Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 747 del 13/01/2017
Cassazione civile, sez. trib., 13/01/2017, (ud. 16/12/2016, dep.13/01/2017), n. 747
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 13605/13 proposto da:
M.A. e A.F. – in proprio e quali
legali rappresentanti di Gecap Società semplice – elettivamente
domiciliati in Roma, Viale G. Mazzini n. 6, presso lo Studio
dell’Avv. Fabrizio Lofoco, che li rappresenta e difende, giusta
delega in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, rappresentante pro tempore,in persona del
legale elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 189/01/12 della Commissione Tributaria
Regionale della Puglia, depositata il 20 novembre 2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16
dicembre 2016 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;
udito l’Avv. Fabrizio Lofoco, per i ricorrenti;
udito l’Avv. dello Stato Pasquale Pucciariello, per la
controricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
1. A seguito di Cass. n. 21775 del 2007 – che tra l’altro aveva dichiarato inammissibile la produzione di un giudicato favorevole ad altri coobbligati e che Gecap Società semplice e i suoi soci M.A. e A.F. intendevano opporre ai sensi dell’art. 1306 c.c., comma 2, – diveniva definitiva la sentenza n. 110/06/05 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia che aveva respinto il ricorso promosso dai contribuenti contro l’avviso di rettifica di valore e liquidazione di maggiore INVIM in relazione alla vendita di un capannone.
2. Con l’impugnata sentenza n. 189/01/12 depositata il 20 novembre 2012 la Commissione Tributaria Regionale della Puglia dichiarava preliminarmente inammissibile e comunque “infondato” il ricorso per revocazione proposto contro la decisione n. 110/06/05 cit., lamentando che quest’ultima non aveva tenuto conto del ridetto giudicato esterno favorevole ai coobbligati solidali che Gecap Società semplice e i suoi soci M.A. e A.F. avevano come ricordato già cercato di produrre e opporre in cassazione ai sensi dell’art. 1306 c.p.c., comma 2.
3. Per quanto di stretto interesse la CTR dichiarava preliminarmente inammissibile il ricorso perchè riteneva che il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 64, comma 1, applicabile ratione temporis non permettesse di chiedere la revocazione di sentenze “involgenti accertamenti di fatto” già impugnate con mezzi ordinari ecc.
4. I contribuenti proponevano ricorso per cassazione affidato a quattro complessi motivi, anche illustrati da memoria, a cui l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
Diritto
1. Con il primo articolato motivo di ricorso – rubricato “Violazione art. 360, nn. 3 e 5; Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omessa motivazione circa i fatti di causa” – i contribuenti deducevano innanzitutto che la CTR avrebbe dovuto ammettere la revocazione della decisione n. 110/06/05 cit. atteso che soltanto dopo la pronuncia di quest’ultima avevano potuto conoscere il giudicato esterno favorevole ai coobbligati solidali e che i ridetti contribuenti intendevano ora opporre ai sensi dell’art. 1306 c.p.c., comma 2 ecc.
Il motivo in questa sua prima parte in cui si denuncia e illustra la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la CTR nel dichiarare inammissibile la revocazione – anche a lasciar perdere la inammissibilità conseguente all’aver denunciato in modo cumulativamente indistinto due vizi tra di loro elidenti lasciando alla corte di stabilire in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 quale sia la più idonea censura (Cass. sez. 1 n. 21611 del 2013; Cass. sez. lav, n. 9470 del 2008) – è comunque infondato in ragione della consolidata giurisprudenza della corte secondo cui il D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 64 e ss. cit. applicabili ratione temporis contengono una disciplina speciale che come ha correttamente rilevato la CTR non consente la revocazione di sentenze tributarie che come la presente “involgono” un accertamento di fatto costituito dal valore del capannone ai fini INVIM quando le stesse siano state impugnate con mezzi ordinari come per es. il ricorso per cassazione (Cass. sez. 6 trib. n. 13026 del 2012; Cass. sez. trib. n. 5827 del 2011).
2. Rimangono con ciò assorbiti – causa il carattere preliminare della pronuncia di inammissibilità del ricorso per revocazione – tutte le altre doglianze.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna i contribuenti in solido tra loro a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 7.000,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; dandosi atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei contribuenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del ridetto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017