Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7437 del 18/03/2020

Cassazione civile sez. I, 18/03/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 18/03/2020), n.7437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3894-2019 r.g. proposto da:

F.M.M.A. (cod. fisc. non attribuito),

rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine

del ricorso, dall’Avvocato Fabrizio Petrachini, presso il cui studio

è elettivamente domiciliato in Roma, Via Circonvallazione Trionfale

n. 145;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA di ROMA, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui Uffici in Roma, Via dei

Portoghesi n. 12 è elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

avverso il provvedimento emesso dal Giudice di pace di Roma e

depositato in data 19 dicembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/1/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con il provvedimento impugnato il Giudice di Pace di Roma ha rigettato l’opposizione presentata da F.M.M.A., cittadino (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione adottato dal Prefetto di Roma in data 18.7.2016.

Il giudice di pace ha ritenuto che: a) non era necessaria la comunicazione, ai sensi della L. n. 241 del 1990, ART. 7 dell’avvio del procedimento, in caso di provvedimento espulsivo; b) sussisteva, altresì, il rischio di fuga ex art. 13, comma 4 bis t.u. imm., in quanto l’odierno ricorrente non aveva dimostrato l’attuale disponibilità di un alloggio.

2. Il provvedimento, pubblicato il 19 dicembre 2018, è stato impugnato da F.M.M.A. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui l’amministrazione ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, ART. 7.

2. Con il secondo motivo si deduce sempre vizio di violazione e falsa applicazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 4 bis. Si evidenzia che il ricorrente aveva fornito adeguata documentazione atta a dimostrare la disponibilità di un alloggio stabile non precario ove poteva essere rintracciato.

3. Il ricorso è infondato.

3.1 Già il primo motivo non merita positivo apprezzamento.

3.1.1 Sul punto la giurisprudenza espressa da questa Corte ha statuito che la necessità di dare comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento amministrativo, ai sensi della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 8 non si estende alla procedura di espulsione dello straniero (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27682 del 30/10/2018; cfr. anche Cass. 5080/2013).

3.1.2 Il secondo motivo è anch’esso infondato.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di espulsione dello straniero, gli effetti della Direttiva 117/2008/CE, nella applicazione che di essa ha inteso dare la sentenza del 28/4/2011 della Corte di Giustizia (ricorso El Dridi) devono essere individuati esclusivamente nella disapplicazione dell’intimazione adottata ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis e nella conseguente inesistenza di un titolo giustificativo per la conseguente espulsione, mentre nessuna incidenza nella legittimità di tale provvedimento possono produrre le regole sull’esecuzione dell’espulsione, atteso che eventuali questioni attinenti all’esecuzione rilevano in sede di sindacato della convalida dell’accompagnamento e/o del trattenimento non legittimi, ma non in ordine al paramento alla stregua del quale deve essere valutata la legittimità del provvedimento espulsivo, desumibile esclusivamente dalle condizioni di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 (Cass. sez. 6, ordinanza n. 10243 del 20/06/2012; v. anche n. 18481 del 2011, n. 7196 del 2012). E’ stato altresì precisato, sempre dalla giurisprudenza espressa da questa Corte, che la decisione relativa alla modalità di attuazione della misura coercitiva dell’espulsione non attiene all’esistenza e legittimità di quest’ultima misura amministrativa, ma alla sua esecuzione e, conseguentemente non può essere censurata in sede di opposizione all’espulsione (Cass. n. 4423/2014; cfr. anche Cass. n. 15185/2012).

Ciò posto, risulta evidente come nel caso in esame la parte ricorrente si dolga, con la censura proposta nel secondo motivo, solo della questione delle modalità di esecuzione dell’espulsione (accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica) – ritenuta necessaria per il ritenuto pericolo di fuga -, questione che, esula, invece dal giudizio in ordine alle condizioni legittimanti il provvedimento espulsivo.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2020

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