisione dell’1.10.1944 da cui l’attrice
l’aveva derivato, e che pertanto fosse legittimo riqualificarne i profili

Così decidendo, però, la Corte toriiie è incorsa nel vizio di extrapetizione
attraverso una duplice violazione dell’art. 112 c.p.c., alterando sia il petitum
sia la causa petendi della domanda.
Il primo, perché l’effetto di giudicato richiesto (accertamento della
comproprietà del cortile) è stato in tal modo sostituito con un altro (proprietà
esclusiva in favore di ognuna delle parti di una porzione inferiore del cortile
stesso, ciascuna però gravata da servitù di “uso comune” in favore dell’altra);
non senza considerare che all’autonomia privata è dato di costituire servitù
atipiche nella species, ma non già di configurare servitù di contenuto
indeterminato o, per contro, coincidente con quello di altro diritto reale,
giacché in tal caso verrebbe ad essere snaturata la tipicità stessa del genus
servitutis.
La seconda, in quanto la causa petendi è stata ravvisata nel contratto di
divisione, e dunque in un rapporto giuridico, nonostante si controverta in
materia di diritti reali. Nell’ambito del relativo accertamento, le parti in causa
sono per definizione fra loro terze indipendentemente dal fatto di essere aventi
causa delle parti del contratto traslativo o (come nella specie) dichiarativo da
cui si origini il diritto conteso, ché un tale contratto non rileva come rapporto
fonte di obbligazioni, ma come prova del contenuto del diritto e del suo
collegamento all’una o all’altra parte quale soggetto titolare.
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giuridici.

7. – L’accoglimento del suddetto motivo, imponendo una nuova pronuncia
sulla domanda principale di tesi, assorbe l’esame sia dei restanti motivi sia del
ricorso incidentale.
8. – Per le considerazioni svolte s’impone la cassazione della sentenza

decidere il merito si atterrà al seguente principio di diritto: “nell’attività di
qualificazione o di riqualificazione dei fatti controversi, il giudice incontra il
limite, derivante dall’art. 112 c.p.c., di non modificare il petitum e la causa

petendi della domanda, vale a dire di non attribuire alla parte attrice un effetto
di giudicato sostanziale diverso da quello richiesto. Pertanto, ove sia
domandato l’accertamento di un diritto autodeterminato, come la proprietà o
altro diritto reale, identificandosi tale effetto con lo stesso diritto vantato e non
con il contratto che sia stato dedotto per provarne l’esistenza, il giudice non
può a cagione dell’interpretazione di tale contratto attribuire alla parte attrice
un diritto reale diverso da quello oggetto della pretesa”.
9. – Al giudice di rinvio è rimesso, ai sensi dell’art. 385, comma 3 c.p.c.,
anche il regolamento delle spese di cassazione.

P. Q. M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale,
assorbiti gli altri motivi e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di
Torino, che provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, 1’8.1.2014.

impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Torino, che nel

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