Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7440 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/03/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 17/03/2021), n.7440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 9463 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

s.r.l. Farini 37, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del

controricorso, dagli avvocati Giorgio Bacchelli e Massimo Rosati,

elettivamente domiciliatosi presso lo studio del secondo, in Roma,

alla via Isacco Newton, n. 6;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia-Romagna, depositata in data47 dicembre 2013,

n. 124;

udita la relazione resa nella camera di consiglio del 30 settembre

2020 dal consigliere Angelina-Maria Perrino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dagli atti che la s.r.l. Farini 37, costituita nell’aprile del 2005 al fine di svolgere, secondo statuto, attività di costruzione di edifici residenziali e non residenziali, ha acquistato, nel maggio successivo, un immobile e nella dichiarazione presentata per quell’anno d’imposta ha esposto a credito l’iva concernente l’acquisto in questione, che ha poi chiesto a rimborso.

L’Agenzia delle entrate ha bloccato l’istanza di rimborso perchè, nel rettificare la dichiarazione relativa al 2005, ha recuperato l’iva a credito, che non ha ritenuto detraibile. Ciò in quanto, ha sottolineato, da un lato la società non ha in concreto svolto alcuna attività, fruendo comunque di finanziamenti bancari per finalità a giudizio dell’Ufficio diverse e comunque estranee a quelle per le quali erano stati erogati e, dall’altro, la venditrice non aveva presentato per il 2005 la dichiarazione iva ed era cessata per incorporazione. Sicchè l’operazione avrebbe avuto l’unica finalità di ottenere il rimborso dal fisco dell’iva a credito.

La società ha impugnato l’avviso di accertamento che ne è scaturito, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna.

Quella regionale dell’Emilia Romagna ha rigettato il successivo appello proposto dall’Agenzia, sottolineando che il prezzo dell’immobile acquistato è stato interamente corrisposto, in parte dalla ricorrente e in parte della banca, e concludendo che l’acquisto dell’immobile, in considerazione dell’oggetto sociale e del fatto che è avvenuto nel primo periodo d’imposta e, quindi, nella fase di avvio della società, non può che essere considerato inerente.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate, per ottenerne la cassazione, che articola in due motivi, cui la società replica con controricorso, che illustra con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Va premesso che l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, adombrata in memoria, là dove la società fa leva sulla c.d. doppia conforme, ossia sul fatto che sia in primo, sia in secondo grado le decisioni sono state ad essa favorevoli, è manifestamente infondata in relazione al primo motivo, col quale si denuncia una violazione di legge, e non già un vizio di motivazione, che potrebbe risentire, in tesi, dell’inammissibilità dovuta alla doppia conforme (art. 348-ter c.p.c., comma 4).

2.- Col primo motivo di ricorso, appunto, l’Agenzia delle entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 4 e 19 là dove, per affermare l’inerenza dell’acquisto dell’immobile all’attività d’impresa, il giudice d’appello si è limitato a far leva sull’attività indicata nell’oggetto sociale.

Il motivo è fondato.

Questa Corte riconosce che in tema di iva, ai fini della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti di beni e sulle operazioni passive, occorre accertarne l’effettiva inerenza rispetto alle finalità imprenditoriali, senza che occorra, tuttavia, il concreto svolgimento dell’attività di impresa: la detrazione dell’imposta può difatti spettare anche in assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purchè, però, finalizzate alla costituzione delle condizioni d’inizio effettivo dell’attività tipica (tra varie, Cass. 21 settembre 2016, n. 18475 e 3 ottobre 2018, n. 23994).

2.1.- L’indirizzo è coerente col diritto unionale, come interpretato dalla Corte di giustizia.

Difatti, ha stabilito quella Corte, chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica e sostiene a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo. In quanto agisca come tale, egli ha quindi il diritto di detrarre immediatamente l’iva dovuta o pagata sulle spese d’investimento sostenute in vista delle operazioni che intende effettuare e che danno diritto alla detrazione, senza dover aspettare l’inizio dell’esercizio effettivo della sua impresa (Corte giust. 28 febbraio 1996, in causa C-110/94, Inzo; Corte giust. 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal; Corte giust. 8 giugno 2000, causa C400/98, Brigitte Breitsohl; Corte giust., 2 giugno 2016, causa C263/15, Lajver).

2.2.- E’ difatti l’acquisto di beni o servizi da parte di un soggetto passivo che agisce come tale a determinare l’applicazione del sistema dell’iva e, quindi, della detrazione, mentre l’impiego dei beni o dei servizi, reale o anche previsto, determina soltanto l’entità della detrazione iniziale, nonchè quella delle eventuali rettifiche (Corte giust. 28 febbraio 2018, causa C-672/16, Imofloresmira – Investimentos Imobilierios SA). Altrimenti, ammonisce quella Corte, si determinerebbe una violazione del principio di neutralità dell’imposta, che comporterebbe disparità ingiustificate tra imprese con lo stesso profilo e che esercitano la medesima attività.

3.- Non si può, tuttavia, ritenere sufficiente un’intenzione che si articoli sul piano meramente soggettivo o dei propositi: occorre pur sempre che l’intenzione sia confermata da elementi oggettivi e non sia contrassegnata da finalità fraudolente o abusive.

In particolare, ha chiarito sempre la giurisprudenza unionale (ancora Corte giust. in causa C-672/16, cit.), sono sì irrilevanti i risultati dell’attività economica, di modo che sull’esistenza del diritto non è destinato a incidere il mancato utilizzo del bene, purchè, però, il mancato utilizzo sia indipendente dalla volontà del soggetto passivo che ha acquistato il bene.

3.1.- Occorre, quindi, in definitiva, ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione:

– anzitutto, che il bene o servizio acquisito, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario all’organizzazione dell’impresa o funzionale all’iniziativa economica “programmata” in vista della successiva attuazione (in linea, Cass. 26 febbraio 2019, n. 5559 e 12 febbraio 2020, n. 3396). A tal fine, la giurisprudenza unionale fornisce utili parametri di riscontro come, ad esempio, la natura del bene, il periodo di tempo intercorso tra l’acquisto del bene ed il suo uso effettivo, le iniziative svolte dal soggetto passivo al fine di eliminare il temporaneo ostacolo all’impiego effettivo del bene (come la realizzazione di interventi materiali volti a predisporre il bene od a conformarlo alle esigenze organizzative aziendali o la richiesta di autorizzazioni o permessi necessari all’utilizzo del bene), il confronto tra il concreto impiego del bene e le modalità in cui viene invece normalmente esercitata l’attività economica (Corte giust. 22 marzo 2012, causa C-153/11, Klub ODD; Corte giust. 20 giugno 2013, causa C219/12, Fuchs);

– poi, che il mancato utilizzo del bene sia determinato da cause indipendenti dalla volontà del soggetto acquirente, sia pure assunte in un’accezione ampia (come ha fatto la Corte di giustizia, a proposito della decisione di un soggetto passivo di non dare concreto inizio all’attività economica per effetto dei risultati di uno studio di fattibilità commissionato a terzi: Corte giust. in causa C110/94, cit.; nella medesima direzione, da ultimo, Corte giust. 12 novembre 2020, causa C-734/19, Soc. ITH Comercial Timisoara).

4.- La sentenza impugnata, allora, con la quale ci si è limitati a far leva sull’oggetto statutario, non è in linea con questi principi.

4.1.- Per conseguenza, il primo motivo di ricorso va accolto, con assorbimento del secondo, col quale l’Agenzia allega fatti a suo avviso pretermessi dal giudice d’appello.

Seguono la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna in diversa composizione.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna in diversa composizione. Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

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