Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7475 del 23/03/2017


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Cassazione civile, sez. I, 23/03/2017, (ud. 18/01/2017, dep.23/03/2017),  n. 7475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14040/2013 proposto da:

B.A., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in Roma,

Via Sistina n.42, presso l’avvocato Venturiello Michele, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.G.L. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Circonvallazione Trionfale n.47,

presso l’avvocato Cristiana Consalvi, che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce all’atto di costituzione;

– resistente –

avverso la sentenza n. 897/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2017 dal cons. SCALDAFERRI ANDREA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato B. CORBI, con delega, che si

riporta;

udito, per la resistente, l’Avvocato C. CONSALVI che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SALVATO

Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.A., già presidente del consiglio di amministrazione (nonchè socio) della Sigla s.p.a. nei confronti del quale l’assemblea aveva deliberato la promozione dell’azione sociale di responsabilità con conseguente sua revoca dalla carica ex art. 2393 c.c., convenne la società stessa in giudizio per sentirla condannare al risarcimento dei danni ex art. 2383 c.c. per il difetto di giusta causa della revoca. La società convenuta contestava la domanda deducendo che il B. aveva unilateralmente modificato in maniera sostanziale il progetto di bilancio dell’esercizio 1997 che era stato approvato dal Consiglio di Amministrazione, sottoponendo alla assemblea dei soci un bilancio contenente una rettifica per circa 27 miliardi di Lire complessive del valore dei crediti e degli accantonamenti per garanzie ed impegni. In via riconvenzionale, la Sigla chiedeva la condanna del B. alla restituzione del compenso per il periodo giugno-dicembre 1998 che egli si era autoliquidato anticipatamente.

Il Tribunale di Treviso, espletata prova testimoniale e consulenza tecnica d’ufficio, accolse la domanda del B. condannando la società convenuta al pagamento,a titolo di danni, della somma di Euro 130.836,00 oltre interessi e spese.

Proposto gravame dalla Sgl (già Sigla) s.p.a., cui resisteva il B., la Corte d’appello di Venezia, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda del B. ed accoglieva la riconvenzionale della società, osservando, per quanto qui ancora rileva: a)che la circostanza che la bozza di bilancio approvata dal CdA fosse incompleta circa l’ammontare degli stanziamenti al Fondo svalutazione crediti ed al Fondo per rischi finanziari generali non facoltizzava il presidente a modificare senz’altro tali voci presentando alla assemblea un progetto di bilancio diverso, atteso che la predisposizione del progetto stesso è atto che compete all’organo amministrativo nella sua interezza e non è neppure delegabile ad uno dei suoi componenti; b) che del resto la integrazione nella specie non rappresentava un recepimento automatico del responso degli esperti interpellati, bensì esercizio di potere discrezionale con il mutamento dei criteri di appostazione scegliendo tra più alternative possibili; c) che pertanto la pretermissione dell’organo amministrativo collegiale, con la sottoposizione alla assemblea di un bilancio che sancirebbe lo scioglimento della società, costituisce, in quanto grave compromissione del rapporto fiduciario, giusta causa di revoca.

Avverso tale sentenza, depositata il 12 aprile 2012, B.A. propone ricorso a questa Corte, cui resiste con controricorso SGL s.p.a.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso si basa su due motivi.

1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2383 e 2393 c.c.. Sostiene che nessun inadempimento ai propri doveri di amministratore sarebbe ravvisabile nella condotta contestatagli, essendosi limitato a completare alcuni voci di bilancio che sarebbero state deliberatamente lasciate in bianco dal Consiglio di amministrazione proprio per consentire a lui di valutare le risultanze di una consulenza richiesta alla società di revisione in merito alle somme da inserire: avrebbe dunque adempiuto ad un mandato conferitogli dallo stesso organo amministrativo collegiale.

1.2. Con il secondo motivo denuncia un vizio di motivazione lamentando che la corte distrettuale non abbia speso una parola circa l’esistenza o non di un dissenso interno alla società, circa la condotta che esso ricorrente avrebbe dovuto tenere e la imputabilità al consiglio nella sua interezza della condotta da lui tenuta, nè circa la correttezza dei criteri di appostazione seguiti nell’apportare le rettifiche al bilancio.

2. Tali doglianze, esaminabili congiuntamente stante la stretta connessione, non meritano accoglimento.

In primo luogo, questa corte di legittimità ha più volte avuto modo di affermare (cfr. ex multis: n. 23381/13; n. 21342/13; n. 8221/12; n. 23557/08) che la giusta causa per la revoca dell’amministratore, prevista dall’art. 2383 c.c., comma 3, può consistere non solo in fatti integranti inadempimento degli obblighi derivanti dall’incarico, ma anche in fatti che incidano comunque sul “pactum fiduciae”, essendo idonei a minarne il fondamento originario elidendo l’affidamento riposto al momento della nomina sulle attitudini e capacità dell’amministratore.

La corte di Venezia ha ravvisato tali fatti nella condotta descritta in sentenza, posta in essere dall’odierno ricorrente, fornendo di tale apprezzamento di fatto – come tale ad essa riservato – congrua e coerente motivazione. Alla quale il ricorrente oppone inammissibilmente: a) la omessa considerazione di una circostanza di fatto (conferimento di mandato del Consiglio al B. per la modifica del progetto di bilancio approvato dall’organo stesso), peraltro non decisiva stante l’incontestato divieto di delega della funzione in questione, in ogni caso senza precisare nè la fonte di prova di tale circostanza, nè se e come essa sia stata utilmente allegata nel giudizio di merito; b) la omessa esclusione di ipotesi di motivazione della revoca alternative alla ritenuta rottura del rapporto fiduciario, ipotesi che come tali non richiedono alcuna specifica considerazione da parte del giudice di merito, il quale soddisfa l’obbligo di motivazione esponendo le ragioni del proprio convincimento.

3. Ne deriva dunque di necessità la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio,che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della controparte costituita delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 7.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Da inoltre atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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