Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 749 del 13/01/2017

Cassazione civile, sez. trib., 13/01/2017, (ud. 20/12/2016, dep.13/01/2017),  n. 749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23086/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.G., difeso da se medesimo, elettivamente domiciliato

in ROMA VIA A. MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE

VILLA, rappresentato e difeso dagli avvocati ENRICO DE LUCA,

C.G., giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 13/2011 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata l’11/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

uditi per il controricorrente gli Avvocati DE LUCA e C. che

hanno chiesto l’inammissibilità e il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.1. L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza in atti della CTR Perugia, che, in riferimento ad una controversia avente ad oggetto l’accertamento di ricavi professionali non dichiarati promossa dall’avv.to C., ha respinto l’eccezione di inammissibilità del motivo di appello concernente la violazione nella specie della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, sollevata dall’Agenzia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per novità della questione, sul rilievo che “dalla lettura del ricorso originario alla Commissione Tributaria Provinciale risulta chiaramente che l’avv.to C., pur senza citare espressamente la norma in questione, ha dedotto la nullità di tutto il procedimento per la rapidità, tale da non avergli consentito di presentare all’ufficio la documentazione necessaria a giustificare i movimenti bancari e la nullità degli avvisi per difetto di motivazione sotto tutti i profili”.

Il ricorso erariale si vale di un unico motivo al quale ha replicato l’intimato con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..

1.2. Nelle more dell’odierna udienza di discussione l’Agenzia delle Entrate ha depositato comunicazione intesa a conseguire l’estinzione del giudizio limitatamente all’avviso di accertamento relativo all’annualità 2005 in considerazione dell’intervenuta definizione della lite a mente del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12.

1.3. Il collegio ha autorizzato l’adozione della motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Preso atto della citata comunicazione fatta pervenire dall’Agenzia delle Entrate, va dichiarata l’estinzione del giudizio per intervenuta cessazione della materia del contendere a mente della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8, richiamato dal citato art. 39 limitatamente all’annualità condonata, ed, in uno con essa, va disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 e la cassazione senza rinvio dell’impugnata sentenza, in quanto l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di contrasto fra i contendenti, impone la rimozione delle decisioni emesse non più attuali, perchè inidonee a regolare il rapporto fra le parti (Cass. 19533/11).

3.1. Quanto all’annualità 2006, con l’unico motivo del proprio ricorso l’erario assume la contrarietà dell’impugnata sentenza al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e art. 112 c.p.c., in quanto dalla trascrizione del ricorso introduttivo del giudizio e del gravame d’appello risulta acclarato che la pretesa violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, “non è stata giammai espressamente proposta in primo grado dall’avv. C.”, sicchè, essendo la detta eccezione nuova e perciò inammissibile, la impugnata sentenza è per questo nulla perchè pronunciata in violazione dell’art. 57 citato, come parimenti è nulla per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo pronunciato ultra petita.

3.2. Il motivo è fondato con riguardo alla prima censura sollevata.

Premesso che alla stregua del D.Lgs. n. 546 del 1992, citato art. 57, comma 1, “nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio” e che secondo il corrente insegnamento di questa Corte si ha domanda nuova, improponibile nel giudizio d’appello del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 57, “quando il contribuente, nell’atto di appello, introduce, al fine di ottenere l’eliminazione o la riduzione delle conseguenze – dell’atto impugnato, una causa petendi diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, sicchè risulti inserito nel processo un nuovo tema di indagine (10865/05), nella specie è indubitabile che la CTR, ponendo a fondamento del proprio deliberato l’inosservanza nella specie del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, abbia d’ufficio introdotto nel giudizio un tema di indagine estraneo all’originario perimetro della res dedotta dal contribuente, che si era forse si doluto della “rapidità” del procedimento, come ne scrive il decidente, ma mai aveva fatto menzione nel ricorso introduttivo del giudizio della ora pretesa violazione dell’art. 12, citato. Invero, anche ove nel ricorso se ne fa richiamo, l’art. 12, è ricordato per sottolineare che l’accesso presso i locali dell’impresa deve essere giustificato sulla base di effettive esigenze di indagine, a nulla rilevando che se ne colga traccia negli scritti successivi (cfr. la memoria D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32), in quanto la materia del contendere è delineabile, per effetto dell’indicazione dei motivi a cui chiama il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e), solo nel ricorso, rispetto alle indicazioni del quale ogni integrazione è in linea di principio esclusa, essendo consentita l’indicazione di motivi aggiunti solo negli stretti limiti del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24. E quand’anche a prezzo di un’innaturale eccesso di fantasia fosse sostenibile che la denunciata rapidità della procedura racchiuda anche la specifica lagnanza della violazione dell’art. 12, comma 7, lo sforzo esegetico operato dalla CTR non sarebbe per questo minimamente premiato dal momento che, notoriamente, l’osservanza del precetto, da essa autonomamente valorizzato a scopo demolitorio, si impone solo in caso di accesso presso i locali dell’impresa, mentre qui è incontroverso che si è trattato di una verifica c.d. a tavolino.

4. Il ricorso, limitatamente all’annualità 2006, va dunque accolto e la sentenza della CTR qui impugnata va conseguentemente cassata con rinvio della causa avanti al giudice territoriale per il seguito ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 1.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

pronunciando sul ricorso, dichiara estinto il giudizio per intervenuta cessazione della materia del contendere relativamente all’annualità 2005, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza limitatamente a detta annualità e compensa le spese di giudizio; accoglie il ricorso relativamente all’annualità 2006, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa avanti alla CTR Umbria che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017

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