Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7441 del 18/03/2020

Cassazione civile sez. I, 18/03/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 18/03/2020), n.7441

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7424/2019 proposto da:

M.M.M., rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Migliaccio

(Pec luigimigliaccio-avvocatinapoli.legalmail.it) giusta procura

speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’avvocatura

generale dello Stato che lo rappresenta ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 653/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 30/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/01/2020 dal cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

che:

M.M.M., sostenendo di esser proveniente dal (OMISSIS), ricorre per cassazione, con tre motivi, contro la sentenza della corte d’appello di Perugia che ne ha respinto l’impugnazione in tema di protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno ha depositato un semplice atto di asserita costituzione finalizzato all’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5 in relazione all’obbligo di cooperazione istruttoria gravante sul giudice del merito;

col secondo motivo censura la sentenza per omesso esame di fatto decisivo a proposito dell’allegato rischio grave ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

col terzo motivo, infine, censura la sentenza per omesso esame di fatto decisivo a proposito della domanda di protezione umanitaria;

il ricorso è inammissibile per la ragione che la corte d’appello ha prioritariamente affermato che il richiedente non solo aveva mancato di fornire indizi in ordine all’attendibilità del racconto incentrato su un fatto specifico, e segnatamente sul timore di essere arrestato e sottoposto a pena di morte con l’accusa di aver provocato la morte di un uomo -, ma non aveva neppure in qualche modo dato prova della sua identità personale;

il racconto era cioè del tutto inverosimile e la stessa identità del richiedente, privo di documenti, era incerta, così come incerta era la sua provenienza dal (OMISSIS);

su questo specifico profilo non risultano formulate censure;

in materia di protezione internazionale, il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, trova applicazione tanto con riguardo alla domanda volta al riconoscimento dello “status” di rifugiato, tanto con riguardo alla domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, in ciascuna delle ipotesi contemplate dall’art. 14 stesso D.Lgs., con la conseguenza che, ove detto vaglio abbia esito negativo, l’autorità incaricata di esaminare la domanda non deve procedere ad alcun ulteriore approfondimento istruttorio officioso, neppure concernente la situazione del Paese di origine (v. Cass. n. 15794-19, Cass. n. 4892-19, Cass. n. 33096-18);

il principio tanto più vale – e anzi indiscutibilmente vale – ove sia accertato dal giudice del merito che niente corrobora finanche l’asserita identità personale del richiedente, poichè non si capirebbe su cosa andrebbe fatto in tal caso l’approfondimento istruttorio;

la mancanza di certezza sull’identità personale non consente di valutare il presupposto di qualunque forma di protezione, e men che meno della protezione umanitaria, che per sua natura è soggettivata in rapporto alla condizione personale di vulnerabilità;

cosicchè in definitiva il consolidamento della ratio in ordine al difetto di prove sull’identità personale del ricorrente si rivela assorbente di ogni ulteriore profilo;

l’atto di (asserita) costituzione dell’avvocatura dello Stato non assume dignità di controricorso, donde non devesi provvedere sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2020

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