Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7468 del 19/03/2020

Cassazione civile sez. I, 19/03/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 19/03/2020), n.7468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2451/2015 proposto da:

Ministero Economia Finanze in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege;

– ricorrente –

contro

B.W., elettivamente domiciliato in Roma, Via Felice Bernabei

5, presso lo studio dell’avvocato Cesidio Gualtieri che lo

rappresenta e difende, in forza di procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1182/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 18/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/01/2020 dal Consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 2/2/2011 il Tribunale di L’Aquila ha accolto parzialmente la domanda di B.W. accordandogli un indennizzo di Euro 2.093.382,55 per le perdite finanziarie subite per effetto dei saccheggiamenti e danneggiamenti verificatisi nello Zaire negli anni 1960-1962, in seguito alla proclamazione dell’indipendenza dal Belgio, della costituzione dello Stato dello Zaire e della nazionalizzazione di tutti i suoi beni, mobili e immobili esistenti in quel Paese; la somma indicata era corrispondente alla differenza fra l’indennizzo determinato in giudizio e quello liquidato con Delib. ministeriale 27 ottobre 1998; la sentenza ha accordato a B.W. anche gli interessi legali dalla domanda giudiziale al 15/9/2009, pari a Euro 542,100,01. Il tutto con favore di spese per il B..

2. Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello il Ministero dell’Economia e delle Finanze, a cui ha resistito l’appellato B., proponendo altresì appello incidentale.

La Corte di appello di l’Aquila con sentenza del 12/11/2014 ha respinto il gravame principale e ha accolto parzialmente quello incidentale, disponendo la decorrenza degli interessi dalla data del 21/2/1989, con favore di spese per il B..

3. Avverso la predetta sentenza, notificata in data 3/12/2014, con atto notificato il 15/1/2015 ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze svolgendo due motivi.

Con atto notificato il 19/2/2015 ha proposto controricorso B.W., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I due connessi motivi di ricorsi possono essere esaminati congiuntamente.

1.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il Ministero ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. 26 gennaio 1980, n. 16, art. 5 come modificato dalla L. 5 aprile 1985, n. 135, art. 4 agli artt. 1282,1219 e 1224 c.c..

Il Ministero sostiene che solo con la liquidazione in sede amministrativa dell’indennizzo, che, beninteso, non costituisce un risarcimento, l’obbligazione a carico dell’Amministrazione diviene liquida, certa ed esigibile, ammettendosi quindi produzione di interessi solo dalla data della domanda giudiziale.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e all’art. 1219 c.c..

L’Amministrazione ricorrente lamenta inoltre che non fosse dato comprendere dalla sentenza impugnata per quali ragioni la richiesta di revisione della stima del 21/2/1989 fosse stata ritenuta integrare i requisiti di un atto di messa in mora.

1.3. Le censure sono fondate.

Secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte la L. 26 gennaio 1980, n. 16, art. 5, comma 4, come sostituito dalla L. 5 aprile 1985, n. 135, art. 4, prevede, per le perdite di beni avvenute posteriormente al 1/1/1950, l’effettuazione delle valutazioni sulla base dei prezzi di comune commercio, correnti sul mercato ove le perdite si sono verificate e nel momento in cui furono adottati dalle autorità straniere i primi provvedimenti limitativi o impeditivi della proprietà, o comunque nel momento in cui si era di fatto verificato lo spossessamento, moltiplicati per un coefficiente di rivalutazione 1,90.

L’indennizzo concesso dalla L. 26 gennaio 1980, n. 16, per beni perduti all’estero in territori già soggetti alla sovranità italiana non ha natura risarcitoria, bensì indennitaria, rappresenta il frutto di una volontaria assunzione di impegno per ragioni politiche e solidaristiche e configura, pertanto, un debito di valuta, e non di valore, che, come tale, non comporta l’applicabilità della rivalutazione monetaria. Nè, in senso contrario, assume rilievo la previsione di un meccanismo di adeguamento attraverso un coefficiente di rivalutazione, che assolve al diverso obbiettivo di risarcire il danno da ritardato adempimento, sia per la parte ragguagliata agli interessi moratori maturati alla stessa data, sia per l’eventuale maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2, (Sez. 1, n. 10793 del 16/05/2014, Rv. 631414 – 01).

Gli ulteriori interessi legali devono farsi decorrere sulla sola somma determinata nel provvedimento giudiziale di assegnazione definitiva di tale indennizzo, comprensiva anche dell’indicato coefficiente e degli interessi stessi come già conteggiati, con decorrenza dalla corrispondente domanda giudiziale (Sez. 1,. n. 23895 del 22/10/2013, Rv. 628000 – 01).

La giurisprudenza si è inoltre consolidata nell’affermare che il coefficiente di rivalutazione dell’1,90, previsto dalla L. n. 135 del 1985, art. 4 per le richieste presentate dopo il 1950, comprende, nell’importo così determinato, anche il risarcimento da ritardato adempimento spettante al danneggiato fino alla liquidazione amministrativa, e ciò sia per la parte ragguagliata agli interessi moratori maturati alla stessa data, sia per l’eventuale maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2.

1.4. Di conseguenza gli ulteriori interessi moratori ed il maggior danno sulla somma così liquidata, che presuppongono un comportamento colpevole della P.A., sono, se del caso, dovuti solo con decorrenza dalla costituzione in mora dell’Amministrazione, ai cui fini è necessaria una specifica richiesta, che può essere avanzata anche prima dell’emanazione dei decreti ministeriali conclusivi del procedimento di liquidazione e, in mancanza, deve essere ricondotta alla proposizione della domanda giudiziale; non è invece idonea a tal fine la domanda amministrativa di concessione dell’indennizzo, alla quale può attribuirsi solo la valenza di impulso del procedimento amministrativo di liquidazione, fino alla conclusione del quale, peraltro, non vi è certezza in ordine all’esistenza ed all’ammontare del debito; è pur sempre fatta salva la prova, il cui onere grava sull’Amministrazione, che il ritardo o l’inesattezza della prestazione siano dipesi da causa ad essa non imputabile, ai sensi dell’art. 1218 c.c. (Sez. 1, n. 21191 del 19/10/2016, Rv. 642054 – 01; Sez. 1, n. 19167 del 28/09/2015, Rv. 637111 – 01; Sez. 1, n. 16547 del 06/08/2015, Rv. 636336 01; Sez. 1, n. 5212 del 04/03/2011, Rv. 617148 – 01; Sez.1, n. 4255 del 13/2/2019; Sez.1 n. 4257 del 13/2/2019).

1.5. Nella fattispecie, la Corte di appello si è discostata da tali principi, facendo risalire (pag.3, terzo, quarto e quinto capoverso) la decorrenza degli interessi ad un momento anteriore alla proposizione della domanda giudiziale, ancorato ad una asserita costituzione in mora dell’Amministrazione, ravvisata peraltro in una mera richiesta endo-procedimentale di revisione della stima del 21/2/1989, successiva alla domanda introduttiva del procedimento amministrativo formulata il 27/6/1980.

Secondo la Corte territoriale nella predetta iniziativa del B. verso la P.A. sarebbe ravvisabile l’atto di impulso necessario alla attivazione del procedimento amministrativo di liquidazione e, nonostante che, secondo la stessa Corte di appello, sino al termine del procedimento non vi sia certezza circa l’ammontare del debito (affermazione, questa, del tutto corretta), la richiesta di revisione del 21/2/1989 costituiva atto di messa in mora e produceva la decorrenza degli interessi moratori.

1.5. Sussiste quindi vizio di falsa applicazione di legge poichè la Corte aquilana ha sussunto indebitamente una mera richiesta amministrativa quale fattispecie riconducibile all’esatto principio normativo della decorrenza degli interessi da un atto di messa in mora, senza verificare la sussistenza dei requisiti di un atto rilevante ex art. 1219 e 2643 c.c..

1.6. Inoltre la Corte di appello ha omesso totalmente di motivare circa le ragioni che la inducevano a ravvisare nella richiesta del 21/2/1989 un valido atto di messa in mora.

3. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2020

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