Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7488 del 31/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7488 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 23645-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
D’ANGELO FRANCESCO;

– intimato avverso la sentenza n. 321/46/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di NAPOLI del 23.3.2010, depositata il 28/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.

Data pubblicazione: 31/03/2014

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

La CTR di Napoli ha accolto l’appello di D’Angelo Francesco -appello proposto
contro la sentenza n.197/12/2008 della CTP di Caserta che aveva respinto il ricorso
del contribuente- ed ha così annullato l’avviso di accertamento con cui era stato
imputato al D’Angelo la quota del reddito accertato in capo a tale “La Torre srl”
(società di cui il D’Angelo era stato socio al 55% del capitale) in ragione della
presunzione derivante dall’essere la compagine societaria caratterizzata da una
ristretta base familiare.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che —in riferimento ai redditi
prodotti da società composta come dianzi si è detto- la Amministrazione Finanziaria
non può limitarsi ad avvalersi di una semplice presunzione (che peraltro si
configurerebbe come presunzione di secondo grado, giacchè il vincolo di solidarietà
familiare che avvince i soci non costituisce quel “fatto noto” dal quale dedurre la
avvenuta distribuzione dei maggiori utili sociali accertati), ma è tenuta a provare
specificamente che i proventi siano stati effettivamente distribuiti e che siano entrati
nella disponibilità dei soci.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione (di non facile leggibilità, per effetto
dei minuti caratteri grafici utilizzati) affidato a due motivi.
L’intimato non si è difeso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Con il primo motivo di ricorso (centrato sulla violazione dell’art.102 cpc) la parte
ricorrente si duole dell’omessa integrazione del contraddittorio in controversia

Osserva:

caratterizzata da litisconsorzio necessario tra società e socio, non essendo possibile
accertare alcuni dei redditi dei soci in via indipendente dal reddito sociale.
Il motivo appare infondato e da disattendersi.
Ed invero, Cass. Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008 ha evidenziato che
“l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei

n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a
ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed
indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario
proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società
riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci”.
Non sussistendo nella materia dedotta in giudizio (e relativa a redditi da
partecipazione in una società di capitali) il necessario presupposto de “l’automatica
imputazione dei redditi a ciascun socio”, manca anche il requisito della concettuale
unitarietà dell’accertamento, sicchè non è poi estensibile alla ridetta vicenda la
conseguenza (in termini di litisconsorzio necessario) che la menzionata pronuncia
delle S.U. della Corte ha inteso trarre in materia di redditi da partecipazione nelle
società di persone.
Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art. 41 co. I
del DPR n.917/1986, nonché degli art.2697, 2727, 2729 cod civ) la parte ricorrente si
duole del fatto che —incontestato che il Cappucci fosse socio in una compagine
societaria composta da persone legate da vincoli di natura familiare- il giudice del
merito avesse erroneamente addossato all’Amministrazione la prova dell’effettiva
distribuzione degli utili.
La censura appare fondata e da accogliersi.
Ed invero, con ribadita affermazione, questa Corte ha già fatto chiaro che:”In terna di
accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base
partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione, ai soci, degli eventuali utili
extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova

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redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22/12/1986

del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione,per essere
stati, invece, accantonati dalla società ovvero da essa reinvestiti, non risultando
tuttavia a tal fine sufficiente né la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si
sia concluso con perdite contabili nè il definitivo accertamento di una perdita
contabile, circostanza che non esclude che i ricavi non contabilizzati, non risultando

Sentenza n. 18640 del 08/07/2008).
La contraria affermazione del giudice del merito costituisce pertanto violazione delle
norme invocate dalla parte ricorrente e giustifica la cassazione della sentenza
impugnata, con conseguente rinvio al giudice di appello, affinché riesamini le
questioni di causa alla luce del corretto principio dianzi enunciato.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta infondatezza del primo motivo e manifesta fondatezza del secondo motivo.
Roma, 15 settembre 2013

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR
Campania che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del
presente grado.
Così deciso in Roma il 5EilgibArT2iiio,i calEtERIA
oggi,

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né accantonati né investiti, siano stati distribuiti ai soci” (per tutte Cass. Sez. 5,

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