Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7468 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 08/03/2022, (ud. 22/02/2022, dep. 08/03/2022), n.7468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29648/2015 proposto da:

Bleu S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, Via Sicilia, 66,

presso lo studio dell’avvocato Augusto Fantozzi, dell’avvocato

Edoardo Belli Contarini, dell’avvocato Roberto Altieri, che la

rappresentano e difendono insieme con l’avvocato Bernardo Cartoni e

l’avvocato Lazzaro Di Trani;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, sezione staccata Pescara, n. 718, pronunciata il 6

luglio 2015, depositata il 16/07/2015 e non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 febbraio 2022 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Bleu S.r.l. ricorre con sette motivi contro l’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, (di seguito C.t.r.) ha rigettato l’appello della contribuente contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Chieti che aveva respinto il ricorso introduttivo della società relativo alle cartelle di pagamento, ad essa notificata quale conferitaria del ramo di azienda di Bleu S.p.A., e, perciò, solidalmente responsabile con la società conferente, destinataria, in precedenza, di un avviso di accertamento ai fini dell’Iva e sanzioni, riguardante i periodi d’imposta 2002, 2004 e 2005;

in particolare, per quanto ancora rileva, la C.t.r., disattendendo i relativi motivi di appello della contribuente, ha ritenuto che la cartella di pagamento fosse sufficientemente motivata tramite il richiamo al contenuto dell’avviso di accertamento diretto alla debitrice principale Bleu S.p.A.; ha affermato che, nella specie, era applicabile la presunzione di responsabilità solidale ampia di cui al D.Lgs. n. 472 del 1972, art. 14, commi 4 e 5, in quanto gli elementi conoscitivi risultanti dagli atti evidenziavano che il conferimento del ramo di azienda dalla Bleu S.p.A. alla neocostituita Bleu S.r.l. era stato chiaramente posto in essere in frode al fisco, con conseguente inoperatività delle limitazioni di responsabilità solidale previste dall’art. 14, commi 1 e 2; ha negato che la cartella fosse illegittima per irregolare sottoscrizione del ruolo, in ragione del fatto che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il ruolo era stato regolarmente formato e reso esecutivo mediante la validazione dei dati in esso indicati eseguita, anche in via centralizzata, dal sistema informativo dell’amministrazione creditrice;

il ricorso è stato fissato per la Camera di consiglio del 10 febbraio 2022, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380-bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere i giudici di seconde cure erroneamente valutato i documenti prodotti in giudizio, ritenendo che l’operazione di conferimento di ramo d’azienda sarebbe stata posta in essere al solo fine di frodare l’erario;

in particolare, la ricorrente censura la sentenza impugnata che ha ravvisato che l’operazione di conferimento alla neo-costituita Bleu S.r.l. del ramo di azienda relativo alla gestione della discarica ubicata in (OMISSIS) fosse stata realizzata, in data 30/01/2008, al solo fine di frodare l’erario, senza considerare che, in realtà, la stessa appellante aveva provato per tabulas che il consiglio di amministrazione della conferente Bleu S.p.A. aveva deliberato tale operazione il giorno 16/10/2007, ben prima che il fisco rivolgesse alcuna contestazione alla società conferente, e ciò stava a dimostrare che a quest’ultima non potesse essere addebitato un comportamento fraudolento;

con il secondo motivo, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del principio di “non contestazione” ex art. 115 c.p.c., con riferimento alla circostanza, pacifica in atti, che l’operazione di conferimento di ramo di azienda era stata programmata e in parte attuata ben prima della redazione del p.v.c. nei confronti della conferente Bleu S.p.a.;

la ricorrente censura la sentenza impugnata che, trascurando il principio di non contestazione, non ha considerato che era circostanza pacifica tra le parti (ossia non contestata dall’ufficio) che il conferimento di azienda era stato programmato e in parte eseguito prima della redazione del p.v.c. recante l’addebito fiscale nei confronti della Bleu S.p.A., a riprova del fatto che l’operazione era stata realizzata in totale buona fede e in assenza di un intento fraudolento;

con il terzo motivo, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 24 Cost., e dell’art. 111Cost., comma 6, dell’art. 132c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, vizio di motivazione apparente;

la ricorrente deduce il vizio di motivazione apparente della sentenza impugnata, fondata su circostanze del tutto irrilevanti e priva dell’illustrazione delle ragioni per le quali la Commissione regionale aveva reputato inconferenti i plurimi argomenti difensivi addotti dalla contribuente per superare la presunzione di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, comma 5, che appunto prevede una presunzione di frode in caso di cessione di azienda successiva alla contestazione di un fatto penalmente rilevante;

con il quarto motivo, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’illegittimità della sentenza per violazione dell’art. 2697 c.c.;

la ricorrente censura la sentenza impugnata che, nell’ignorare del tutto i documenti depositati in giudizio dalla società (dai quali si desumeva l’assenza di qualsivoglia intento fraudolento nell’operazione di conferimento del ramo di azienda), e, per contro, nell’attribuire rilievo a circostanze ininfluenti sotto questo profilo, ha palesemente violato il principio dell’onere della prova sancito dall’art. 2697, c.c.. Infatti, dopo che la società aveva vinto la presunzione relativa di frode nel conferimento del ramo di azienda, spettava all’Amministrazione finanziaria (che invece non aveva assolto a tale onere) il compito di dimostrare tale presunta (ma inesistente) frode, quale elemento costitutivo della pretesa tributaria;

con il quinto motivo, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’illegittimità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 14;

la ricorrente censura la sentenza impugnata che, considerata la palese e dimostrata assenza di frode, avrebbe dovuto applicare il citato art. 14, comma 1, per il quale il cessionario di azienda, oltre ad avere il beneficio della preventiva escussione del debitore principale, risponde in solido dei debiti del cedente entro i limiti del valore dell’azienda (o del ramo di azienda) ceduta, pari nella specie a Euro 2.918.000,00, come stabilito da una perizia di stima non contestata dall’ente impositore;

con il sesto motivo, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, e della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3;

la ricorrente censura la sentenza impugnata che non ha dichiarato l’illegittimità della cartella di pagamento per difetto di motivazione benché la sua emissione non fosse stata preceduta dalla notifica alla stessa Bleu S.r.l., quale conferitaria dell’azienda, di un avviso di accertamento, in modo da consentirle di esercitare il diritto di difesa in merito alla presunta frode;

in subordine, nel caso in cui la Corte interpreti il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 14, comma 4, nel senso che ai fini della contestazione dell’obbligazione solidale in capo al cessionario sia sufficiente la mera iscrizione a ruolo degli importi accertati nei confronti del cedente e la conseguente notifica della cartella nei confronti del cessionario, la ricorrente solleva, nei seguenti termini, questione di legittimità costituzionale di tale disposizione: ” illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, comma 4, per violazione degli artt. 3,24 e 113 Cost., nella parte in cui non prevede la notifica di un avviso di accertamento motivato, prima dell’iscrizione a ruolo e conseguente emissione della cartella di pagamento”;

con il settimo motivo, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12, e del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, artt. 20, 24 e 32, nonché del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, comma 5-ter, lett. e), convertito con modificazioni dalla L. 31 luglio 2005, n. 156;

la ricorrente censura la sentenza impugnata che non ha rilevato la nullità della cartella in mancanza di un valido titolo esecutivo a causa del fatto che il relativo ruolo non era stato sottoscritto con firma digitale, nel pieno rispetto delle norme del codice dell’amministrazione digitale;

i primi cinque motivi, suscettibili d’esame congiunto per connessione, sono infondati;

innanzitutto, per le Sezioni unite di questa Corte la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 (p. 7.2.), che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016; i medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 (p. 2.4.); Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 (p. 3.5.); ancor più di recente, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, che cita, in motivazione, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679);

nel caso di specie, contrariamente a quanto sostiene la contribuente, la motivazione della sentenza di appello è effettiva e congrua rispetto alle questioni di fatto e di diritto sottese alla controversia fiscale;

in particolare, la C.t.r. ha reputato che la rapida sequenza temporale entro la quale è stato perfezionato il conferimento dell’unico ramo d’azienda e l’identità della compagine sociale e della rappresentanza legale delle società contraenti, Bleu S.p.A. e Bleu S.r.l. (infatti, Bleu S.r.l. è la newco interamente partecipata da Bleu S.p.A., e M.F. è amministratore di entrambe le società), dimostravano che l’operazione era stata posta in essere al fine di frodare il fisco, con conseguente inoperatività delle limitazioni di responsabilità sancite dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 14, commi 1 e 2;

come ha avuto modo di affermare questa Corte (Cass. 12281, n. 9/05/2019, conf.: 31/08/2020, n. 18092), la violazione dell’art. 116 c.p.c., (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), che, come precisato da Cass. 11892 del 2016 e ribadito (in motivazione) da Cass. Sez. U. n. 16598 del 2016, è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, ricorre solo quando (e non è il caso di specie) il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime;

inoltre, è stato precisato (da Cass. n. 11892 del 2016) che la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dovere osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche quando (come è accaduto in questo giudizio di merito) il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre ed è giunto a conclusioni diverse rispetto a quelle prospettate dal ricorrente;

i giudici di appello, dunque, si sono attenuti alla corretta ripartizione dell’onere probatorio, senza infrangere le prescrizioni degli artt. 115,116 c.p.c., valutando gli elementi conoscitivi risultanti dagli atti, in base ai quali hanno ritenuto che l’atto di conferimento dell’unico ramo di azienda all’epoca esistente dalla S.p.A. alla neo costituita s.r.l., con identica compagine sociale, fosse stato posto in essere al chiaro intento di frodare il fisco, con la conseguente inoperatività delle limitazioni della responsabilità solidale della conferitaria;

inoltre, la C.t.r. ha reputato inconferenti gli argomenti difensivi addotti dalla contribuente per superare la presunzione legale di frode in caso di cessione di azienda successiva alla contestazione di un fatto penalmente rilevante di cui al D.Lgs. n. 472 del 1972, art. 14, comma 5;

d’altro canto, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

infatti, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento di fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che lo scrutinio dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’àmbito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione che ne ha fatto il giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7/04/2017, n. 9097; 07/03/2018, n. 5355);

il sesto motivo, nella sua complessa articolazione, è infondato;

invero, la C.t.r., con accertamento di fatto esente da specifica censura, ha stabilito che – in ragione della sostanziale identità delle due compagini societarie che, tra l’altro, avevano il medesimo amministratore – la conferitaria Bleu S.r.l., destinataria della cartella di pagamento oggetto di questo giudizio, era a conoscenza dell’avviso di accertamento presupposto, notificato alla conferente Bleu S.p.A. e menzionato nella cartella, sicché la stessa cessionaria d’azienda non poteva fondatamente dolersi di alcuna lesione del diritto di difesa;

da tale considerazione discende anche la manifesta irrilevanza ed infondatezza della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, comma 4, sopra sollevata (in ipotesi subordinata) dalla contribuente;

comunque, questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui “il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, prevede la responsabilità solidale del cessionario d’azienda per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni dovute dal cedente, distinguendo l’ipotesi della cessione lecita, in cui la responsabilità del cessionario è sussidiaria e limitata (commi da 1 a 3), dalla cessione in frode al fisco, in cui la responsabilità è paritaria e illimitata (comma 4); in nessuno dei due casi, tuttavia, l’avviso di accertamento diretto al cedente deve essere notificato anche al cessionario, in mancanza di espressa deroga al principio generale, desumibile dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, secondo cui l’avviso di accertamento è notificato al contribuente e non agli altri soggetti che, a vario titolo, possano essere tenuti al pagamento dell’imposta accertata” (Cass. ord. 20/11/2020 n. 26480; conf. Cass. ord. 29/12/2020 n. 29722);

il settimo motivo è infondato;

la sentenza impugnata è conforme all’orientamento di questa Corte (ex multis Cass. 20/01/2017, n. 1449; in senso conforme, per esempio, Cass. 06/06/2018, n. 14608), per il quale “in tema di riscossione delle imposte sui redditi, ai sensi del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5-ter, conv., con modif., dalla L. n. 156 del 2005, norma di interpretazione autentica del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4, i ruoli sono formati e resi esecutivi anche mediante la cd. validazione informatica dei dati in essi contenuti, eseguita in via centralizzata dal sistema informativo dell’Amministrazione creditrice, che deve considerarsi equipollente alla sottoscrizione del ruolo stesso”;

sul punto, comunque, deve rilevarsi che “in tema di requisiti formali del ruolo d’imposta, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi della sua omessa sottoscrizione, sicché non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova contraria a carico del contribuente, che non può limitarsi ad una generica contestazione dell’esistenza del potere o della provenienza dell’atto, ma deve allegare elementi specifici e concreti a sostegno delle sue deduzioni. D’altronde, la natura vincolata del ruolo, che non presenta in fase di formazione e redazione margini di discrezionalità amministrativa, comporta l’applicazione del generale principio di irrilevanza dei vizi di invalidità del provvedimento, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies” (ex multis, Cass. sent. 30/10/2018 n. 27561);

il ricorso va, dunque, complessivamente rigettato;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore dell’Agenzia delle entrate, liquidandole in Euro 10.000,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato paria quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

 

 

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