Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7466 del 08/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 08/03/2022, (ud. 22/02/2022, dep. 08/03/2022), n.7466

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5214/2015 proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Sviluppo Italia Campania S.p.A., in liquidazione, in persona del

liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Raffaello

Lupi ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Fregene, n. 67,

presso lo studio ACTA;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 6732/32/14, pronunciata il 27 giugno 2014, depositata il

4 luglio 2014 e non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 febbraio 2022 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate ricorre con un unico motivo contro Sviluppo Italia Campania S.p.A., che resiste con controricorso, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito C.t.r.) ha accolto l’appello della società contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva respinto il ricorso introduttivo della contribuente relativo all’avviso di accertamento con cui l’ufficio aveva rettificato, ai tini Irap ed Iva, la dichiarazione della controllata rilevante per la dichiarazione di consolidato presentata dalla controllante, Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa S.p.A., con il Mod. CNM (Consolidato Nazionale e Mondiale) 2007 per l’anno di imposta 2006;

in particolare, con tale avviso, l’Agenzia delle entrate aveva riscontrato l’omessa indicazione di componenti positive per Euro 716.737,00, in quanto la controllata, con una serie di accordi con la controllante in rapida sequenza temporale, aveva trasferito a quest’ultima materia imponibile, con la possibilità per la controllante di dichiarare valori superiori di operazioni attive, fatturando al Ministero del Lavoro il prezzo pieno delle operazioni della controllata ed intestandosi la differenza rispetto a quello percepito dalla stessa in misura ridotta in base all’accordo del 21/10/2005, inoltre compensando le proprie perdite ante gruppo con tale quota di utile;

la C.t.p. di Napoli aveva rigettato il ricorso della società ritenendo che la convenienza economica, che avrebbe scusato il comportamento elusivo, non era mai stata dimostrata dalla contribuente, con particolare riguardo al fatto che la riduzione dei corrispettivi della controllata fosse dovuta alle maggiori e più onerose funzioni a carico della controllante;

per quanto ancora rileva, la C.t.r., accogliendo i motivi di appello della contribuente, ha ritenuto che l’avviso di accertamento, emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, fosse nullo perché carente della specifica motivazione in ordine alle osservazioni contrarie avanzate dalla contribuente, con riferimento al “denunciato, consistente aumento delle competenze” della società controllante;

il ricorso è stato fissato per la Camera di consiglio del 10 febbraio 2022, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37 bis, commi 4 e 5, e art. 42;

la ricorrente censura la sentenza impugnata, sostenendo, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di appello, di aver adempiuto, con l’avviso di accertamento impugnato, all’obbligo motivazionale, avendo espressamente affermato che le argomentazioni della parte erano prive di elementi dimostrativi dell’assenza di fini elusivi;

secondo la ricorrente, la società avrebbe dovuto dimostrare che l’apporto della controllante costituiva uno specifico valore aggiunto alle prestazioni fatturate dalla controllata, che giustificava il maggior compenso percepito dal Ministero, mentre le circostanze addotte dalla società erano ininfluenti, in quanto riguardavano l’aumento delle competenze in capo alla controllante, che era previsto contrattualmente in maniera distinta ed autonomamente remunerato;

inoltre, la ricorrente rileva che la motivazione dell’avviso di accertamento doveva intendersi integrata dai rilievi contenuti nel p.v.c., cui l’avviso impugnato faceva espresso riferimento, che conteneva un’amplissima disamina dei motivi per cui gli assunti della contribuente non erano convincenti;

il motivo è infondato e va rigettato;

risulta pacifico dalla lettura degli atti delle parti che l’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa S.p.A. (Invitalia) è una società interamente partecipata dal MEF, creata per accrescere la competitività del Paese, la quale si avvale della collaborazione di una serie di “controllate”, tra cui Sviluppo Italia Campania, per lo svolgimento di attività di assistenza tecnica e di formazione nei confronti di soggetti potenzialmente interessati all’innovazione e alla crescita del sistema produttivo, selezionati attraverso specifici bandi pubblici;

i rapporti tra le due compagini erano inizialmente regolati dal contratto tra Invitalia e Ministero del lavoro datato 20/12/2002 e da quello tra Invitalia e Sviluppo Italia Campania datato 07/12/2004;

oltre alla disciplina delle modalità con cui la “controllata” erogava i servizi di assistenza (tecnica, contabile, amministrativa e legale) nei confronti dei vincitori di concorso, nel primo contratto era previsto che Sviluppo Italia Campania fatturasse direttamente al Ministero;

il secondo contratto determinava il corrispettivo delle prestazioni tra le due società e conteneva la “clausola d’immutabilità” del corrispettivo;

successivamente, la convenzione tra Invitalia e Ministero del lavoro datata 28/01/2005 modificava le precedenti pattuizioni, sancendo che la fatturazione delle prestazioni della “controllata” fosse effettuata dalla “controllante” Invitalia;

con contratto datato 21/05/2005, in difformità dal principio di immutabilità del corrispettivo per tutta la durata del rapporto, si conveniva la riduzione del corrispettivo delle prestazioni rese dalla “controllata” nei confronti della “controllante” e una maggiore onerosità della funzione in capo a Invitalia;

in fase amministrativa, in replica al questionario dell’A.F., la quale ipotizzava condotte elusive, Sviluppo Italia Campania con memoria scritta aveva fornito chiarimenti, enunciando quelle che sarebbero state le valide ragioni economiche a sostegno delle modifiche contrattuali, riconducibili alla necessità di rivedere il modello organizzativo adottato in precedenza, per la prevalenza delle funzioni gestite “dal centro”, direttamente dalla capogruppo Invitalia;

il successivo avviso di accertamento, che pure dà atto della memoria difensiva dell’interessata, testualmente si limita ad affermare che “dall’analisi effettuata non emergono ulteriori elementi che provino l’assenza di fini elusivi, pertanto l’Ufficio ritiene sussistere i presupposti previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, in merito ai ricavi non dichiarati constatati dai verbalizzanti”;

la C.t.r. ha rilevato la nullità dell’avviso d’accertamento per difetto di specifica motivazione, in relazione alle giustificazioni fornite dalla contribuente circa l’esistenza di valide ragioni economiche, o, specularmente, circa l’assenza di finalità elusive delle operazioni contestate;

come rilevato in una recente ordinanza di questa Corte (Cass. ord. 24/2/2021 n. 21350) in fattispecie analoga alla presente, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che “in tema d’imposte sui redditi, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5, prevede un rigoroso procedimento d’instaurazione del contraddittorio, caratterizzato da scansioni predeterminate, in cui, a pena di nullità, l’avviso di accertamento deve essere emanato previa richiesta di chiarimenti al contribuente e deve essere specificamente motivato in relazione alle giustificazioni fornite sicché, concorrendo detta richiesta alla valutazione del fine elusivo dell’operazione, non possono considerarsi alla stessa equipollenti l’attività svolta dai verbalizzanti e le eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica.(Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva annullato l’avviso di accertamento per omessa motivazione sulle giustificazioni fornite in sede di contraddittorio dal contribuente poiché l’Ufficio si era limitato a rinviare al contenuto del processo verbale di constatazione, senza descrivere neppure sommariamente dette giustificazioni ed operare un raffronto, anche sintetico, con le ragioni dell’ipotizzato carattere elusivo dell’operazione)” (Cass. 30/01/2018, n. 2239, in continuità con Cass. 16/01/2015, n. 693; conf., ex aliis, Cass. 28/11/2018, n. 30770);

pertanto non rimane che rilevare che la C.t.r. si è attenuta a tale principio di diritto e rigettare il ricorso dell’Agenzia delle entrate;

la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente;

rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio, n. 115, art. 13 comma 1- quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso;

condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022

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