Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7441 del 31/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7441 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 2284-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA (c.f. 97103880585), domiciliata elettivamente
in Roma, Viale Mazzini n. 134, presso lo studio dell’Avvocato Luigi
Fiorillo, che la rappresenta e difende per delega a margine del ricorso;

– ricorrente contro
FUMANTI FEDERICO, domiciliato elettivamente in Roma, Via
Germanico n. 172, presso lo studio dell’Avv. Sergio Galleano che lo
rappresenta per procura a margine del controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 6368/2009 della Corte d’appello di Roma,
depositata in data 16.01.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
3.02.14 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone.
Ritenuto in fatto e diritto
1.- Con ricorso al giudice del lavoro di Roma Fumanti Federico
chiedeva che fosse dichiarato nullo il termine apposto alla sua
assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a., disposta per il
periodo 20.6-30.9.98 per “necessità di espletamento del servizio di
recapito in concomitanza di assenze per ferie”.

Data pubblicazione: 31/03/2014

1. Poste Italiane s.p.a. c. Fumanti Federico (r.g. 2284-11)

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2.- Rigettata la domanda e proposto appello dal lavoratore, la
Corte d’appello con sentenza 16.01.10 accoglieva l’impugnazione
dichiarando la nullità del termine l’esistenza del rapporto a tempo
indeterminato, condannando il datore a corrispondere le retribuzioni
dalla costituzione in mora a titolo di risarcimento.
La Corte rilevava che — nell’ambito del sistema dell’art. 23 della
legge n. 56 del 1987, che aveva delegato le oo.ss. a individuare nuove
ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva — il
contratto era stato stipulato in forza dell’art. 8 del CCNL Poste
26.11.94 e che, pertanto, era subordinato al rispetto della clausola di
contingentamento fissata dallo stesso art. 8, c. 3, per il quale “il
numero di lavoratoti assunti con contratto a termine non potrà
superare la quota percentuale massima del 10°/0 rispetto al numero dei
lavoratori impegnati a tempo indeterminato”. Non avendo il datore
dato prova di adempimento alla clausola, il termine era da ritenere
nullo perché apposto al di fuori delle condizioni legittimanti.
3.- Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso
per cassazione, cui Fumanti rispondeva con controricorso.
4.- Il Consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha
depositato relazione, che è stata notificata ai difensori costituiti.
Fumanti ha depositato memoria.
5.- I motivi della soc. Poste possono essere così riassunti:
5.1.- carenza di motivazione per mancato esame dell’eccezione
formulata in secondo grado di inammissibilità dell’appello per
l’assoluta genericità del suo contenuto e la mancanza di effettive
censure alla prima sentenza (primo motivo);
5.2.- carenza di motivazione e violazione degli artt. 1175 e 1372
c.c., in quanto il rapporto di lavoro avrebbe dovuto essere ritenuto
risolto per mutuo consenso, ove solo la Corte d’appello avesse preso
in considerazione tutti i dati di fatto emersi nell’istruttoria ed
evidenziati dal primo giudice (motivo secondo);
5.3.- violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto il lavoratore nel suo
appello non aveva mosso alla sentenza di primo grado alcuna censura
inerente l’osservanza della clausola di contingentamento, che il primo
giudice aveva ritenuto documentalmente provata (motivo terzo);
5.4.- con il quarto motivo è affrontata la stessa questione del
capo che precede, sotto il profilo della carenza di motivazione;
5.5.- violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 3 della legge n. 230
del 1962, in quanto la Corte avrebbe attribuito al datore un onere
probatorio non dovuto, competendo al lavoratore provare le ragioni
dell’illegittimità del termine (motivo quinto);
5.6.- Carenza di motivazione e violazione degli artt. 115-116
c.p.c., avendo il giudice di appello preso in esame la questione
dell’inottemperanza alla clausola di contingentamento in mancanza di

1. Poste Italiane s.p.a. c. Fumanti Federico (r.g. 2284-11)

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esplicita impugnazione, senza svolgere, pur dando atto del principio di
prova offerto al riguardo da Poste Italiane, doverosi accertamenti di
ufficio al riguardo (motivo sesto);
5.7.- violazione dell’art. 8 del ccril 1994 e dell’art. 23 della legge
n. 56 del 1987, in quanto clausola di contingentamento e procedura
sindacale sono estranei al contenuto normativo del contratto collettivo
e rilevano solo all’interno dei vincolo obbligatoti intercorrenti tra le
parti collettive stipulanti (motivo settimo).
5.8.- Poste Italiane conclude il ricorso richiamando l’art. 32 della
legge 4.11.10 n. 183, che fissa specifici criteri di risarcimento del danno
connesso alla conversione del contratto di lavoro a tempo determinato
per nullità del termine, con applicazione diretta ai giudizi pendenti alla
data di entrata in vigore.
6.- Quanto al primo motivo (omesso e comunque insufficiente
esame della censura sulla genericità dell’appello, n. 5.1), il giudice ha
esaurientemente motivato il rigetto del mezzo di impugnazione
affermando che “l’appello contiene la specifica contestazione delle
argomentazioni svolte dal primo giudice”.
7.- Quanto al secondo motivo, (risoluzione per mutuo
consenso, n. 5.2) la giurisprudenza della Corte di cassazione (v. per
tutte Cass. 17.12.04 n. 23554 e numerose altre seguenti) ha ritenuto
che “nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza
di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto
dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale scaduto)
per la configurabilità di una risoluzione del rapporto per mutuo
consenso è necessario che sia accertata — sulla base del lasso di tempo
trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a tetinine, nonché,
alla stregua delle modalità di tale conclusione, del comportamento
tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative — una chiara e
certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente
fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della
portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di
merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se
non sussistono vizi logici o errori di diritto”.
8.- Al riguardo deve osservarsi che il giudice di primo grado era
giunto alla conclusione che le parti del rapporto di lavoro avessero
risolto il contratto di lavoro per mutuo consenso sulla base dei
seguenti elementi: a) breve durata del rapporto a termine (20.6.30.9.98) e invio della costituzione in mora (febbraio 2004) dopo quasi
cinque anni; b) svolgimento di attività lavorativa continuativa fin
dall’anno 2001 e stato di occupazione a tempo indeterminato al
momento della proposizione del ricorso (novembre 2005); c) esplicita
dichiarazione del ricorrente — resa in sede di interrogatorio libero — di
essere a conoscenza del contenzioso nei confronti di Poste Italiane fin

Per questi motivi
La Corte rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo, cassa la
sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa
composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di
legittimità.
DEPOSITATO IN CANCEUSAK
Così deciso in Roma il 3 febbraio 2014

dagli anni 2000-2001. Da questi elementi il primo giudice ha tratto la
conclusione che il lavoratore avesse perso ogni interesse a contestare la
correttezza dell’apposizione del termine e avesse accettato senza
obiezioni la cessazione del contratto.
9.– La Corte d’appello ha accolto il motivo di appello al riguardo
formulato dal lavoratore, escludendo la cessazione del rapporto per
mutuo consenso, in quanto nel caso in esame “oltre al decorso del
tempo, non sono [erano] emersi altri elementi significativi atti a
dimostrare la volontà del lavoratore di ritenere cessato il rapporto” e
che non era ammissibile la richiesta di assumere informazioni presso
l’UPLMO circa lo stato di occupazione del predetto “senza specifiche
deduzioni di fatto”. Tale motivazione è carente in quanto la
valutazione ha interessato uno solo dei parametri adottati dal primo
giudice e non anche gli altri (lo stato di occupazione del lavoratore
successivo allo spirare del termine ed il suo atteggiamento soggettivo),
che pure il giudice di appello aveva ritenuti rilevanti ai fini del decidere
(v. il riferimento alle informazioni da assumere all’UPLMO) e che
risultavano da circostanze acquisite agli atti sulla base delle
dichiarazioni dello stesso attore.
10.- Non sussiste la carenza di autosufficienza del ricorso
denunziata dal Fumanti con la memoria depositata in previsione
dell’adunanza. Il ricorso di Poste Italiane, infatti, riporta testualmente
(pagg. 3-4) il passo della sentenza di primo grado ove sono descritti in
termini incisivi i dati di fatto sui quali il giudice aveva fondato e
consente a questo Collegio di legittimità di avere un quadro ben chiaro
delle circostanze poste alla base del motivo di censura ora in esame.
11.- In conclusione, rigettato il primo motivo, deve essere
accolto il secondo e, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve
essere cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale nel
valutare l’appello proposto dal Fumanti prenderà in considerazione
tutte le circostanze di fatto prese in esame dal primo giudice.
Al giudice di rinvio va rimessa anche la regolazione delle spese
del giudizio di legittimità.

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