Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7494 del 27/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 27/03/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 27/03/2010), n.7494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

AM EXPORT SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. CUBONI 12, presso lo studio

dell’avvocato VISCO CLAUDIO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato TRAISCI ALESSANDRO, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 85/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

DI MILANO – SEZIONE STACCATA di BRESCIA, del 12/6/07, depositata il

17/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. DI IASI Camilla;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. LECCISI Giampaolo.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per Cassazione nei confronti della AM Export s.r.l. in liquidazione (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di quattro avvisi di accertamento per Irpef, Ilor e Iva relativi al 1997, la C.T.R. Lombardia confermava la sentenza di primo grado (che aveva accolto i ricorsi dei contribuenti), rilevando che ne’ l’Ufficio ne’ la G.d.F. erano stati in grado di documentare o almeno riferire il luogo dove la documentazione extracontabile utilizzata per l’accertamento era stata rinvenuta nonche’ le modalita’ con le quali era stata acquisita e sequestrata ed inoltre che non era stato consentito al collegio di valutare l’attendibilita’ di tale documentazione, essendo stato prodotto in giudizio solo un elenco di fatture “difformi”. I giudici d’appello ritenevano inoltre infondate le singole riprese a tassazione.

2. Il primo motivo di ricorso (col quale la sentenza viene censurata per vizio di motivazione per non avere i giudici della C.T.R. considerato: che nell’atto d’appello si evidenziava che i verbalizzanti avevano operato un riscontro analitico tra la contabilita’ ufficiale e i fogli extracontabili, che dal suddetto atto d’appello i giudici potevano “trarre tutti gli elementi necessari per decidere sull’attendibilita’ della documentazione extracontabile” e infine che il sostituto procuratore che aveva chiesto l’archiviazione del procedimento penale a carico dell’amministratore della societa’ aveva tuttavia affermato che era “plausibile” che la documentazione pervenuta alla G.d.F. costituisse una vera e propria contabilita’ parallela) risulta inammissibile sotto numerosi e svariati profili. In proposito, e’ innanzitutto da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e controllarne attendibilita’ e concludenza (v. tra numerose altre Cass. n. 17076 del 2007).

E’ poi da rilevare: che non emerge dal motivo in esame la decisivita’ (nel senso individuato dalla giurisprudenza di questo giudice di legittimita’) dei fatti asseritamente non o mal valutati dai giudici d’appello; che, in ogni caso, la censura e’ del tutto priva di autosufficienza; che non sono stati compiutamente indicati (anche con riguardo alla relativa collocazione) ex art. 366 c.p.c., n. 6 tutti gli atti sui quali il motivo si fonda; infine che tali atti sono stati depositati nei tempi e secondo le modalita’ di cui all’art. 369 c.p.c., n. 4.

Anche il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 rilevando che la contribuente aveva in appello ampliato la propria linea difensiva rispetto al primo grado) risulta appare innanzitutto privo di autosufficienza.

Dalla sentenza impugnata non emerge infatti il contenuto dei ricorsi introduttivi, pertanto parte ricorrente avrebbe dovuto riportarne nel ricorso per Cassazione il contenuto (testualmente e per esteso, attesa la necessita’ di interpretazione complessiva dell’atto per valutare la proposizione di domande o eccezioni nuove in appello), non rilevando che nella specie si denunci un error in procedendo, atteso che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, anche nel caso in cui venga denunciata la violazione di norme processuali, il ricorrente, in ragione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, non puo’ limitarsi a specificare solo la singola disposizione di cui si denunzia la violazione, ma deve indicare e riportare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti d’operativita’ di detta violazione (v. tra le altre Cass. n. 6972 del 2005).

In ogni caso, parte ricorrente non risulta aver depositato i suddetti atti (dai quali emergerebbe la violazione denunciata e sui quali pertanto il motivo e’ fondato) ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, a norma del quale, insieme col ricorso (e pertanto nello stesso termine previsto dal primo comma del citato art. 369 c.p.c.) devono essere depositati a pena di improcedibilita’ “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.

Come e’ evidente, la norma non distingue tra i vari tipi di censura proposti, e prevede il deposito non solo di documenti o contratti, ma anche di atti processuali, con la conseguenza che, pure in caso di denuncia di error in procedendo, gli atti processuali sui quali la censura si fonda devono essere specificamente e nominativamente depositati unitamente al ricorso e nello stesso termine, non rilevando a tal fine ne’ la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito ne’ l’eventuale deposito del fascicolo di parte (che in ipotesi tali atti contenga), se tale deposito non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c. e se all’atto del deposito viene indicato in modo generico il suddetto fascicolo senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso e’ fondato. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2010

 

 

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