Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7475 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 08/03/2022, (ud. 30/09/2021, dep. 08/03/2022), n.7475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20587-2016 proposto da:

L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18,

presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA BELOTTI, rappresentato e

difeso dagli avvocati ALESSANDRO BALDASSARRE, ERMANNO BALDASSARRE;

– ricorrente principale –

contro

P. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTTAVIANO 66, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA VIEL, rappresentata e difesa darli

avvocati ANDREA MALTONI, ALBERTO MALTONI;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 54/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 04/03/2016 R.G.N. 151/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2021 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L.P. ha adito il giudice del lavoro esponendo che aveva prestato attività lavorativa presso lo studio P. in Bergamo dal 1993 al 2009; che a decorrere dal 1998 il rapporto si era svolto con lo studio commerciale associato P.M. e S. e dall’1/1/1999 con la P. s.r.l.; che aveva svolto dapprima mansioni impiegatizie e poi attività di consulenza, divenuta, poi, sua occupazione esclusiva; che aveva rispettato l’orario di lavoro di 8 ore giornaliere per 5 giorni alla settimana; che l’attività era stata diretta dai fratelli P., i quali si recavano raramente a Bergamo perché impegnati presso lo studio di Cinisello Balsamo, dal quale impartivano istruzioni telefoniche. Chiedeva, pertanto, previo accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, la condanna in solido di P.M. e S. e della P. s.r.l. al pagamento delle differenze retributive e del TFR.

2. Il Tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva di P.S. e M., essendo emerso che sino alla metà del 2001 l’attività era stata prestata in favore di P.F., padre dei convenuti e unico titolare dello studio; accertava la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la P. s.r.l. nel periodo 1 giugno 2001 – 16 novembre 2009 e condannava la società al pagamento della somma di Euro 20.692,77, oltre accessori.

3.La Corte d’appello di Brescia ha respinto l’appello di L. e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, ha ridotto la condanna della P. s.r.l. al pagamento della minor somma di Euro 12.764,90. Ha osservato che le concordi dichiarazioni dei testi escussi consentivano di escludere che il rapporto si fosse svolto sino al giugno 2001 nei confronti di persona diversa da P.F.. Quanto alla censura relativa al trasferimento di azienda tra quest’ultimo e la P. s.r.l., osservava che la stessa sottendeva una domanda inammissibile, perché formulata per la prima volta in appello. Rilevava l’infondatezza della domanda di pagamento del compenso per lavoro straordinario alla luce delle prove escusse. Respingeva la censura relativa alla debenza del TFR, osservando che le somme dovute erano state liquidate sulla base del conteggio prodotto dal lavoratore; riguardo alla domanda di condanna della società alla regolarizzazione del rapporto, rilevava che soggetto attivo della obbligazione contributiva era l’ente assicuratore.

4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione L., affidato a 5 motivi.

5. P. s.r.l. ha resistito proponendo ricorso incidentale condizionato fondato su 5 motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Con il primo motivo di ricorso è dedotto omesso esame di un fatto decisivo per avere la Corte d’appello trascurato l’esame della visura storica della P. s.r.l., da cui risultava sin dal 1998 l’apertura di uno studio in Bergamo.

2.Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., assumendosi che, contrariamente all’affermazione della Corte, la domanda relativa al trasferimento di azienda non integrava domanda nuova, perché il ricorrente si era limitato a semplici deduzioni su elementi di fatto già acquisiti e oggetto di contraddittorio.

3. Con il terzo motivo si deduce, ancora, omesso esame di un punto decisivo per il giudizio con riferimento all’art. 2697 c.c. e agli artt. 115,116 e 432 c.p.c., rilevando che la Corte d’appello non aveva indicato le ragioni che avrebbero indotto il Tribunale a respingere la domanda relativa al lavoro straordinario, argomentando solo per relationem e osservando che il lavoro straordinario era stato provato dall’istruttoria esperita.

4.Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c., osservando che il principio dell’assorbimento non può trovare applicazione per le indennità di fine rapporto.

5. Il ricorrente deduce, infine, motivazione apparente e contraddittoria con riferimento all’art. 2120 c.c., osservando che gli importi liquidati erano relativi al periodo 1/1/2001-31/1/2003, sicché non poteva sostenersi che non era dovuto il tfr per il periodo successivo al 31 12 2003.

6.Il primo motivo di ricorso è inammissibile poiché quello che si assume trascurato (visura storica della P. s.r.l.) è un elemento istruttorio dal quale il ricorrente pretenderebbe trarsi che il rapporto di lavoro si sarebbe svolto con gli attuali convenuti in epoca antecedente a quanto accertato dai giudici del merito. Il mancato esame di tale elemento, tuttavia, non integra, di per sé, il dedotto vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poiché la sentenza, ancorché non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, ha comunque esaminato i fatti attinenti allo svolgimento del rapporto, fondando il giudizio di esclusione della sussistenza del rapporto in capo alla società sulla base di altri elementi istruttori, in particolare sulle dichiarazioni dei testi escussi, ritenute adeguate a sorreggere la decisione (cfr. Cass. n. 28887 del 08/11/2019, Cass. n. 12387 del 24/06/2020).

7.Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stato trascritto né allegato l’atto contenente la domanda in discussione, sì da poterne verificare il carattere di novità che viene contestato.

8.Il terzo motivo è inammissibile per genericità. Premesso che è consentita la motivazione per relationem ove faccia comprendere le ragioni della decisione (si veda Cass. n. 20883 del 05/08/2019: “La sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che, nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti da illegittime sospensioni di un contratto di appalto, con riguardo alla relativa liquidazione, ha richiamato la sentenza di primo grado affermando di condividerla integralmente ed esplicitandone puntualmente le ragioni)”, va rilevato che nel caso in esame la Corte territoriale risulta aver riportato in sintesi l’iter argomentativo della decisione di primo grado e la censura non indica le ragioni in forza delle quali la motivazione per relationem sarebbe inidonea a consentire la comprensione delle ragioni della decisione.

9. Gli ultimi due motivi sono inammissibili, in difetto delle allegazioni (prima tra tutte quella relativa ai conteggi prodotti dal ricorrente di cui la Corte territoriale ha affermato di aver tenuto conto) atte a dimostrare, secondo il criterio di autosufficienza, le affermazioni contestate.

10. In base alle svolte argomentazioni il ricorso principale va dichiarato inammissibile, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

11. Le spese sono liquidate secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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