Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7431 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 26/03/2010), n.7431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.p.A., in persona dell’Avv. S.A.,

responsabile della Direzione Affari Legali giusta procura per atto

notaio Ambrosone di Roma del 15.06.2005 rep. n. 36583, elettivamente

domiciliata in Roma, Viale Europa 175, presso la Direzione Affari

Legali, rappresentata e difesa dall’Avv. Ursino Anna Maria Rosaria

per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.W., elettivamente domiciliato in Roma, Via Pierluigi

da Palestrina n. 19, presso lo studio dell’Avv. dall’Avv. Cristina

Cialdini, rappresentato e difeso dall’Avv. Stefanelli Livio del foro

di Brindisi come da procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 1441/05 della Corte di Appello di

Lecce del 17.06.2005/30.06.2005 (R.G. n. 3388 dell’anno 2004).

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10.03.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. MATERA

Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, depositato il 22.05.2002, D.W. impugnava la sanzione a lui inflitta (pari a due ore di retribuzione) dalla datrice di lavoro Poste Italiane per essersi assentato dalla abitazione in data 22 agosto 2001, in ora (10,50) compresa nella fascia di reperibilità ai fini della visita medico-fiscale.

All’esito il Tribunale di Brindisi con sentenza n. 2711 del 2004 respingeva il ricorso, ritenendo che la patologia non fosse insorta in modo improvviso sì da non permettere l’adempimento dell’obbligo della preventiva comunicazione alla società anche per mezzo di terze persone.

Tale decisione, appellata dal D., è stata riformata dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza n. 1441 del 2005, che ha dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare inflitta con atto 23.10.2001 all’appellante e ha condannato le Poste Italiane al rimborso a favore dello stesso appellante di Euro 17,65, corrispondente all’importo della multa.

Il giudice di appello ha ritenuto giustificato l’allontanamento del lavoratore dalla sua abitazione, avendo costui necessità di farsi somministrare un farmaco anitifiammatorio, come attestato da parte del Dott. D.M., che praticò una fiala di “Voltaren” il giorno 22.08.2001 alle ore 10,45. Le Poste Italiane ricorrono con tre motivi, il D. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 638 del 1983, art. 4, comma 3 – e art. 14, comma 5 – in riferimento all’art. 40, punti 8 e 9 CCNL dell’11.01.2001; con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 51 CCNL, in relazione agli artt. 2104 e 2105 c.c.; con il terzo motivo deduce vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia.

Le Poste Italiane nel contestare la sentenza impugnata, sostengono che il percorso motivazionale del giudice di appello è illogico e contraddittorio, giacchè dapprima afferma che il dipendente sarebbe stato accompagnato da un parente dal proprio medico curante, mentre immediatamente dopo assume che lo stesso dipendente non aveva potuto incaricare alcuno di avvisare la società dell’allontanamento, essendosi trovato solo in casa.

Le stesse Poste aggiungono che il giudice di appello non aveva tenuto nella dovuta considerazione il complessivo comportamento del D., il quale, pur bisognoso di un trattamento sanitario, non aveva comunque assolto all’obbligo previsto dal contratto collettivo di preventiva comunicazione, non dimostrando che la malattia fosse insorta in modo improvviso.

Le esposte censure, che possono essere esaminate congiuntamente, non colgono nel segno e non meritano perciò di essere condivise in base alle seguenti considerazioni.

Il giudice di appello ha fatto puntuale applicazione ed interpretazione della normativa in materia e delle disposizioni collettive (in particolare art. 40, comma 8 e comma 9 del CCNL 1998/2001), accertando che il dipendente si allontanò dalla propri abitazione, sottraendosi alla visita medica di controllo, per giustificato motivo, avendo necessità di somministrazione di farmaco intramuscolo per alleviare la lombalgia che lo affiggeva da alcuni giorni.

A tale valutazione, sostenuta da adeguata e coerente motivazione, la ricorrente ha opposto un diverso apprezzamento degli elementi in fatto ed una diversa interpretazione delle disposizioni collettive, non consentiti in sede di legittimità.

L’impugnata decisione è in linea con il consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, secondo cui la mancanza di giustificazione dell’assenza alla visita di controllo determina un inadempimento dell’obbligo di cooperazione inteso in senso ampio, sanzionarle disciplinarmente, nonchè con la perdita dell’indennità (cfr Cass. n. 7691 del 2004; Cass. n. 16140 del 2002; Cass. n. 12686 del 1995), giustificazione che nel caso d i specie, come detto, è stata ritenuta sussistente dal giudice di appello.

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di Cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 16,00 oltre Euro 1.000/00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

 

 

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