Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7448 del 26/03/2010
Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 26/03/2010), n.7448
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 9657/2009 proposto da:
L.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANARO 11
INT. 5, presso lo studio dell’avvocato AMBROSIO RAFFAELE,
rappresentato e difeso dall’avvocato CAPANO Eugenia, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI
SUL LAVORO, in persona del Dirigente con incarico di livello
generale, Direttore della Direzione Centrale Prestazioni,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE, 144, presso lo
studio dell’avvocato RASPANTI Rita, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato LA PECCERELLA LUIGI, giusta procura speciale
in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1602/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO
del 16/10/08, depositata l’11/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
24/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;
è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 11.2008, ha accolto l’appello dell’Inail avverso la sentenza del Tribunale di Paola ed ha respinto la domanda di L.F., infermiere professionale, intesa ad ottenere il riconoscimento di una rendita per inabilità permanente pari al 12 per cento in dipendenza di un infortunio sul lavoro occorsogli il (OMISSIS) a seguito di un sforzo per sollevare un paziente. La Corte osservava che l’accertamento tecnico medico legale effettuato in grado di appello aveva stabilito che la malattia lamentata dal L. (lombosciatalgia con deficit funzionale del rachide) comportava una percentuale di inabilità lavorativa pari al 6 per cento e quindi non indennizzabile.
Avverso detta sentenza il L. ha proposto ricorso con un motivo con il quale ha denunciato insufficiente e contraddittoria motivazione per avere il giudice di appello aderito alle conclusioni del CTU nominato in secondo grado senza tener conto delle diverse conclusioni cui era giunto il CTU nominato in primo grado, che aveva riconosciuto una invalidità permanente del 12 per cento, e senza considerare che l’Inail in sede amministrativa, nelle more del giudizio di appello, aveva riconosciuto all’infortunato la stessa percentuale di invalidità accertata dal primo CTU, L’Inail ha resistito con controricorso.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente, in ordine alla determinazione del grado di invalidità, contesta le conclusioni cui è giunto il CTU di secondo grado, richiamandosi alle diverse conclusioni cui era invece giunto il CTU di primo grado.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie dell’assicurato, le conclusioni della CTU disposta dal giudice di secondo grado con riguardo alla valutazione di situazioni di incapacità al lavoro non possono utilmente essere contestate in sede di ricorso per cassazione mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse delle diverse valutazioni espresse dal CTU di primo grado, poichè tali contestazioni si rivelano dirette non già ad un riscontro della correttezza del giudizio formulato dal giudice di appello, bensì ad una diversa valutazione delle risultanze processuali; in ogni caso la contestazione di una decisione basata sul riferimento ad una delle consulenze tecniche acquisite non può essere adeguatamente censurata, in sede di legittimità, se le relative censure non contengono la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico- legale unanimemente condivisi dalla comunità scientifica, atteso che, in mancanza di detti elementi, le censure configurano un mero dissenso diagnostico e quindi sono inammissibili in sede di legittimità (Cass. n. 25481/2007, n. 5865/2008).
Quanto poi al riconoscimento da parte dell’Inail in sede amministrativa di un grado di invalidità superiore a quello riconosciuto dal giudice di appello, si osserva che questa Corte ha sempre affermato la piena autonomia tra accertamento giudiziale dei presupposti delle prestazioni assicurative in materia di infortuni sul lavoro ed accertamento amministrativo degli stessi, atteso che il rapporto tra procedimento amministrativo ed azione giudiziaria si esaurisce nella configurazione del primo come condizione di procedibilità della seconda, sicchè, realizzatasi tale condizione, non sussiste alcuna preclusione per la proposizione da parte dell’Istituto di deduzioni, eccezioni e prove che non abbiano formato oggetto di trattazione in sede amministrativa (vedi Cass. n. 9475/2003).
Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. Nulla per le spese di questo giudizio a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alla riforma operata dalla L. n. 326 del 2003.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010