Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 75 del 07/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/01/2020, (ud. 02/07/2019, dep. 07/01/2020), n.75

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO ucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2746-2(118 proposto da:

B.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANGELO PISANI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZALE CLODIO 32, presso lo studio dell’avvocato LIDIA SCOTTO

CIABATTINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANDREA EUGENIO MARIO ROMANO;

– controricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO;

– controricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1547/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI

CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 3.8.2017, la Corte d’appello di Milano ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da B.E. avverso talune cartelle esattoriali di cui asseriva di aver appreso l’esistenza mediante richiesta di estratto di ruolo, ritenendo altresì l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione dei crediti;

che avverso tale pronuncia B.E. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di censura;

che l’INPS e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione hanno resistito con distinti controricorsi, mentre l’INAIL è rimasto intimato;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo e il secondo motivo, il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo e violazione della L. n. 890 del 1982, art. 7, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, per avere la Corte di merito ritenuto la regolarità delle notificazioni delle cartelle nonostante che fossero avvenute a mani di soggetti diversi dal destinatario e senza che a questi fosse stata successivamente inviata la prescritta lettera raccomandata;

che, con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 139 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che la consegna della cartella di pagamento al portiere dello stabile non comportasse alcun ulteriore adempimento a carico dell’agente della riscossione nè la stessa compilazione della relata di notifica;

che, con il quarto morivo, il ricorrente si duole di violazione del D.P.R. n. 602 del 1073, art. 26, e dell’art. 215 c.p.c. e dell’art. 2719 c.c. per avere la Corte di merito valorizzato, al fine di ritenere la regolarità della notificazione delle cartelle oggetto del giudizio, copie di relate di notifica rivenienti dalla scansione degli originali posseduti dall’agente della riscossione la cui conformità agli originali era stata tempestivamente disconosciuta;

che, con il quinto motivo, il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia per non avere la Corte territoriale rilevato l’avvenuto compimento della prescrizione quinquennale;

che i primi quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure svolte, e sono inammissibili per difetto di specificità, operando riferimento a documenti ed atti processuali (relazioni di notifica delle cartelle, atto di disconoscimento delle copie prodotte in giudizio) non trascritti in ricorso, nemmeno nelle parti all’uopo necessarie per intendere il fondamento fattuale delle censure, e di cui non si dice in quale luogo del fascicolo processuale e/o di parte in atto si troverebbero, in spregio al consolidato principio di diritto secondo cui il ricorrente che denunci l’omessa o inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche ove intenda far valere un vizio in procedendo o di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti di cui lamenta l’omessa o inesatta valutazione (cfr. fra le tante Cass. nn. 14107 del 2017, 11738 del 2016, 19410 del 2015);

che il quinto motivo, anche a voler prescindere dall’erronea sussunzione di un vizio di violazione di legge nell’ambito di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (per di più riportato nella formulazione anteriore alle modifiche apportatevi dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con L. n. 134 del 2012), è del pari inammissibile, non confrontandosi in alcun modo con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che – lungi dal ritenere applicabile in specie il termine di prescrizione decennale – ha piuttosto ritenuto l’inammissibilità in parte qua dell’appello per genericità della critica che era stata rivolta alla sentenza di prime cure (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata);

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, al riguardo, la condanna alle spese va pronunciata esclusivamente in favore del controricorrente INPS, essendosi chiarito che la possibilità che l’attività difensiva espletata dall’avvocato del libero foro già designato da Equitalia s.p.a. venga imputata all’Agenzia delle Entrate-Riscossione resta circoscritta all’ipotesi che essa sia subentrata ex lege nel giudizio pendente e non intenda costituirsi in giudizio per l’espletamento di ulteriore attività difensiva con ministero di avvocato, non anche allorchè si tratti delle diverse fattispecie di diretta instaurazione del giudizio, o di un grado di esso, da o nei confronti del nuovo ente, ovvero di nuova costituzione di quest’ultimo in giudizi già pendenti al momento della soppressione di Equitalia, dovendo in tal caso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato (Cass. n. 28741 del 2U18);

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’INPS, liquidandole in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00, per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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