Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7496 del 27/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 27/03/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 27/03/2010), n.7496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

T.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DOMENICO BARONE 31, presso lo studio dell’avvocato BOTTAI ENRICO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BIANCHI ALESSANDRI,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 56/2 007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE del 19/04/07, depositata il 21/09/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. DI IASI Camilla;

udito l’Avvocato Bottai Enrico, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti e chiede la trattazione con altro ricorso

(899/08);

e’ presente il P.G. in persona del Dott. LECCISI Giampaolo, che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. T.P. propone ricorso per Cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che non si e’ costituita) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di rettifica Iva e relative sanzioni, la C.T.R. Toscana confermava la sentenza di primo grado che, in parziale accoglimento del ricorso del contribuente, aveva ridotto l’importo degli acquisti e delle vendite senza fattura.

2. I primi due motivi di ricorso (coi quali si deduce rispettivamente violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 nonche’ degli artt. 2697 e 2729 c.c., oltre che del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54) risultano inammissibili innanzitutto per inidonea formulazione del quesito di diritto, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, la funzione propria del quesito di diritto e’ di far comprendere alla Corte di legittimita’, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico – giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il motivo che (come nella specie) si concluda con un quesito assolutamente generico in quanto privo di ogni specifita’ in relazione alla corrispondente “ratio decidendi” della sentenza impugnata e la cui formulazione sia del tutto inidonea ad esprimere la rilevanza della risposta al quesito medesimo ai fini della decisione del motivo ed a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (v. tra molte altre Cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del 2009, nonche’ SU n. 7257 del 2007 e SU n. 7433 del 2009), essendo peraltro opportuno evidenziare che la formulazione dei quesiti in esame postula accertamenti in fatto e risulta in ogni caso priva delle precisazioni necessarie a consentire alla Corte l’affermazione di un principio di diritto idoneo a definire la controversia.

E’ inoltre appena il caso di evidenziare che l’art. 112 c.p.c. – citato dal contribuente nel motivo in esame e nel relativo quesito – si riferisce all’attivita’ del giudice e non a quella delle parti, alla quale pare riferirsi invece il quesito in esame.

Il terzo motivo di ricorso (col quale si deduce vizio di motivazione) risulta carente in relazione al secondo comma dell’art. 366 bis c.p.c., a norma del quale e’ richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidita’ formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’), l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione e’ insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non gia’ e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilita’ del ricorso (v. Cass. n. 8897 del 2008). E’ inoltre da aggiungere che il denunciato vizio di motivazione attiene, piu’ che all’accertamento dei fatti, alle conseguenze giuridiche da trarre dai suddetti fatti e percio’ in realta’, inammissibilmente, censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 la motivazione in diritto della sentenza impugnata (come emergente dalla stessa rubrica del motivo in esame, la quale, testualmente, recita “omessa e/o insufficiente motivazione in ordine alle norme giuridiche e alle ragioni di diritto in base alle quali e’ stata resa la sentenza impugnata”).

E’ infine da rilevare che, in relazione ai dati di fatto presupposti in tutti i motivi in esame – e idonei a far eventualmente emergere la fondatezza dei vizi denunciati- il ricorrente avrebbe dovuto riportare in ricorso il testo di eventuali atti e documenti idonei a dimostrare la fondatezza di quanto dedotto nelle censure sopra esaminate, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, dovendo peraltro evidenziarsi che, in ogni caso, il ricorrente non ha specificamente indicato, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (con indicazione della relativa collocazione) tutti gli atti o documenti sui quali sono fondati i motivi in esame e neppure ha depositato tali atti e documenti ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, a norma del quale, insieme col ricorso (e pertanto nello stesso termine previsto dal primo comma del citato art. 369 c.p.c.) devono essere depositati a pena di improcedibilita’ “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”, non rilevando a tal fine la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, ne’, eventualmente, il deposito del fascicolo di parte (che in ipotesi tali atti contenga), se tale deposito non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c. e se all’atto del deposito viene indicato in modo generico il suddetto fascicolo senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso e’ fondato.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. In assenza di attivita’ difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 09 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2010

 

 

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