Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7487 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/03/2022, (ud. 25/01/2022, dep. 08/03/2022), n.7487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12867-2020 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

NUOVA EVERPLASTICA s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, C.V., rappresentata e difesa, per procura speciale

in calce al controricorso, dagli avv.ti Martina URBAN e Alessandro

TRAVERSI, ed elettivamente domiciliata in Roma, al viale Mazzini, n.

114/B, presso lo studio legale dell’avv. Alessio LANZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/01/2019 della Commissione tributaria

regionale della TOSCANA, depositata in data 14/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 25/01/2022 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento emesso con riferimento all’anno d’imposta 2008 e notificato alla Nuova Everplast s.r.l. il 23/12/2014, con cui l’amministrazione finanziaria, sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto a carico della predetta società da cui emergevano irregolarità contabili (indeducibilità di interessi passivi, emissione di fatture in violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 2, indeducibilità di costi per difetto di inerenza, indeducibilità di sopravvenienze passive per importi minori), tali da determinare un maggior reddito imponibile ai fini IRES ed IRAP e maggiori ricavi ai fini IVA per oltre un miliardo di Euro, la CTR toscana con la sentenza in epigrafe indicata rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, dichiarando assorbito quello incidentale proposto dalla società contribuente, ritenendo nella specie insussistenti violazioni che comportassero l’obbligo di presentazione di una denuncia penale e, quindi, l’inapplicabilità del raddoppio dei termini di accertamento, annullava l’atto impositivo per decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere accertativo, in quanto esercitato oltre il termine ordinario;

– per la cassazione della sentenza di appello ricorre con unico motivo l’Agenzia delle entrate, cui replica l’intimata con controricorso;

– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il motivo di ricorso la difesa erariale, deducendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, nonché del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, e della L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 132, censura la statuizione d’appello per avere erroneamente ritenuto non applicabile alla fattispecie il raddoppio dei termini di accertamento per difetto di violazioni fiscali penalmente rilevanti.

2. Il motivo è parzialmente fondato.

3. Va premesso che il D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 24, convertito con modificazioni dalla L. n. 248 del 2006, integrando il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, ha stabilito che “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.c., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, gli ordinari termini di cui ai commi precedenti (ovvero di notifica, a pena di decadenza, degli avvisi di accertamento) sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”. Analoga disposizione è stata introdotta dal medesimo D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 25, in materia di IVA, previa modifica del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57.

2.1. Orbene, ai sensi delle citate disposizioni, nei testi applicabili “ratione temporis” (e, quindi, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 128 del 2015, e dalla successiva L. n. 208 del 2015, vertendosi nel caso di specie di avviso di accertamento emesso e notificato nell’anno 2014 – cfr., ex multis, Cass. n. 16728 del 2016, Cass. n. 26037 del 2016 e Cass. n. 33793 del 2019), il raddoppio dei termini presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, tanto da essere del tutto indifferente l’effettiva presentazione della denuncia (cfr. Corte Cost. n. 247 del 2011, Cass. n. 1171 del 2016 e n. 27629 del 2018) e non rilevando né la configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, né l’intervenuta archiviazione della denuncia, “né l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario” (in termini, Cass. n. 9974 del 2015, Cass. n. 16728 del 2016 e più recentemente Cass. n. 22337 del 2018 e Cass. n. 5228 del 2019).

2.2. La Corte costituzionale nella sopra citata sentenza (n. 247 del 2011), ha quindi evidenziato che l’unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicché “il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento”, con la precisazione però che “il correlativo tema di prova – e, quindi, l’oggetto della valutazione da effettuarsi da parte del giudice tributario – è circoscritto al riscontro dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale e non riguarda l’accertamento del reato” (p. 5.3. della sentenza della Corte costituzionale). Da ciò discende che il contribuente, ove voglia contestare l’accertamento compiuto oltre il termine ordinario, dovrà denunciare la carenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia e non potrà mettere in discussione la sussistenza del reato, né sotto il profilo dell’elemento oggettivo, né sotto quello dell’elemento soggettivo, né infine dal punto di vista del suo autore, posto che tale accertamento è precluso al giudice tributario (Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27629; Cass., Sez. 6-5, 28 giugno 2019, n. 17586; Cass., Sez. 5, 2 luglio 2020, n. 13481). Infatti, sulla scorta della citata sentenza della Corte Costituzionale (n. 247 del 2011), in caso di denuncia presentata oltre gli ordinari termini di decadenza o addirittura di accertamento compiuto senza denuncia, il giudice tributario, al fine di verificare l’uso pretestuoso del raddoppio dei termini, dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità, con la precisazione, però, che il correlativo tema di prova – e, quindi, l’oggetto della valutazione da effettuarsi da parte del giudice tributario – è circoscritto al riscontro dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale e non riguarda l’accertamento del reato.

3. Orbene, la Commissione tributaria regionale ha fatto malgoverno dei principi enunciati, là dove ha ritenuto non doversi raddoppiare i termini in quanto la società contribuente aveva depositato “una serie di documenti”, ed in particolare una consulenza tecnica di parte, da cui emergeva il mancato superamento in concreto del “limite del 10% necessario ad integrare la fattispecie penale di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4” (sentenza impugnata, pag. 3), in tal modo operando una valutazione (sul profilo dell’elemento oggettivo del reato) alla stessa non consentita ma riservata esclusivamente al giudice penale, peraltro senza alcuna argomentazione sull’imparzialità dell’azione dell’amministrazione finanziaria e sull’eventuale uso pretestuoso e strumentale che la stessa abbia fatto delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente del più ampio termine di accertamento.

4. Da quanto detto consegue che la statuizione impugnata va cassata con riferimento all’accertamento in materia di IVA ed IRES, mentre va confermata con riferimento all’IRAP, posto che, “non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali, è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione temporis (cfr. Cass. n. 4775 del 2016; Cass. n. 20435 del 2017; Cass. n. 26311 del 2017; Cass. n. 23629 del 2017);

5. Conclusivamente, quindi, il ricorso va accolto limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IVA ed IRES e rigettato quanto alla ripresa a fini IRAP; la sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla CTR territorialmente competente per l’esame delle questioni rimaste assorbite, inerenti alle predette imposte (IVA ed IRES), nonché per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA