Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7478 del 26/03/2018


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Cassazione civile, sez. II, 26/03/2018, (ud. 02/02/2018, dep.26/03/2018),  n. 7478

Fatto

1 Con sentenza 92/11 il Giudice di Pace di Taggia rigettò l’opposizione di S.R. contro un verbale di contravvenzione emesso dalla Polizia Stradale per superamento dei limiti di velocità accertato con autovelox.

2 L’appello del contravventore è stato respinto dal Tribunale di Imperia che, con sentenza 25.3.2014, ha confermato la decisione di primo grado condannando il soccombente al pagamento delle spese del gravame liquidate in complessivi Euro 1000,00 per compensi professionali.

3 Contro tale pronuncia lo S. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Col primo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc “violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 6, e art. 142 C.d.S., comma 6 bis. Deposizione agente Piana e mancata segnalazione autovelox”: sostiene il ricorrente che il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi alle risultanze del verbale, atto fidefacente, e dichiarare inammissibile la prova orale sulla segnalazione dell’autovelox.

Il motivo è infondato.

Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, grava sull’amministrazione opponente l’onere di provare gli elementi costitutivi dell’illecito, ma la sua inerzia processuale non determina l’automatico accertamento dell’infondatezza della trasgressione, in quanto il giudice, chiamato alla ricostruzione dell’intero rapporto sanzionatorio e non soltanto alla valutazione di legittimità del provvedimento irrogativo della sanzione, può sopperirvi sia valutando i documenti già acquisiti sia disponendo d’ufficio, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 6, “ratione temporis” applicabile, i mezzi di prova ritenuti necessari (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 4898 del 11/03/2015 Rv. 635012; Sez. 2, Sentenza n. 17696 del 14/08/2007 Rv. 600032).

Da tale principio – che il Collegio oggi ribadisce – discende che del tutto correttamente il giudice di merito ha disposto e valutato, nell’esercizio dei poteri istruttori a lui riservati dalla legge, la deposizione dell’agente della polizia su circostanze idonee ad integrare il verbale di contravvenzione.

2 Col secondo motivo si deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 “errata o falsa applicazione di norme di diritto art. 142 C.d.S., comma 6 bis, e art. 125 reg. esec. C.d.S., Circolare del Ministero dell’Interno del 14.8.2009 – Occultamento autovelox, mancata segnalazione postazione mobile”. Il ricorrente insiste sulla tesi dell’occultamento dell’autovelox tra le siepi e censura la sentenza per aver omesso di analizzare la documentazione prodotta in atti.

Anche tale motivo è infondato perchè si risolve in una censura sull’apprezzamento dei fatti di causa (posizionamento e visibilità dello strumento di rilevazione), tipica attività riservata al giudice di merito, il quale ha accertato la presegnalazione della postazione nonchè la perfetta visibilità della stessa da parte degli automobilisti in transito sull’autostrada, non essendo l’autovelox oggettivamente occultato ma semplicemente posizionato all’uscita di una corsia di re immissione dall’area dell’Autogrill (v. pag. 3 sentenza impugnata).

3 Col terzo motivo si deduce sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, “l’errata o falsa applicazione di norme di diritto art. 115 c.p.c. – Mancata contestazione su circostanze di fatto”. A dire del ricorrente, i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere dimostrato l’occultamento dell’autovelox perchè la circostanza non era stata oggetto di specifica contestazione.

La censura è infondata perchè si scontra apertamente con l’apprezzamento in fatto del giudice di merito sull’assenza di occultamento.

4 Col quarto motivo il ricorrente deduce infine la violazione e/o falsa applicazione del DM 55/2014 dolendosi dell’entità della condanna alle spese, perchè la Tabella ministeriale prevede un compenso di Euro 270,00 in relazione al valore della lite (Euro 155,00) considerando come effettivamente svolte solo le attività di studio (Euro 135,00) e quella introduttiva (Euro. 135,00), avendo l’Avvocatura redatto la sola comparsa di risposta, senza neppure partecipare alle udienze.

Il motivo è fondato.

La mancata partecipazione dell’Avvocatura dello Stato alle udienze nel giudizio di appello e il mancato deposito di comparsa conclusionale (evidenziata a pag. 9 del ricorso e confermata anche nella sentenza impugnata a pag. 2 quanto alla omessa partecipazione al’udienza di conclusioni) rendeva certamente ingiustificata la liquidazione dei compensi anche per la fase di trattazione e per quella decisionale, lasciando invece impregiudicato il diritto al compenso per la fase di studio della controversia e quella introduttiva del giudizio. Ha quindi ragione il ricorrente a ritenere che all’Amministrazione spettasse la liquidazione delle spese per queste due sole fasi.

La sentenza va pertanto cassata, ma non rendendosi necessari ulteriori accertamenti, la Corte è in grado di decidere nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

Di conseguenza, applicando i valori medi della tariffa (per lo scaglione delle cause di valore fino a Euro 1.100,00), le spese del giudizio di appello vanno liquidate in Euro, 135,00 per la fase di studio della controversia e Euro 135,00 per quella introduttiva del giudizio, per un totale di Euro 270,00 oltre spese prenotate a debito.

L’esito del presente giudizio di legittimità giustifica invece la compensazione delle relative spese.

P.Q.M.

accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna lo S. al pagamento in favore del Ministero dell’Interno delle spese di lite del giudizio di appello che si liquidano in C. 270,00 oltre spese prenotate a debito. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2018

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