Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 747 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. III, 14/01/2011, (ud. 18/11/2010, dep. 14/01/2011), n.747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS)

(OMISSIS), in persona dell’Amministratore Prof. G.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA, P. LE CLODIO 14, presso lo studio

dell’avvocato GRAZIANI ANDREA, rappresentato e difeso dall’avvocato

RENZULLI MAURIZIO giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

F.S., E.A., R.A., C.

D., F.A., SOC. RISANAMENTO S.P.A. (OMISSIS), SOC.

PONTI STRADE S.P.A. (OMISSIS), G.L., B.

G., I.S., G.R., M.M.P.,

T.D., V.G., M.V.,

I.L.;

– intimati –

sul ricorso 11056-2006 proposto da:

PONTISTRADE S.P.A., in persona dell’Amministratore Unico Arch.

F.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.B. DE

ROSSI 30, presso lo studio dell’avvocato FEROLA RAFFAELE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE LUCA FRANCESCO

giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti –

contro

M.V., B.G., E.A., R.

A., C.D., V.G., RISANAMENTO S.P.A.,

T.D., CONDOMINIO

(OMISSIS), G.L., F.S., I.

L., I.S., G.R., M.M.P.,

F.A.;

– intimati –

sul ricorso 11486-2006 proposto da:

RISANAMENTO S.P.A., in persona del Presidente Amministratore

Delegato, Cav. Z.L., elettivamente domiciliata in ROMA, V.

A. BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato CALDORO MARIA

FRANCESCA, rappresentato e difeso dall’avvocato DE MAIO CARLO giusta

procura speciale del Dott. Notaio STEFANO ZANARDI in MILANO del

18/10/2010, REP. N. 62611;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS),

F.S., B.G., V.G., R.

A., PONTI STRADE S.P.A., E.A., T.

D., I.S., M.M.P., G.L.,

G.R., I.L., F.A., C.

D., M.V.;

– Intimati –

avverso la sentenza n. 253/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 10/11/2004, depositata il

01/02/2005 R.G.N. 3636/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2010 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato COLUCCI ANGELO (per delega dell’Avv. RENZULLI

MAURIZIO);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso con il rigetto del ricorso principale

assorbito incidentale condizionato, rigetto incidentale.

Fatto

IN FATTO

G.L. e numerosi altri condomini del parco (OMISSIS), nell’evocare in giudizio dinanzi al tribunale di Napoli la s.p.a.

Risanamento – sulla premessa di aver acquistato dalla societa’ convenuta numerose unita’ immobiliari che avevano presentato, nel tempo, rilevanti difetti, di aver ripetutamente denunciato i fatti, di essersi vista riconoscere dalla convenuta tutto quanto lamentato, con contestuale impegno (rimasto, peraltro, senza esito) di interessare l’impresa D.L. (in qualita’ di costruttore del parco) per le necessarie riparazioni -, ne chiese la condanna all’eliminazione dei vizi e dei difetti degli immobili da essa alienati.

La societa’ convenuta, eccepita in limine litis l’intervenuta prescrizione del diritto degli attori alla garanzia, ex art. 2945 c.c., evoco’ in giudizio l’impresa appaltatrice dei lavori.

All’esito dell’intervento in causa di altri condomini e dello stesso condominio, il giudice di primo grado, nell’accogliere la domanda, ordino’ alla Risanamento s.p.a. l’eliminazione di tutti i vizi, ponendo a suo carico le relative spese nella misura dell’80%.

La domanda di garanzia proposta dalla convenuta nei confronti della D.L. costruzioni (nelle more trasformatasi in Pontistrade s.p.a.) venne di converso rigettata.

La sentenza fu impugnata dalla Risanamento s.p.a. dinanzi alla corte di appello di Napoli, la quale, nell’accoglierne il gravame – e nel rigettare l’appello incidentale.

Il proposto dai condomini costituiti in prime cure e dal condominio – osservo’, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimita’:

1) che la questione della decadenza sollevata in prime cure era stata correttamente risolta dal primo giudice – nel senso di escluderla – poiche’ il venditore aveva riconosciuto l’esistenza dei vizi lamentati, onde la relativa denuncia doveva ritenersi addirittura non necessaria, in applicazione del generale principio di cui all’art. 2966 c.c.;

2) che, avendo il venditore riconosciuto, nella specie, non soltanto l’esistenza del vizio, ma anche il diritto del compratore alla garanzia, la prescrizione di tale diritto doveva dirsi interrotta alla data dell’atto ricognitivo;

3) che la prescrizione stessa aveva ricominciato a decorrere, con termine annuale, a partire da tale data;

4) che essa doveva ormai ritenersi definitivamente compiuta, atteso che, tra la data della lettera di denuncia del condominio (7.3.1990) e quella di uno dei condomini (1992), nessun ulteriore atto interruttivo risultava posto in essere dagli aventi diritto, onde l’irredimibile estinzione del diritto alla garanzia all’epoca della introduzione della domanda giudiziale (3.5.1993), per decorso del termine annuale di cui all’art. 1495 c.c. La sentenza della corte territoriale e’ stata impugnata dal condominio (OMISSIS) con ricorso per cassazione sorretto da un unico motivo di gravame. La Risanamento s.p.a. resiste con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato integrato da memoria illustrativa.

Resiste a sua volta con controricorso corredato a sua volta da ricorso incidentale la Ponti strade s.p.a.

Diritto

IN DIRITTO

1. I ricorsi, principale e incidentali, proposti avverso la medesima sentenza, devono essere riuniti.

2. Il ricorso principale e’ fondato, sia pur nei limiti di cui si dira’.

3. Con il primo motivo, e’ denunciata violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1230, 2946 c.c.) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

4. Lamenta il ricorrente un preteso error iuris in cui sarebbe incorsa la corte napoletana per non aver considerato che, da parte della societa’ venditrice, non vi sarebbe stato un semplice riconoscimento dei vizi occulti piu’ volte denunciati dagli acquirenti delle singole unita’ immobiliari, ma anche l’assunzione dell’impegno ad eliminarli. La domanda introdotta con l’originario atto di citazione – si soggiunge – conteneva espressamente la richiesta di condanna alla eliminazione dei vizi e difetti (nonche’ al risarcimento dei danni derivati e derivandi agli appartamenti per l’effetto delle continue infiltrazioni) in funzione dell’obbligazione non solo di garanzia, ma anche di eliminazione dei vizi e difetti denunciati. Di conseguenza – si conclude – la corte di appello partenopea aveva completamente errato nel ritenere prescritto il diritto azionato dagli attori, in quanto lo stesso non era piu’ soggetto alla prescrizione annuale ex art. 1495 c.c., ma a quella ordinaria decennale di cui all’art. 2946, proprio in funzione della diversa obbligazione, avente efficacia novativa di quella di cui all’art. 1490 c.c. (soggetta alla prescrizione breve di cui all’art. 1495 c.c.), assunta dalla controparte – venditrice.

5. La censura e’ meritevole di accoglimento, sia pur in parte qua.

6. Va in limine osservato come, diversamente da quanto opinato dalla societa’ ricorrente, nessuna efficacia novativa puo’ riconoscersi all’assunzione dell’obbligo, da parte del venditore, di eliminare i vizi della cosa alienata dopo averli puntualmente riconosciuti:

chiamate a comporre un (invero soltanto virtuale) contrasto di giurisprudenza in subiecta materia, le sezioni unite di questa corte (Cass. 21.6.2005, n. 13294) hanno, difatti, affermato il principio di diritto secondo cui in tema di compravendita, l’impegno del venditore di eliminare i vizi che rendano il bene inidoneo all’uso cui e’ destinato (ovvero che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore economico) di per se non da vita ad una nuova obbligazione estintiva – sostitutiva (novazione oggettiva: art. 1230 cod. civ.) dell’originaria obbligazione di garanzia (art. 1490 cod. civ.), ma consente al compratore di non soggiacere ai termini di decadenza ed alle condizioni di cui all’art. 1495 cod. civ. ai fini dell’esercizio delle azioni (risoluzione del contratto o riduzione del prezzo) previste in suo favore (art. 1492 cod. civ.),sostanziandosi tale impegno in un riconoscimento del debito, interruttivo della prescrizione (art. 2944 cod. civ.); infatti, solo in presenza di un accordo delle parti (espresso o “per facta concludentia”), il cui accertamento e’ riservato al giudice di merito, inteso ad estinguere l’originaria obbligazione di garanzia e a sostituirla con una nuova per oggetto o titolo, l’impegno del venditore di eliminare i vizi da luogo ad una novazione oggettiva.

7. Non puo’ non rilevarsi, peraltro, come il suddetto principio, si’ come predicato dalle sezioni unite di questa corte, abbia espresso riguardo all’esercizio delle azioni edilizie (actio redibitoria, actio quanti minoris: nella specie, difatti, la ricorrente, nel dedurre l’esistenza di vizi che rendevano la merce acquistata inidonea all’uso, e nel lamentare che detti vizi non erano stati punto eliminati dall’intervento di riparazione offerto e inutilmente eseguito dalla societa’ venditrice, aveva richiesto la risoluzione del contratto di vendita o la riduzione del prezzo), e serbi un inevitabile silenzio quanto alla diversa ipotesi – quale quella di cui e’ oggi chiamato ad occuparsi il collegio – del compratore che non abbia ritenuto di esercitare ne’ il diritto alla risoluzione, ne’ alla riduzione del prezzo, ma si sia determinato ad agire per l’esatto adempimento dell’obbligo di garanzia (riparazione – sostituzione) della res (riconosciuta come) difettosa, cosi’ come assunto spontaneamente dal compratore.

8. Il collegio e’ pertanto oggi chiamato a stabilire se alla “azione di garanzia” che “si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna”, intesa (anche) come azione di esatto adempimento dell’obbligo sostitutivo – riparatorio – pur morfologicamente disomogenea rispetto alle azioni edilizie cui si riferiscono, di converso, le sezioni unite di questa corte con la sentenza 13294 del 2005 -, possa ritenersi, o meno, applicabile, il principio, predicato dalle stesse sezioni unite, della esclusione di qualsivoglia effetto novativo rispetto all’obbligazione originaria.

9. Va in premessa osservato come la legittimita’ di un’azione siffatta (pur non espressamente prevista dalle norme di cui agli artt. 1490 ss. c.c.) non pare seriamente revocabile in dubbio, onde riconoscere al (insoddisfatto) compratore la facolta’ (gia’ affermata, peraltro, in alcune pronunce di questa S.C. in tema di contratto preliminare, nonche’ in alcuni spunti di dottrina) di esperire, oltre alle azioni edilizie, anche l’azione di esatto adempimento, azione che trova cittadinanza (processuale) all’esito di una interpretazione estensiva (sostanziale) del combinato disposto degli artt. 1453 (“il contraente…puo’ a sua scelta chiedere l’adempimento”), 2058 (“il danneggiato puo’ chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile”) 1181 c.c. (“il creditore puo’ rifiutare un adempimento parziale”): difatti, se un adempimento parziale ma esatto (addirittura una datio avente ad oggetto cose divisibili) puo’ essere legittimamente rifiutato dal creditore (cui viene per ovvia conseguenza riconosciuto il diritto a pretendere un adempimento totale), non si vede perche’, a piu’ forte ragione, un adempimento totale ma inesatto non debba trasmutare, su precisa quanto lecita domanda del creditore medesimo (ovviamente, tutte le volte che cio’ sia in concreto possibile) in adempimento totalmente esatto, proprio perche’ le stesse disposizioni del codice civile consentono, in via generale, l’esperibilita’ dell’azione di adempimento (qualora il debitore sia inerte), precisando peraltro, sia pur implicitamente attraverso la norma sull’adempimento parziale, che cio’ che rileva, della vicenda obbligatoria, e’ proprio e soltanto l’integrale e completo soddisfacimento dell’interesse del creditore si’ come esso appare sotteso al rapporto (e come indirettamente confermato dalla facolta’ ex art. 2058 di chiedere l’adempimento in forma specifica (in applicazione analogica di una norma detta per la responsabilita’ aquiliana, ma pacificamente ritenuta, dalla giurisprudenza di questa corte – sia pur nel non unanime consenso dottrinario -, estensibile alla responsabilita’ contrattuale). E se tale interesse viene, iuris et de iure, predicato come insoddisfatto da un adempimento parziale (ma esatto) non si vede perche’, a piu’ forte ragione, esso non debba ritenersi ancora tale a fronte di un adempimento totalmente inesatto (tale da rendere addirittura la cosa “inidonea all’uso” – e dunque perfettamente inutile – ovvero da tale “diminuirne in modo apprezzabile il valore” – cosi’ arrecando un considerevole vulnus al suo patrimonio). Pertanto: a) La richiesta di sostituzione del bene (se fungibile) da parte del creditore deve ritenersi del tutto legittima, senza che al venditore sia lecito opporre un rifiuto; b) L’offerta sostitutiva da parte del venditore deve, a sua volta, ritenersi specularmente legittima, senza che, conseguentemente, al compratore possa consentirsi di opporre un valido rifiuto, poiche’, nella fase esecutiva del rapporto di scambio, l’operativita’ della garanzia edilizia non risulta ancora “attiva”, e poiche’ tale rifiuto urterebbe contro il generale principio di comportamento secondo buona fede in seno al rapporto obbligatorio; e) La proposta del venditore (a fronte della richiesta di sostituzione del compratore) di provvedere alle riparazioni onde rendere, come nel caso di specie, la cosa perfettamente funzionante, risultera’, a sua volta, del tutto legittima, giusta il piu’ generale principio, espressamente codificato in tema di servitu’, ma non illegittimamente esportabile in sede contrattuale, che predica la compatibilita’ tra il soddisfacimento integrale dell’interesse del creditore e il minor aggravio possibile per il debitore adempiente (arg. anche ex art. 1175 c.c. in tema di corretto comportamento del creditore), d) La pretesa di riparazione da parte del debitore non potrebbe, per converso, ritenersi ammissibile senza un esplicito consenso, preventivo o successivo, della controparte, proprio perche’ l’originaria obbligazione di dare non puo’ ipso facto trasmutare in una prestazione di fare invito debitore. In questo caso, all’esito di un negativo interpello (anche informale) rivolto al venditore, la fase attuativa dell’obbligo di consegna potra’ dirsi esaurita, e il procedimento di garanzia per vizi proseguira’ con la proposizione, a scelta del compratore, di una delle azioni edilizie riconosciutegli come conseguenza dell’inesatto adempimento della controparte.

10. La risposta alla questione che si pone oggi al collegio (supra, sub 6) postula una (sia pur breve e incompleta) ricognizione dell’istituto della garanzia per vizi della cosa.

11. Come la stessa sentenza delle sezioni unite rammenta nell’incipit della sua motivazione, l’art. 1476 c.c.. stabilisce che le obbligazioni principali del venditore sono: 1) quella di consegnare la cosa al compratore; 2) quella di fargli acquistare la proprieta’ della cosa o il diritto, se l’acquisto non e’ effetto immediato del contratto; 3) quella di garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa. Quest’ultima disposizione trova poi una ulteriore e puntuale specificazione nel successivo art. 1490, che contiene la disciplina strutturale della garanzia per vizi: il venditore e’ tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui e’ destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.

12. Gli aspetti funzionali di quello che (forse non infondatamente) andrebbe definito il “procedimento” di garanzia, vengono ulteriormente regolamentati dall’art. 1492, secondo il quale nei casi indicati dall’art. 1490 il compratore puo’ domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione. La norma di “chiusura” della fattispecie, l’art. 1494, dispone, ancora, che “in ogni caso il venditore e’ tenuto verso il compratore al risarcimento del danno se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa”. I termini decadenziali e prescrizionali (otto giorni – un anno) delle azioni edilizie sono a loro volta fissati dall’art. 1495.

Il quesito centrale, ai fini che qui ci occupano, risulta quello se la garanzia ex art. 1490 c.c. costituisca realmente oggetto di un’autonoma obbligazione del venditore (cui poter sostituirne altra, nuova ed autonoma, la cui fonte scaturisce dall’impegno del venditore ad eliminare i vizi della cosa), cosi’ come la stessa legge sembrerebbe intendere con il sintagma: “obbligazioni principali del venditore”: e’ noto, peraltro, come sia stata costantemente evidenziata, in dottrina, l’assenza di una reale portata precettiva della norma ex art. 1476 c.c., n. 3 (mentre la questione del fondamento e del contenuto delle garanzie immanenti alla emptio venditio si manifesta, fin dai tempi dello ius civile novum, come tema tra i piu’ dibattuti dell’intero diritto dei contratti, tanto che l’intentio legis della codificazione del 1942 e’ risultata, in realta’, tutt’altro che chiarificatoria, anche se puo’ dirsi consolidato il principio dell’insussistenza di un “obbligo” di garantire, atteso che il venditore si trova, in realta’, in una situazione di vera e propria soggezione). Pur essendo stati natura e struttura della garanzia per vizi in passato estrapolati dall’alveo della responsabilita’ da inadempimento, in senso contrario si e’ condivisibilmente osservato che la natura contrattuale della responsabilita’ per vizi e’ testimoniata dalla distinzione tra stato di fatto della cosa e doverosita’ del risultato contrattuale, cosi’ che l’impegno violato “si traduce in termini di obbligazione inadempiuta”, sottolineandosi, nel contempo, l’erroneita’ dell’assunto che la tutela del compratore “risponda all’esercizio di qualche speciale diritto”, poiche’ il compratore stesso altro non fa se non avvalersi della “normale” tutela contrattuale a lui riservata.

In realta’, i rimedi spettanti al compratore, tradizionalmente indicati come “azioni”, rilevano pur sempre (e ancor prima) sotto il profilo del loro contenuto sostanziale, evocando, appunto, la fattispecie del diritto potestativo come speculum della soggezione del venditore, sia sotto il profilo della facolta’ spettante all’avente diritto di incidere direttamente ed immediatamente nella sfera giuridica della controparte senza che questi possa opporre alcunche’, sia sotto quello dell’insindacabilita’ della scelta tra i rimedi riconosciutigli dal dettato normativo. Un dato certo pare, comunque, predicabile: nelle garanzie edilizie si rinvengono cospicue quanto inequivoche “tracce” di responsabilita’ per inadempimento, intesa come inesatta esecuzione (piuttosto che come inesecuzione tout court) del contratto traslativo. Si e’ gia’ sottolineato come, alla luce del dictum delle sezioni unite di questa corte regolatrice, qualsivoglia effetto novativo sia da escludere con riferimento all’assunzione dell’obbligo riparatorio – restitutorio assunto dal venditore, avuto riguardo all’esercizio delle successive azioni edilizie (pur se la dottrina prevalente, opinando che l’obbligazione del venditore abbia pur sempre ad oggetto un “dare”, ha ricostruito a piu’ riprese la promessa del venditore di riparare o di sostituire la cosa in termini di nuova obbligazione – con conseguente effetto novativo dell’originario dovere di garanzia, non rientrando tale attivita’ di facere nel contenuto tipico ed originario della garanzia stessa -, assoggettata, come tale, alla ordinaria prescrizione decennale delle obbligazioni contrattuali e del tutto svincolata dall’onere di denuncia gravante sul compratore).

Resta da accertare se l’impegno di riparare o sostituire la cosa superi, in conseguenza del sorgere dell’obbligazione che ne scaturisce, il regime stesso della garanzia volta che il compratore si sia determinato ad esercitare non l’azione redibitoria o estimatoria, bensi’ quella di esatto adempimento:

dipanandosi l’obbligo fondamentale del venditore secondo le forme attuative del dare, quegli non potrebbe essere costretto (per via giudiziaria) ad un facere consistente nella (richiesta di) eliminazione dei vizi esistenti: di qui l’ipotesi di un negozio “altro”, autonomo dalla compravendita, fondato sulla (novella) volonta’ mostrata dalle parti (l’impegno del venditore ad eliminare i vizi – l’accettazione da parte del compratore di tale impegno) di estinguere la precedente obbligazione di garanzia, trasfusa, pertanto, in un nuovo, autonomo obbligo consistente nella eliminazione dei vizi cosi’ come richiesto dalla controparte che abbia preferito l’azione di esatto adempimento alle azioni edilizie.

Anche in tal caso, peraltro, di novazione non sembra legittimo discorrere, alla luce della qualificazione dell’impegno del venditore in termini di attuazione della precedente obbligazione, onde realizzarne il risultato economico – non ancora conseguito – che il compratore si prefigurava di ottenere dalla compravendita: non pare condurre a soluzione diversa, difatti, il principio (affermato dalle sezioni unite di questa corte) che iscrive tout court l’impegno sostitutivo – riparatorio assunto dal venditore entro l’orbita del (momento funzionale del) rapporto obbligatorio, destinato fisiologicamente a dipanarsi secondo regole e modalita’ attuative di cui all’art. 1176 (diligenza nell’adempimento) e 1178 (obbligazione di datio di cosa generica, che deve essere prestata in “qualita’ non inferiore alla media”), senza dimenticare, va ripetuto, e nella misura in cui il principio risulta utilizzabile in parte qua, il disposto normativo dettato in tema di adempimento parziale, sempre legittimamente rifiutabile dal creditore (art. 181), e il gia’ richiamato art. 2058 c.c. (adempimento in forma specifica).

In realta’, sul piano (logico ed) effettuale, gli articoli 1476 e 1490 da una parte, l’art. 1492 dall’altra sembrano permeati da una sorta di cesura temporale, sottendendo uno “spazio” giuridico (cronologicamente) “vuoto”, che il legislatore, consapevole o meno, ha comunque omesso di riempire con una norma che disciplinasse espressamente l’ipotesi di sostituzione/riparazione della cosa difettosa da parte del venditore. Ma, a prescindere da qualsivoglia ipotesi sul significato di tale omissione normativa, pare potersi non seriamente dubitare che, adempiuta “non esattamente” la propria prestazione, gli stessi principi generali dettati in tema di inesatto adempimento consentono di ritenere non ancora esaurito il momento funzionale del rapporto (attuativo dell’obbligo di prestazione) da parte del venditore.

Appare, cosi’, sempre meno revocabile in dubbio che la garanzia per vizi della cosa vada ricostruita in termini non gia’ di vicenda normativa “puntuale” e automatica (difetto della cosa / azione redibitoria o quanti minoris, salvo risarcimento danni se dovuto), bensi’ in guisa di un (ben piu’ complesso) “procedimento” intersoggettivo, caratterizzato da un suo momento genetico (la stipula della convenzione negoziale di compravendita), da un suo (eventuale) momento attuativo/correttivo (l’offerta/richiesta sostitutivo/riparatoria), da un suo momento “processuale attuativo/risarcitorio/caducatorio (richiesta di esatto rimedio esperito dal compratore, peraltro, l’attivita’ (la prestazione di adempimento/riduzione del prezzo/risoluzione “speciale”). Qual che sia il rimedio esperito dal compratore, peraltro, l’attivita’ (la prestazione di) sostituzione/riparazione del bene rientra, va ripetuto, nella fase dell’attuazione del rapporto obbligatorio, ed e’ per questo che, di essa, deve necessariamente predicarsi l’assoluta eterogeneita’ non soltanto con le successive fasi “edilizie” della redibitoria e dell’actio quanti minoris, ma con la stessa azione di esatto adempimento, con cio’ escludendosi, definitivamente (e in consonanza “estensiva” con la soluzione adottata dalle sezioni unite), ogni aspetto “novativo” delle relative obbligazioni.

13. Deve pertanto ritenersi impredicabile, contrariamente a quanto opinato dal ricorrente condominio, qualsivoglia effetto novativo dell’originaria obbligazione di garanzia con riferimento all’impegno assunto dalla societa’ venditrice di eliminare i vizi denunciati e all’azione di esatto adempimento successivamente esperita dal condominio stesso.

14. Diversa questione, al di la’ e a prescindere dalla (insussistenza dell’) effetto novativo de quo, risulta, di converso, quella del termine di prescrizione nella specie applicabile: se, cioe’, il diritto azionato dagli originari attori fosse a dirsi soggetto alla prescrizione annuale prevista dall’ari. 1495 c.c., ovvero (come ancor oggi sostenuto in ricorso) a quella ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c..

15. Esula, invece, dai compiti del collegio, perche’ non sollevata nemmeno in via implicita dal ricorrente condominio, la diversa (e ben piu’ complessa) questione dell’applicabilita’, in via estensiva, della disciplina interruttivo/sospensiva della prescrizione (di cui al combinato disposto dell’art. 2943 c.c., commi 1 2 e 3 e art. 2945 c.c. comma 2 con riferimento all’atto introduttivo del giudizio) all’ipotesi di riconoscimento del vizio e di offerta di riparazione/sostituzione: se, cioe’, anche con riferimento al periodo intercorrente tra il riconoscimento “operoso” e la definitiva attuazione dell’obbligo di garanzia (o la sua definitiva, mancata attuazione, id est il raggiungimento del ragionevole ed inequivoco convincimento della inattuabilita’/inattuazione dell’obbligo assunto dal venditore) possa legittimamente discorrersi (come sembrerebbe corretto al collegio, e come la stessa sentenza delle sezioni unite piu’ volte citata sembrerebbe implicitamente ammettere, al punto 15.4 della motivazione, senza che la questione possa, peraltro, formare oggetto di ulteriore approfondimento in questa sede) non soltanto di interruzione istantanea, bensi’ di interruzione/sospensione (ovvero di interruzione permanente) del corso della prescrizione, in applicazione analogica del combinato disposto delle richiamate norme ex art. 2943, 2945 c.c..

16. Con riguardo alla quaestio iuris posta oggi a questa corte regolatrice – quella, cioe’, dell’esatta individuazione del termine di prescrizione (breve, ex art. 1495 c.c., ovvero ordinario ex art. 2946) nella specie applicabile – deve preliminarmente osservarsi come (al di la’ delle non particolarmente cristalline indicazioni che scaturiscono dalla massima estratta dalla sentenza delle sezioni unite – predicativa, come detto, dell’esclusione tout court di ogni effetto novativo del diritto alla garanzia) una attenta lettura della pronuncia, e in particolare dei punti 15.3 e 15.4 della motivazione, parrebbe condurre all’inevitabile approdo dell’applicabilita’ del regime di prescrizione ordinaria, alla luce del principio secondo cui l’assunzione da parte del venditore dell’obbligo di eliminazione dei vizi, speculare rispetto al diritto del compratore alla eliminazione stessa, e’ sottratto ai limiti di cui all’art. 1495 c.c.: limiti, si badi, sia decadenziali che prescrizionali.

17. Si legge testualmente nella sentenza delle sezioni unite di questa corte, difatti, che “in realta’ l’impegno del venditore non rappresenta un quid novi con effetto estintivo/modificativo della garanzia, ma semplicemente un quid pluris che serve ad ampliarne le modalita’ di attuazione, nel senso di consentire al compratore di essere svincolato dalle condizioni e dai termini di cui all’art. 1495 c.c. particolarmente brevi, come la prescrizione annuale, rispetto a quella decennale. Si tratta” soggiunge ancora l’estensore della sentenza “di assegnare un significato, ai fini dell’esercizio delle azioni edilizie e del relativo termine prescrizionale, alla circostanza che fra le parti e’ in corso, per l’impegno assunto dal venditore, un tentativo di far ottenere al compratore il risultato che egli aveva il diritto di conseguire fin dalla conclusione del contratto di compravendita. E altro significato non puo’ esservi che quello di svincolare il compratore dai termini e condizioni per l’ercizio delle azioni edilizie, atteso che queste non vengono da lui esercitate in pendenza degli interventi del venditore finalizzati all’eliminazione dei vizi redibitori, al fine di evitare di frapporre ostacoli, secondo la regola della correttezza (art. 1175 c.c., alla realizzazione della prestazione cui il venditore e’ tenuto”.

18. Una piana lettura del testo della sentenza in parte qua non sembra consentire, pertanto, soluzione diversa da quella – legittimamente auspicata da parte ricorrente, sia pur sull’erroneo presupposto di un impredicabile effetto novativo conseguente all’assunzione dell’obbligo di riparazione da parte del venditore – che esclude la perdurante operativita’ dei limiti (decadenziali e) prescrizionali stabiliti, in via eccezionalmente derogativa, dall’art 1495 c.c. per tutte le azioni “di garanzia”, e dunque, tanto per le azioni edilizie che per quella di esatto adempimento.

19. a soluzione trova ulteriore conforto teorico ove si ritenesse di aderire al dictum di una recente, assai autorevole dottrina, secondo la quale “le norme di cui agli artt. 1442, 1449 c.c., all’art. 1495 c.c., comma 3 (tutte redatte prima e senza sintonia con le disposizioni “di chiusura” del libro 6^ sulla nuova figura della decadenza) sono ritenute a torto predicative di fattispecie prescrizionali, mentre le azioni ivi disciplinate ed i relativi termini andrebbe piu’ correttamente ricondotte a vicende di decadenza dagli effetti utili conseguibili, attesane la natura tipicamente costitutiva”. In particolare, quanto all’azione ex art. 1495 c.c., comma 3, la medesima dottrina, altrettanto pensosamente ed autorevolmente, precisa che il legislatore, “pur definendo di prescrizione il relativo termine, prevedendo che essa debba essere promossa entro un anno dalla consegna” meglio avrebbe fatto a considerare “che la ratio sottesale sia quella di evitare di lasciare nel tempo indefinita la possibilita’, attribuita al compratore, di porre nel nulla il contratto oppure di modificarne l’elemento prezzo.

Per tale motivo il termine di un anno e’ da considerarsi in realta’ un termine di decadenza – istituto che consuma un potere di modificazione di un rapporto giuridico o di un’azione costitutiva – e non di prescrizione, con la conseguenza che non sara’ ammessa ne’ l’interruzione del termine in caso di successiva estinzione del processo, ne’ la mera interruzione stragiudiziale ex art. 2943 c.c.”.

Vere tali (e in realta’ non irragionevoli) premesse, e trasposte le relative argomentazioni, mutatis mutandis, all’azione di esatto adempimento, appare ancor piu’ evidente come il riconoscimento “operoso” del venditore sia idoneo ad esaurire definitivamente, sul piano funzionale, una fase del rapporto inter partes, ivi comprese le limitazioni temporali, affatto eccezionali, connesse con le esigenze di stabilita’ negoziale opportunamente segnalate dalla predetta dottrina, onde la sostituzione, a quegli originari termini iugulatori, dell’ordinaria regula iuris della prescrizione ordinaria, una volta emersa, in via definitiva e con l’accordo delle parti, la nuova e reale giustapposizione di diritti e obblighi (alla riparazione/sostituzione) del compratore e del venditore.

20. Il ricorso principale e’, pertanto, accolto entro i limiti dianzi descritti (in tale accoglimento dovendosi ritenere assorbito il ricorso incidentale della Pontistrade s.p.a., avente ad oggetto una tematica afferente in via esclusiva alle spese processuali).

21. Va parimenti accolto il ricorso condizionato della Risanamento s.p.a., che legittimamente lamenta oggi la omissione di pronuncia, da parte del giudice di appello, in ordine alla doglianza (in quella sede tempestivamente sollevata e illustrata) relativa al rigetto della domanda di garanzia svolta in primo grado nei confronti dell’appaltatore.

22. Tutte le ulteriori questioni sollevate da entrambi i controricorrenti in ordine alla qualificazione ed alla portata contenutistica delle dichiarazioni (di scienza e/o negoziali) provenienti dalle parti, attenendo a questioni di mero fatto, ed essendo state oggetto, tutte, di corretta e condivisibile ricostruzione, esente da vizi logico – giuridici, da parte della corte territoriale, non possono trovare ingresso in questa sede.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale e quello incidentale condizionato della s.p.a. Risanamento, dichiara assorbito il ricorso incidentale Pontistrada s.p.a., cassa e rinvia, anche per le spese, alla corte di appello di Napoli in altra composizione.

Cosi’ deciso in Roma, il 18 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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