Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7443 del 31/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7443 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 3026-2011 proposto da:
GIOIOSO ELISABETTA (c.f. GSILBT74P59L424H), domiciliata
elettivamente in Roma, Via F. Confalonieri n. 5, presso lo studio
dell’Avv. Andrea Manzi, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Cosimo
Lovelli e Daniele Olivier° per procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
POSTE ITALIANE SPA (c.f. 97103880585), domiciliata elettivamente
in Roma, Via PO n. 25/B, presso lo studio dell’Avv. Roberto Pessi,
che la rappresenta e difende per delega a margine del controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 640/2010 della Corte d’appello di Potenza,
depositata in data 2.11.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
3.02.14 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;
udito l’Avv. F. Manzi.
Ritenuto in fatto e diritto
1.- Gioioso Elisabetta chiedeva al Giudice del lavoro di Potenza
che fosse dichiarata la nullità del termine apposto ad un contratto di
assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a.

Data pubblicazione: 31/03/2014

3. Gioioso Elisabetta c. Poste Italiane s.p.a. (r.g. 3026-11)

2

2.- Rigettata la domanda, la predetta proponeva appello e la
Corte d’appello di Potenza, con sentenza pubblicata in data 2.11.10,
rigettava l’impugnazione. Considerato che il contratto era cessato il
30.01.99 e che la richiesta di nullità del termine era stata proposta solo
con ricorso depositato nel novembre 2005, la Corte riteneva che la
lavoratrice avesse prestato adesione alla risoluzione del contratto e che,
quindi, non vantasse un interesse al suo ripristino.
3.- Gioioso proponeva ricorso per cassazione, cui rispondeva
con controricorso Poste Italiane.
4.- Il Consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha
depositato relazione, che è stata notificata ai difensori costituiti. Poste
Italiane ha depositato memoria.
5.- I motivi dedotti da Gioioso possono essere così sintetizzati:
5.1.- violazione degli artt. 1372 e 2697 c.c., in quanto il rapporto
di lavoro non avrebbe potuto essere ritenuto risolto per mutuo
consenso dato che il mero silenzio assume rilevanza sul piano giuridico
nel senso di tacita dichiarazione allorché la condotta della parte
contrattuale possa essere apprezzata come oggettiva manifestazione di
volontà;
5.2. carenza di motivazione in quanto il giudice di merito non ha
indicato da quali ulteriori elementi abbia dedotto la volontà delle parti
di ritenere definitivamente cessato il rapporto di lavoro.
6.- Procedendo a trattazione congiunta dei due motivi di ricorso
(n. 5.1 e 5.2), deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di
cassazione (v. per tutte Cass. 17.12.04 n. 23554) ritiene che nel giudizio
instaurato per il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro a
tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al
contratto di un termine finale scaduto) è configurabile la risoluzione
del rapporto per mutuo consenso ove sia accertata – per il tempo
trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto, nonché, per le
modalità di tale conclusione, per il comportamento tenuto dalla parti e
per altre eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune
volontà di porre fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del
significato e della portata di tali elementi compete al giudice di merito,
le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non
sussistono vizi logici o errori di diritto.
7.- Nel caso di specie il giudice di merito ha fatto applicazione
meramente formale di questo principio, atteso che ha desunto
l’esistenza di una chiara e certa comune volontà di porre fine ad ogni
rapporto lavorativo sulla base di due sole circostanze oggettive, quali:
a) la considerevole durata del lasso temporale intercorso tra la
cessazione del contratto e la proposizione della richiesta di
conciliazione all’Ufficio del Lavoro (oltre quattro anni), che ha ritenuto
del tutto sovradimensionata rispetto alle esigenze di ponderazione e

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con
rinvio alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, anche
per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2014
Il Presidente

riflessione che l’azione giudiziaria impone; b) l’accettazione senza
riserve delle spettanze di fine rapporto.
Tale motivazione è da considerare insufficiente in quanto non
idonea a qualificare i fatti – di per sè giuridicamente non rilevanti – del
mero trascorrere del tempo e dell’accettazione incondizionata come
chiara e certa volontà di entrambe le parti di considerare
definitivamente chiuso il rapporto lavorativo. Non viene, infatti,
individuata nessun alcuna ulteriore significativa circostanza di fatto, ne’
viene svolta alcuna ulteriore considerazione che non sia di contenuto
meramente formale a sostegno della tesi della realizzazione del mutuo
consenso. Giova al riguardo rammentare, invece, che la giurisprudenza
di questa Corte ha osservato che, ai fini dell’esaustività della
motivazione, la formulazione del giudizio di carenza di interesse alla
richiesta di continuazione del rapporto trova nella lunghezza del lasso
di tempo trascorso tra la cessazione del termine ed il promovimento
dell’azione in sede giudiziaria solo uno dei necessari riferimenti
argomentativi. Deve, infatti, essere tenuto in adeguato conto anche il
comportamento ulteriore tenuto dalla parti e debbono essere indicate
eventuali ulteriori circostanze significative (Cass. 10.11.08 n. 26935 e
28.9.07 n. 20390), la cui prova è onere della parte che abbia dedotto la
risoluzione (Cass. 1.2.10 n. 2279).
8.- Rilevata in questi termini l’insufficienza della motivazione, i
due motivi debbono essere ritenuti fondati, con conseguente
accoglimento del ricorso. La sentenza impugnata deve essere, pertanto,
cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo per un nuovo
esame che tenga conto dei principi sopra indicati.
Il giudice del rinvio procederà anche alla regolazione delle spese
del giudizio di legittimità.

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