Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7429 del 23/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 23/03/2017, (ud. 22/02/2017, dep.23/03/2017),  n. 7429

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21750/2015 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 95, presso lo studio dell’avvocato ANDREA CUTELLE’, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SC.CL., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

37, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GRAZIANI, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 625/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

S.G. intimò innanzi al Tribunale di Roma sfratto per morosità, con istanza di ingiunzione di pagamento, nei confronti di Sc.Cl.. Il Tribunale adito, previo mutamento del rito, rigettò la domanda di risoluzione del contratto di locazione ed accolse la domanda riconvenzionale proposta dallo Sc. di condanna al pagamento della somma di Euro 18.200,00 oltre interessi a titolo di canoni non dovuti. Avverso detta sentenza propose appello S.G.. Con sentenza di data 5 febbraio 2015 la Corte d’appello di Roma rigettò l’appello. Osservò la corte territoriale che, come affermato dal primo giudice, stante la nullità della clausola relativa all’esigenza transitoria, il contratto dell’ottobre 2006 aveva la durata di quattro anni, sicchè, non potendosi attribuire nessun valore al presunto accordo verbale dell’ottobre 2007 con previsione di canone mensile di Euro 1.350,00, il canone restava fissato in Euro 400,00, con diritto del conduttore alla restituzione di quanto versato oltre il dovuto. Aggiunse, circa i versamenti effettuati dal conduttore, che il primo giudice, basandosi sui riconoscimenti impliciti del locatore, aveva correttamente determinato il versato dall’agosto 2008 al novembre 2010 (pari ad Euro 31.500,00), in luogo della somma dovuta di Euro 10.4000 (pari a ventisei mesi al canone di Euro 400,00), mentre il locatore nell’intimazione di sfratto aveva lamentato il mancato pagamento dei canoni di dicembre 2010, gennaio, settembre e ottobre 2011.

Ha proposto ricorso per cassazione S.G. sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2.

Con il primo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che si è tradotto in violazione e falsa applicazione degli artt. 1188 e 2697 c.c., nonchè artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta il ricorrente che il giudice di appello ha omesso di esaminare la circostanza che gli assegni bancari prodotti dal conduttore fossero intestati non al locatore ma a S.P., sicchè non erano idonei ad assumere rilevanza probatoria.

Il motivo è inammissibile. Con la denuncia di vizio motivazionale, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881). Il ricorrente si è limitato a riferire genericamente di assegni bancari prodotti dal conduttore in favore di S.P., ma non ha precisato la sede processuale della produzione e le modalità mediante cui la circostanza abbia costituito oggetto della discussione processuale fra le parti. L’assenza di più precise indicazioni in ordine agli assegni (numero, ammontare, epoca di emissione) non consente poi di valutare la decisività della circostanza.

Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di motivo di appello che si è tradotto in violazione e falsa applicazione degli artt. 1188 e 2697 c.c., nonchè artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto che il locatore si sarebbe limitato a sostenere di non aver ricevuto alcun pagamento dal conduttore, avendo invece il locatore confutato l’argomento che dalla mancata contestazione di taluni pagamenti sarebbe derivato l’effetto dell’adempimento, e che contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello nell’intimazione di sfratto erano stati indicati tutti gli importi non percepiti dall’ottobre 2007. Aggiunge che dall’avere lo S. affermato che con lo Sc. era stato pattuito un canone maggiorato (Euro 1.350,00) in vista del nuovo contratto e che il conduttore rifiutandosi di stipulare il nuovo contratto era rimasto nell’immobile accettando quindi il nuovo canone non poteva desumersi l’ammissione che il locatore avesse percepito i canoni dovuti.

Il motivo è inammissibile. La censura attiene alla valutazione che il giudice di merito ha compiuto delle risultanze processuali, ed in particolare delle deduzioni della parte nel corso del giudizio, che è profilo sindacabile nella presente sede di legittimità esclusivamente nei termini del vizio motivazionale. Anche l’interpretazione della domanda, ed in particolare il contenuto dell’intimazione di sfratto per morosità, resta istituzionalmente di competenza del giudice di merito quale accertamento in concreto della volontà della parte ed in generale delle emergenze processuali.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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