Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7486 del 23/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/03/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 23/03/2020), n.7486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14576-2014 proposto da:

M.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI PACCIONE;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA CONSORZIALE POLICLINICO BARI, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DEI PARIOLI 54, presso lo studio

dell’avvocato LUCIANA FRANCIOSO, rappresentata e difesa dagli

avvocati MARIA GRIMALDI, ALESSANDRO DELLE DONNE;

– controricorrente – avverso la sentenza n. 3435/2013 della CORTE

D’APPELLO di BARI, depositata il 02/12/2013, R. G. N. 1412/2011.

Fatto

RILEVATO

1. con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Bari ha confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda proposta M.R. nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, domanda volta: alla disapplicazione, per violazione del D.M. n. 741 del 1994, della nota dirigenziale prot. 29076 del 12.11.2004, con la quale, sul rilievo dell’assenza nella pianta organica di posti vacanti relativi al profilo di tecnico di fisiopatologia respiratoria, era stata respinta la richiesta di scorrimento della graduatoria relativa al concorso per la copertura di due posti di operatore professionale terapista della riabilitazione-fisiopatologia respiratoria; all’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di adottare l’atto deliberativo conclusivo di scorrimento della graduatoria finale del concorso; alla condanna della Amministrazione all’adozione di siffatto atto deliberativo conclusivo di scorrimento della graduatoria;

2. la Corte territoriale ha ritenuto che: la L.R. Puglia n. 14 del 2004, art. 18, comma 3, nella parte in cui consentiva l’utilizzabilità, anche per la copertura di posti di nuova istituzione delle graduatorie, per la copertura di posti di operatore professionale collaboratore-infermiere e tecnico di radiologia non utilizzate in conseguenza dei divieti imposti dalle L.R. n. 28 del 2000 e L.R. n. 5 del 2001, non trovava applicazione alla fattispecie dedotta in giudizio; tanto perchè le graduatorie avrebbero potuto essere utilizzate solo durante l’anno 2004 e perchè la legge regionale n. 14 del 2004 non imponeva alla PA di utilizzare le graduatorie ma aveva riconosciuto soltanto la facoltà di utilizzarle; pur ammettendo l’erroneità del riferimento fatto nella nota prot. n. 29076 del 12.11.2004 al profilo di tecnico di fisiopatologia respiratoria (per il quale aveva concorso la M.) in luogo del posto di terapista della riabilitazione, nondimeno siffatto errore non dimostrava che alla data del 12.11.2004 sussistessero posti vacanti di terapista della riabilitazione; di contro era stata dimostrata l’inesistenza di posti vacanti nella pianta organica della figura di terapista della riabilitazione; in ogni caso, il diritto allo scorrimento della graduatoria doveva escludersi perchè ai sensi del D.P.R. n. 483 del 1997, art. 18, comma 7 le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per il termine di 18 mesi dalla data della pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente a tale data dovessero rendersi disponibili, laddove nella fattispecie dedotta in giudizio era emerso che i due posti banditi erano stati ricoperti con i vincitori del concorso; ove pure ritenuta sussistente la vacanza di posti in pianta organica risultava decisiva la circostanza che l’Amministrazione non aveva mai manifestato la volontà di coprire eventuali vacanze nell’organico;

3. avverso questa sentenza M.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati da successiva memoria, al quale ha resistito con controricorso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari;

Diritto

CONSIDERATO

Sintesi dei motivi.

4. tutti i profili del ricorso, da esaminarsi congiuntamente in ragione dell’intima connessione che lega le censure, presentano plurimi profili di inammissibilità;

5. il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso contengono la contemporanea deduzione, secondo stereotipata ripetizione in ciascuna rubrica, di violazione di plurime disposizioni di legge, sostanziale e processuale, che si assumono anche male applicate, nonchè di vizi di motivazione, secondo uno schema redazionale che non consente l’adeguata identificazione del “devolutum”;

6. non vi è specifica indicazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile al n. 3 ovvero al n. 4 e al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, se l’errore sia consistito nella violazione delle norme ovvero nel giudizio di sussunzione di fatti a norme, in omesso confronto con la ontologica diversità dei vizi (ex plurimis Cass. 7568/2016); le argomentazioni che sorreggono ciascun vizio risultano fumose, in parte ripetitive e di non chiara comprensione in ragione della loro incoerenza;

7. tanto in contrasto con il principio di specificità affermato nell’art. 360 c.p.c., che impone che il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione (Cass. 23675/2013, 25044/ 2013; 17739/2011);

8. questa Corte ha anche affermato l’impossibilità di convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, di censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità” (Cass. SS,UU. 26242/2014 e 17931/ 2013), ogni volta che non risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure.

9. nessuno dei cinque motivi consente di individuare in che modo e come le norme richiamate nella rubrica sono state violate nella sentenza impugnata, quali sono i principi di diritto asseritamente trasgrediti (ex multis Cass. n. 17178/2014 e giurisprudenza ivi richiamata);

10. è rimasto oscuro il senso della denuncia correlata alla sussistenza del diritto allo scorrimento della graduatoria alla luce delle doglianze che addebitano alla sentenza di avere violato l’art. 112 c.p.c. sul rilievo che non era mai stato domandato il riconoscimento del diritto allo scorrimento della graduatoria; censura quest’ultima, a sua volta, incoerente con le conclusioni formulate nel ricorso di primo grado, nei termini riprodotte nel ricorso in esame (pg. 3 lett. b);

11. le censure formulate con riferimento alla nota n. 29076 del 12.1.2004 sono inammissibili perchè la ricorrente, in violazione degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, nella lettura datane da questa Corte (Cass. SSUU 8077/2012; Cass. 5696/2018, 24883/2017, 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010), non ha riprodotto, quantomeno nelle parti essenziali, il contenuto della predetta nota;

12. le censure che addebitano alla sentenza la violazione dell’art. 112 c.p.c., si risolvono non nella denuncia del vizio di omessa pronuncia, nemmeno ravvisabile (cfr. punto n. 2 di questa sentenza), ma del vizio di motivazione insufficiente, vizio ormai estraneo (la sentenza impugnata è stata pubblicata il 28.11.2013) al perimetro del mezzo impugnatorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. SSUU 8053/2014) e incompatibile con la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c.;

13. conclusivamente, deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

14. le spese del giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza;

15. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

PQM

La Corte:

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.500,00, per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2020

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