Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7460 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 26/03/2010), n.7460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8902/2009 proposto da:

G.F., G.A., G.V.,

GA.FO., G.S. quale eredi di G.

D., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RIDOLFINO

VENUTI 20, presso lo studio dell’avvocato FERNANDO AMODIO,

rappresentati e difesi dall’avvocato MARTELLO Sonia, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

Clementina, VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, DIREZIONE PROVINCIALE DEI

SERVIZI VARI DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 629/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 18.3.08, depositata il 28/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Nella causa promossa dagli eredi di G.D. nei confronti del Ministero dell’Economia e dell’Inps per il riconoscimento del diritto della loro dante causa all’indennità di accompagnamento, il Tribunale di Catanzaro, aderendo alle conclusioni della CTU disposta in quel grado di giudizio, accoglieva la domanda e riconosceva il diritto alla prestazione dal 1 luglio 2004, epoca dalla quale era stata accertata l’insorgenza di una patologia oncologica.

Proponevano appello gli eredi chiedendo che la prestazione venisse riconosciuta dalla domanda amministrativa del 31 marzo 1995. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 28.4.2008, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata ritenendo corretta la valutazione data dal CTU di primo grado e congrue le motivazioni della sentenza del primo giudice in ordine alla decorrenza del beneficio.

Avverso questa sentenza gli eredi hanno proposto ricorso per cassazione con un motivo con il quale, denunciando violazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, L. n. 508 del 1988, art. 1, e vizi di motivazione, addebitano alla Corte di Appello di aver aderito acriticamente alle conclusioni della CTU di primo grado che non aveva preso nella dovuta considerazione la documentazione clinica relativa a ricoveri precedenti l’insorgenza della patologia oncologica nel 2004.

L’Inps ha resistito con controricorso.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell’assicurato, l’apprezzamento del giudice di merito sui risultati dell’indagine svolta dal CTU, nonchè la valutazione in ordine alla obbiettiva esistenza delle infermità, alla loro natura ed entità ed alla loro incidenza sulla capacità lavorativa, costituisce tipico accertamento in fatto, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione (cfr. Cass. n. 8654/2008, n. 19661/2006, n. 14849/2004).

Pertanto, qualora il giudice di merito fondi la sua decisione sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, facendole proprie, perchè sussista un vizio di motivazione della sentenza di merito, censurabile in sede di legittimità, è necessario che il ricorrente lamentati l’esistenza di errori consistenti in carenze o deficienze diagnostiche, o in una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medica, o in affermazioni illogiche e scientificamente errate, o nella omissione degli accertamenti strumentali e diagnostiche dai quali non si possa prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi, non essendo sufficiente la pura e semplice contrapposizione di una difforme valutazione dell’entità e dell’incidenza del dato patologico; ne consegue che al di fuori di tale ambito le censure di difetto di motivazione costituiscono un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico che sorregge la decisione e si traducono in una inammissibile richiesta di revisione del merito del convincimento del giudice (cfr.

tra le tante Cass. n. 7341/2004, 15796/2004, n. 8654/2008, n. 9988/2009).

Nella specie il consulente tecnico d’ufficio ha preso in esame la documentazione medica relativa al periodo anteriore al 2004 ed ha ritenuto le patologie ivi evidenziate non idonee a determinare una incapacità di attendere agli atti quotidiani della vita. A tale valutazione del CTU, recepita dal giudice di appello, il ricorrente ha contrapposto un diverso apprezzamento della entità delle patologie riscontrate al periziato, senza evidenziare alcuna specifica carenza o deficienza diagnostica o errore scientifico, bensì limitandosi ad esprimere una diversa valutazione del medesimo quadro patologico.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. Quanto alle spese, non ricorrendo le condizioni per l’applicabilità dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo introdotto dalla L. n. 326 del 2003, i ricorrenti devono essere condannati al pagamento in favore dell’Inps delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo.

Nulla per le spese nei confronti del Ministero dell’Economia che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro mille per onorari in favore del resistente costituito.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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