Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7462 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 26/03/2010), n.7462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI

35, presso lo studio dell’avvocato LAURO MASSIMO, rappresentata e

difesa dall’avvocato DELLA ROCCA SERGIO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro-tempore elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, GIANNICO GIUSEPPINA, VALENTE NICOLA, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, REGIONE ABRUZZO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1817/2008 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA

dell’11.12.08, depositata il 13/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso del 7.2.2005 D.G.L. chiedeva al Tribunale di Sulmona il riconoscimento dell’assegno di invalidità civile e la condanna dell’Inps alla erogazione della prestazione assistenziale.

Espletata una CTU, il Tribunale rigettava la domanda.

L’appello della D.G. veniva respinto dalla Corte di Appello di L’Aquila, previo rinnovo della CTU, con sentenza depositata il 13.1.2009. La Corte territoriale rilevava che, pur in presenza del requisito reddituale e di quello sanitario, nella specie difettava la prova della incollocazione, requisito parimenti necessario per il riconoscimento della prestazione assistenziale.

Avverso detta sentenza la D.G. ha proposto ricorso per Cassazione con un motivo con il quale ha denunciato violazione della L. n. 482 del 1968, artt. 1 e 19, L. n. 118 del 1968, art. 12, L. n. 118 del 1971, art. 2 e 13, ed ha osservato che avendo superato i 55 anni di età non poteva più essere iscritta negli elenchi speciali degli invalidi civili e che avendo nel 2008 una incapacità lavorativa pari al 78%, come accertato dal CTU, ed una età di 63 anni lo stato di non occupazione doveva presumersi.

L’Inps ha resistito con controricorso. Il Ministero dell’Interno e la Regione Abruzzo non si sono costituiti.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Dallo stesso tenore del ricorso si evince che la sig.ra D.G. non ha provato lo stato di non occupazione che, unitamente al limite reddituale ed al requisito sanitario, costituisce un elemento costitutivo del diritto, benchè il giudice di appello avesse rinviato la causa per consentire all’appellante di fornire tale prova (come risulta dalla sentenza qui impugnata).

Per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, per gli invalidi che per ragione di età non hanno diritto all’iscrizione nelle liste di collocamento obbligatorio l’incollocazione al lavoro deve intendersi come stato di effettiva disoccupazione che va comunque provato in giudizio dall’istante, anche mediante presunzioni (vedi Cass. n. 28852/2008).

Nella specie gli elementi di fatto emergenti dagli atti processuali (età e parziale incapacità lavorativa) non valgono a supplire la mancanza di prova e sono stati correttamente disattesi dal giudice di merito anche come elementi presuntivi, perchè non idonei a comprovare in modo univoco la situazione di effettiva non occupazione dell’interessata, in quanto non incompatibili con una attività lavorativa, ancorchè ridotta.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto con conseguente condanna della ricorrente ai pagamento, in favore del resistente, delle spese di questo giudizio, come liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro mille per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

 

 

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