Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7455 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. III, 31/03/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 31/03/2011), n.7455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5534/2009 proposto da:

C.L. (OMISSIS), P.S.

(OMISSIS), C.S. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo

studio dell’avvocato CANNAS LUCIANA, rappresentati e difesi

dall’avvocato LUPARINI Renato giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA SPA (OMISSIS), in virtù di

atto di fusione per incorporazione, in persona del procuratore

speciale dell’amministratore delegato p.t., Avv. F.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo

studio dell’avvocato VINCENTI Marco, che la rappresenta e difende

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

S.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1670/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

Sezione Seconda Civile, emessa il 28/10/2008, depositata il

22/11/2008; R.G.N. 1888/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/02/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato LUPARINI RENATO;

udito l’Avvocato SPANI GIAN MARCO (per delega Avvocato VICENTINI

MARCO);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10 luglio 2002 il Tribunale di Lucca, adito da C.L. e P.S. affermava la responsabilità esclusiva di S.C. per l’incidente del (OMISSIS), a seguito dello scontro tra la autovettura dello S., che procedeva in senso contrario alla sua direzione di marcia e il ciclomotore guidato da C.S., all’epoca minorenne, che riportava lesioni.

Al conducente dell’autovettura i Carabinieri, intervenuti sul posto, contestavano la infrazione all’art. 142 C.d.S..

Per l’effetto, lo S. e la Assitalia s.p.a., compagnia assicuratrice dell’autovettura, venivano condannati in solido al risarcimento dei danni quantificati in L. 214 milioni a titolo di danno biologico e morale a favore di C.S. e a L. 61 milioni per danno esistenziale, oltre a L. 11 milioni per spese mediche documentate, oltre interessi a favore dei due attori, oltre la condanna dell’Assitalia a manlevare indenne lo S..

C.S. in via principale e l’Assitalia in via incidentale appellavano la sentenza e la Corte di appello di Firenze con sentenza del 22 novembre 2008 accoglieva in punto responsabilità l’appello incidentale dell’Assitalia, che, per il resto, dichiarava inammissibile, dichiarando il concorso di colpa della vittima nella misura del 25%, riducendo di conseguenza nella stessa proporzione il risarcimento dovuto dai convenuti agli attori e confermava nel resto.

Avverso siffatta decisione propongono ricorso per cassazione C. S., C.L. e P.S., affidandosi a cinque motivi.

Resiste con controricorso INA Assitalia, incorporante per fusione l’Assitalia s.p.a..

Le parti hanno depositato rispettive memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Osserva il Collegio che si versa, nella specie, in tema di cause scindibili (Cass. n. 1315/06) ed è, altresì, pacifico che la impugnazione principale è stata proposta da C.S. e la riconvenzionale fu proposta dall’Assitalia, mentre non fu proposta dall’Assitalia contro i coniugi C..

Nel caso in esame, ed applicando l’art. 332 c.p.c., comma 2, il giudice dell’appello ha ordinato la notifica dell’impugnazione anche ai coniugi C. perchè nei loro confronti l’impugnazione non era preclusa.

La norma, come rilevato dalla dottrina, risponde alla esigenza di evitare che nei confronti della medesima sentenza si possano svolgere separati giudizi di impugnazione.

E ciò anche alla luce del giusto processo ex art. 111 Cost., comma 1.

La notificazione dell’impugnazione non ha natura di vocatio in jus ma di litis denuntiatio, in quanto ha la funzione di comunicare ai soggetti pretermessi l’esistenza del giudizio di appello in modo che gli stessi siano messi in grado di optare per l’impugnazione o meno in via incidentale.

Ciò posto in linea di diritto, in relazione al primo motivo (violazione di legge e connesso difetto di motivazione in relazione agli artt. 327, 331, 332 e 334 c.p.c.) va rilevato che il giudice dell’appello, preso atto del contenuto della censura circa la sussistenza in quanto tale del danno esistenziale lamentato dai genitori di C.S., ha ritenuto che si trattasse di causa scindibile e ha dichiarato la inammissibilità della censura contro i genitori, in quanto diversi dall’impugnante principale.

Tuttavia, una volta accolta la censura dell’Assitalia in punto responsabilità, ritenuta esclusiva dal giudice di prime cure ed affermatane la natura concorsuale, ha logicamente affermato che si verteva in cause dipendenti perchè la decisione sulla sussistenza (ritenuta concorsuale, in questo caso) costituiva il presupposto logico-giuridico della decisione sull’altra pretesa (Cass. n. 15686/05; Cass. n. 1314/06; S.U. n. 26420/06; Cass. n. 27152/07), essendovi una obbiettiva interrelazione, alla stregua della loro subordinazione, anche sul piano sostanziale tra la posizione dell’appellante principale e degli appellati incidentali.

In tal senso la decisione è immune da ogni errore di diritto processuale, anche perchè la riduzione della responsabilità dell’automobilista e, quindi, del riconoscimento di quanto dovuto alla vittima va operata anche nei confronti dei congiunti che in relazione agli effetti riflessi che l’evento da danno subito dalla vittima proietta sugli stesi, allorchè, come nella specie, i congiunti hanno agito per ottenere i danni anche jure proprio (puntuale Cass. n. 2704/05; Cass. n. 14458/09).

Di qui, il rigetto del primo motivo.

2. – Il secondo motivo (difetto di motivazione e ulteriore violazione dell’art. 334 c.p.c. in relazione all’art. 111 Cost., comma 2) va disatteso.

Con esso i ricorrenti deducono, in estrema sintesi, che consentire anche oltre il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., alla parte appellata di proporre appello incidentale significherebbe rendere il processo civile una vera e propria “tela di Penelope”, anche se, al riguardo, vi è l’orientamento di Cass. S.U. n. 4640/89, che, a loro avviso, sarebbe contraddetto da Cass. n. 6242/93 e Cass. n. 1574/91).

I ricorrenti chiedono una eventuale rimessione al Signor Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite onde ripensare alla luce del “giusto processo” il precedente orientamento.

La censura non coglie nel segno.

Di vero, una attenta lettura della sentenza n. 4640/89, come pure fa rilevare la resistente, è in perfetta sintonia con la celerità ragionevole del processo, in quanto l’interesse ad impugnare da parte dell’impugnante incidentale tardivo senza limiti non pregiudica la esigenza di celerità del processo, anzi permette di concretare, con la tardività, purchè sia ammissibile l’impugnazione principale – art. 334 c.p.c., comma 2, proprio la possibilità di risolvere in via definitive e contestualmente la controversia tra le diverse pretese (Cass. n. 12714/10, richiamata anche nella memoria della società resistente).

3. – Con il terzo motivo (insufficienza, contraddittorietà della motivazione relativa alla insufficiente liquidazione del danno di capacità lavorativa; incidenza della invalidità relativa alla incapacità lavorativa già determinata con statuizione passata in giudicato), i ricorrenti, in estrema sintesi, lamentano che il giudice dell’appello avrebbe dovuto limitarsi a stabilire se la invalidità permanente di C.S., dichiarata in prime cure nella misura non contestata del 30% avesse o no una incidenza sulla capacità lavorativa.

Il motivo si disattende da solo.

Infatti, è sufficiente leggere le conclusioni in appello, così come riportate in sentenza.

Sulla invalidità permanente residuata al C., idonea ad incidere sulla sua capacità lavorativa specifica, vi è l’accertamento dell’ausiliario del giudice, che è stato positivo e condiviso dal giudice dell’appello e non contestato come evidenzia la sentenza impugnata.

4. – Il quarto motivo (violazione di legge in rapporto all’art. 2700 c.c. e art. 2323 c.p.c., comma 1 e omessa, contraddittoria motivazione sul punto) e il quinto (violazione di legge in ordine all’art. 2054 c.c., in rapporto agli artt. 143 e 154 C.d.S.m art. 141 C.d.S., comma 3; comunque difetto di motivazione) vanno esaminati congiuntamente.

Essi, infatti, al di là della loro intitolazione censurano la sentenza impugnata là dove ha ricostruito la dinamica dell’incidente sulla base:

1) di dati certi come la larghezza della carreggiata e delle misurazioni della distanza tra i vari punti dello schizzi planimetrico, da cui si “ricava con certezza che la Golf (l’autovettura investitrice) ha invaso la carreggiata opposta” (v.

sentenza impugnata);

2) delle deposizioni testimoniali;

3) della identificazione del luogo ove si è verificata la collisione.

E tutto ciò per dedurne che il C., alla guida del ciclomotore, non procedeva strettamente a destra, come avrebbe dovuto, “considerando l’incrocio con la macchina e la presenza di auto in sosta sulla sinistra della strada che ostruivano parzialmente la corsia della Golf (presenza confermata dai testi)”.

Del resto, la semplice lettura delle doglianze fa facilmente intendere che i ricorrenti mostrano di rimettere alla Corte il riesame delle questioni di merito già compiutamente valutate, non trascurandosi che, le incongruenze rilevate dal giudice dell’appello nel grafico redatto dai Carabinieri sono state compiutamente ed analiticamente individuate senza che avverso tale valutazioni i ricorrenti alleghino che nel corso del processo siano state indicate circostanze che le abbiano potuto smentire, trascurando di porre in rilievo che tali “incongruenze” sono state ritenute sussistenti anche perchè non è risultato che la macchina sia stata spostata all’indietro prima dell’intervento dei CC, mentre la “traccia di frenata” a detta del giudice dell’appello non venne nel grafico riportata e la “brevità della traccia”, di cui pure tratta la sentenza impugnata, è uno solo egli elementi a corredo della ritenuta corresponsabilità del C. e per evidenziare che la vettura procedeva a velocità molto ridotta.

Comunque, come già detto, non è tanto su tali incongruenze che è stato riconosciuto il concorso di colpa della vittima, bensì sulla base di una compiuta disamina di tutti gli elementi documentali e testimoniali acquisiti (v. per quanto valga Cass. n. 6505/07, nella parte motiva).

Conclusivamente, ricorso va respinto, ma dato l’alterno esito delle fasi di merito, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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