Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7491 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. II, 17/03/2021, (ud. 02/10/2020, dep. 17/03/2021), n.7491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Maria – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5965/2016 proposto da:

IMMOBILIARE DELIZIA DI DELIZIA DI DIO & C. SAS, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Valadier 36, presso lo studio dell’avvocato

Riccardo Gozzi, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Benedetta Collerone Russo;

– ricorrente –

contro

IL CENTRO SERVIZI AMMINISTRATIVI SAS, elettivamente domiciliata in

Roma, Via De Carolis Ugo 101, presso lo studio dell’avvocato Fulvio

Francucci, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Alberto Candiago;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1969/2015 della Corte d’appello di Venezia,

depositata il 19/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/10/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente contenzioso nasceva con atto di citazione notificato il 10.12.2008 dal Centro Servizi Amministrativi s.r.l. alla convenuta società Immobiliare Delizia S.a.s avanti il Tribunale di Treviso, Sezione Distaccata di Conegliano, per ottenere la condanna dell’Immobiliare all’abbattimento o all’arretramento delle opere di ampliamento eseguite sul fabbricato limitrofo a quello di parte attrice in violazione della disciplina sulle distanze;

– nel resistere all’avversa domanda la convenuta ha allegato che quanto realizzato era una costruzione in aderenza e, poichè costituiva un ampliamento di edificio preesistente, non era soggetta all’applicazione delle regole sulle distanze contenute nel D.M. n. 1444 del 1968;

– il Tribunale di Treviso accoglieva la domanda attorea e condannava la convenuta alla riduzione in pristino del fabbricato eretto;

– avverso tale sentenza la soccombente proponeva gravame lamentando un presunto travisamento dei fatti da parte del giudice del primo grado, il quale dapprima avrebbe erroneamente considerato l’opera come un nuovo fabbricato soggetto alla disciplina delle distanze e non quale ampliamento del preesistente immobile e, poi, avrebbe errato nel non considerare quale costruzione in aderenza lo spiovente, realizzato a copertura dell’autorimessa;

– la Corte d’appello, con la sentenza qui impugnata, respingeva l’impugnazione, accertando l’irregolarità delle opere realizzate dall’appellante e l’inapplicabilità allo stato di fatto, come accertato a mezzo del materiale fotografico ed a mezzo dell’atp acquisito agli atti, dell’art. 877 c.c., sulle costruzioni in aderenza;

– la cassazione della sentenza del secondo giudice è chiesta da Immobiliare Delizia sulla base di tre motivi, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso il Centro Servizi Amministrativi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo la società ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 e specificamente dell’art. 873 c.c.;

– secondo il ricorrente, la Corte d’appello di Venezia è incorsa in errore là dove ha affermato che la costruzione in ampliamento non integra la fattispecie della costruzione in aderenza, poichè il distacco dei pilastri di qualche centimetro dal muro perimetrale dell’edificio non può costituire un’intercapedine, e sarebbe pienamente salvaguardata la ratio della disposizione dell’art. 873 c.c., di impedire la costruzione di intercapedini fra costruzioni che possono essere causa di situazioni nocive quali l’insalubrità;

– il motivo è inammissibile perchè volto a censurare l’apprezzamento di fatto svolto dalla corte territoriale sulle caratteristiche dell’opera realizzata, e, in particolare, la natura di costruzione non in aderenza, senza dedurre – come previsto nel ricorso alla censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’errata applicazione di principi di diritto in materia di determinazione delle distanze fra le costruzioni;

– con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 e specificamente dell’art. 873 e 877 c.c. e si lamenta il difetto di motivazione e/o motivazione apparente con conseguente nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

– ad avviso della ricorrente, la motivazione della sentenza impugnata non permette di comprendere le ragioni per le quali si nega che l’ampliamento di cui è causa sia un ampliamento in aderenza, posto che il tetto in plexiglas aderisce perfettamente al muro comune;

– con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e specificamente dell’art. 873 e dell’art. 877 c.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– il ricorrente ritiene che il giudice dell’appello abbia del tutto omesso di considerare il fatto che il tetto in plexiglas aderisce perfettamente al muro dal quale si sviluppa l’ampliamento, che non esistono intercapedini dannose e che i pilastrini in ferro rappresentano solo la struttura autoportante che sorregge il tetto;

– i motivi possono essere esaminati congiuntamente dal momento che entrambi censurano la sentenza nella parte in cui il giudice ha escluso la possibilità di mantenere la costruzione realizzata in applicazione della disciplina valida per le costruzioni in aderenza;

– le censure sono entrambe inammissibili;

– la tettoia a sagoma curvilinea è stata infatti oggetto di esplicita valutazione da parte della corte territoriale che ha rilevato come dalla documentazione fotografica detta costruzione risulti poggiare su pilastri metallici scostati di qualche centimetro dal muro perimetrale del fabbricato (cfr. pag. 3 della sentenza) con conseguente esclusione della qualifica di costruzione in aderenza ed applicazione della disciplina sulle nuove costruzioni;

– tale motivazione attinge all’apprezzamento di fatto svolto dalla corte territoriale e non costituisce nè motivazione apparente nè omessa motivazione secondo i consolidati canoni interpretativi (cfr. Cass. 9105/2017; 13248/2020) nè appare inficiata dall’omesso esame del posizionamento della tettoia, quale fatto decisivo;

– pertanto, stante l’inammissibilità di tutti i motivi, il ricorso va dichiarato inammissibile;

– in applicazione del principio di soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate in Euro 4100,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15A) per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 2 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

 

 

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