Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7448 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. III, 31/03/2011, (ud. 17/02/2011, dep. 31/03/2011), n.7448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7763/2006 proposto da:

S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

CORSO V. EMANUELE II 154, presso lo studio dell’avvocato ALVANO

Carlo, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente p.t., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli Uffici

dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è rappresentato per

legge.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6781/2005 del TRIBUNALE di ROMA, Sezione

Quarta Civile, emessa il 24/03/2005, depositata il 24/03/2005; R.G.N.

11594/2004.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/02/2011 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato CARLO ALVANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. S.A. propone ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.

– proponendo altresì due specifici quesiti avverso la sentenza del Tribunale di Roma, in unico grado, n. 6781/05, pubbl. il 24.3.05, con la quale è stata rigettata la sua opposizione agli atti esecutivi contro l’ordinanza ai sensi dell’art. 553 c.p.c., in suo favore pronunciata con decurtazione, dalla somma richiesta, degli importi per rivalutazione e di parte di quelli per accessori, ritenuti non dovuti dal g.e. siccome non previsti nel titolo esecutivo azionato.

Resiste con controricorso la Regione Lazio; ed il solo ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., e compare all’udienza pubblica del 17.2.11 alla discussione orale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. A sostegno del ricorso lo S. sviluppa due motivi; ed in particolare:

2.1. con il primo motivo, di violazione di legge (in relazione all’art. 111 Cost. ed agli artt. 1174, 1223, 1224, 1277, 1284, 2043, 2056 e 2909 c.c. e artt. 113, 324 e 535 c.p.c., nonchè art. 65 ord. giud.), egli contesta il potere del g.e. di ricalcolare il credito riconoscibile al procedente, oltretutto di ufficio, mediante un’integrazione o una modifica non consentite del contenuto precettivo del titolo esecutivo giudiziale azionato, che si risolvano poi nella negazione della rivalutazione monetaria) comunque spettante in base ai principi generali in materia di risarcimento del danno;

2.2. con il secondo motivo, di vizio di motivazione (in relazione all’art. 111 Cost. ed agli artt. 1219, 1223, 1224, 1277, 1282, 2056 e 2058 c.c.), egli deduce che nei titoli azionati era stata comunque riconosciuta la rivalutazione e non si sarebbe potuto escluderla, in quanto conforme ai principi generali in materia, mentre gli interessi comunque spettavano e su di una sorta oltretutto diversa da quella evidentemente presa in considerazione dal giudice dell’esecuzione.

3. Con il controricorso l’intimata Regione Lazio ribatte la correttezza delle argomentazioni della gravata sentenza e deduce l’inammissibilità del motivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, trattandosi di ricorso straordinario e non applicandosi – in ragione della data di pubblicazione della sentenza oggetto di ricorso – il nuovo testo della norma.

4. Va preliminarmente esclusa l’applicabilità del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, atteso che la sentenza qui impugnata è stata pubblicata anteriormente al 2.3.06 e non può trovare quindi applicazione, ratione temporis, nè l’art. 366 bis, nè l’art. 360 c.p.c., nel testo risultante da detta novella (stando alla normativa transitoria di cui all’art. 27, comma 2, del richiamato D.Lgs. n. 40 del 2006);

da tanto consegue:

4.1. da un lato, che non è necessaria la formulazione di quesiti e che anzi gli stessi, quand’anche formulati, sono assolutamente irrilevanti ai fini della decisione;

4.2. dall’altro lato, che l’ammissibilità del ricorso straordinario ex art. 111 Cost., va verificata alla stregua della normativa e della giurisprudenza anteriori alla richiamata novella.

5. Ciò posto, il primo motivo, complessivamente interpretato, è infondato:

5.1. va affermato il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare, nella determinazione del credito da riconoscere al creditore, anche di ufficio l’esatta consistenza delle singole componenti, tanto riconducendosi alla sua potestà di verificare la sussistenza dei presupposti della domanda ed applicandosi il relativo principio a maggior ragione là dove, come nel processo esecutivo, occorre dare compiuta attuazione non già all’interpretazione personale del titolo come fornita dal creditore nel precetto, ma al comando obiettivo contenuto nel titolo medesimo: eccettuato, beninteso, il caso di quanto possa essere oggetto di una eccezione in senso stretto;

5.2. ancora, nella giurisprudenza di questa Corte è da tempo stato già affermato il principio che l’interpretazione della sentenza, costituente titolo esecutivo, eseguita dal giudice investito dell’opposizione, è interpretazione del giudicato esterno al giudizio di opposizione e si risolve in un giudizio di fatto, il quale è censurabile in sede di legittimità solo se siano violati i criteri giuridici che regolano l’estensione ed i limiti della cosa giudicata e se il procedimento interpretativo seguito dai giudici del merito non sia immune da vizi logici o errori di diritto (con riferimento alle contestazioni operate in sede di opposizione all’esecuzione: Cass. 24 novembre 1979, n. 4794, Cass. 2 aprile 1992 n. 3996, Cass. 23 gennaio 1995 n. 754, Cass. 22 marzo 1996 n. 2510, Cass. 3 giugno 1996 n. 5082, Cass. 25 maggio 1998 n. 5212, Cass. 4 aprile 2001 n. 4978, Cass. 21 novembre 2001 n. 14727, Cass. 23 maggio 2006 n. 12117);

5.3. un tale principio deve essere ribadito, perchè l’interpretazione del provvedimento giudiziale, costituente titolo esecutivo, non può essere sottoposta ad una ennesima valutazione in sede di legittimità, la quale si vorrebbe; fondata per il solo fatto di essere conforme agli interessi di chi la propone;

5.4. l’interpretazione di un giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di Cassazione, con cognizione piena (Cass. 12 settembre 2003, Cass. 29 settembre 2005 n. 19136), sempre però nei limiti in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del noto principio di autosufficienza di questo mezzo di impugnazione (sul punto specifico, v., tra le ultime: Cass. 13 dicembre 2006 n. 26627, Cass. 13 marzo 2009 n. 6184, Cass. 30 aprile 2010 n. 10537);

5.5. se è vero, infatti, che la sentenza passata in giudicato costituisce la c.d. legge del caso concreto, è anche vero che, al contrario degli atti normativi resi pubblici con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, atti che il giudice è tenuto a ricercare di ufficio (in applicazione del noto brocardo iura novit curia), il giudicato esterno deve essere prodotto dalla parte che intenda avvalersene e, qualora la interpretazione che ne ha dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il ricorso per cassazione deve riportare al suo interno il testo del giudicato che assume male interpretato, motivazione e dispositivo, atteso che il solo dispositivo può non essere sufficiente alla comprensione del comando giudiziale (cfr. Cass. 27 aprile 1996 n. 3916);

5.6. a nulla rileva l’indicazione della produzione, in uno al ricorso, dei documenti da cui ricostruire le tesi del ricorrente, visto che il ricorso deve potere appunto essere di per sè solo – e cioè senza l’ausilio di alcun altro atto ad esso esterno – sufficiente a consentire l’inquadramento della res controversa e soprattutto dell’ambito del limitato giudizio possibile in sede di legittimità;

5.7. nel caso di specie, nel ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità non sono riportati – e tanto meno – integralmente i passaggi motivazionali della sentenza di appello e di quella di primo grado (la quale, pur se dalla seconda sostituita per l’avvenuta parziale riforma, comunque è stata in parte qua confermata, sicchè la sua motivazione è indispensabile per la comprensione della decisione e della portata effettiva del comando impartito nel titolo posto poi a base dell’esecuzione) dal cui esame ricavare con esattezza e precisione il concreto contenuto dell’accertamento e della conseguente condanna in punto di spettanza della rivalutazione e degli ulteriori interessi analiticamente indicati sotto diverse voci in precetto ed esclusi dai giudice dell’esecuzione;

5.8. nel ricorso sono invece – dopo cenni soltanto sommar ad alcuni limitati stralci di parte motiva e dispositiva delle sentenze di primo e secondo grado direttamente sviluppati argomenti per confutare in punto di diritto la soluzione ermeneutica adottata dal giudice nella gravata sentenza o per sostenere la correttezza di una determinata interpretazione del giudicato esterno nel senso voluto dal ricorrente: con il che si oltrepassano i limiti del sindacato della Corte di legittimità;

5.9. risulta pertanto impossibile, per questa Corte, valutare la fondatezza o meno della lamentata violazione di legge, sotto il profilo della violazione dei criteri giuridici che regolano l’estensione ed i limiti della cosa giudicata e della verifica che il procedimento interpretativo seguito dai giudici del merito non sia immune da vizi logici o errori di diritto;

5.10. il relativo motivo di gravame va quindi rigettato.

6. Il secondo motivo è poi inammissibile, in quanto:

6.1. nel regime anteriore alla riforma dell’art. 360 c.p.c., di cui al richiamato D.Lgs. n. 40 del 2006, il sindacato della Corte di Cassazione sull’impugnazione proposta contro la sentenza che conclude il giudizio di opposizione agli atti esecutivi è esercitabile, oltre che per i motivi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1 e 4, soltanto quando sia stata sostanzialmente violata la norma del codice che impone al giudice di esporre i motivi in fatto della decisione e non già quando sia dedotto il vizio di omessa o contraddittoria motivazione della decisione;

6.2. pertanto, il motivo di ricorso per cassazione con cui si deduca tale ultimo vizio deve considerarsi inammissibile (Cass. 9 aprile 1999 n. 3470, Cass. 12 agosto 2000 n. 10801, Cass. 23 marzo 2001 n. 4206, Cass. 19 marzo 2004 n. 5606, Cass. 14 gennaio 2003 n. 445, Cass. 17 novembre 2003 n. 17367, Cass. 14 luglio 2004 n. 13080), sebbene, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, conduca ad una pronuncia di infondatezza del ricorso (Cass. 22 maggio 2006 n. 11938, la quale, richiamando Cass. n. 23077/05, precisa che la prospettazione in cassazione di motivi non consentiti, seppure renda inammissibili le censure, non determina l’inammissibilità del ricorso, ma ne comporta il rigetto).

7. Pertanto, il ricorso va conclusivamente respinto; e, quanto alle spese del presente giudizio di legittimità, esse vanno liquidate come in dispositivo a carico del ricorrente soccombente.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna S.A. al pagamento, in favore della Regione Lazio come costituita, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.000,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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