Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7426 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 26/03/2010), n.7426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TRIFIROD SALVATORE, giusta mandato a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 350/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/05/2005 r.g.n. 503/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/02/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Vicenza, regolarmente notificato, S.R., assunta dalla società Poste Italiane s.p.a. con diversi contratti a tempo determinato per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, rilevava che i motivi indicati nei contratti conclusi non rientravano nell’ambito delle ipotesi previste, ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23, dall’art. 8 del CCNL del 26 novembre 1994, così come integrato con l’accordo collettivo del 25 settembre 1997 e che, essendo stata l’assunzione illegittima, i contratti si erano convertiti in contratti a tempo indeterminato. Chiedeva pertanto che, previa dichiarazione di illegittimità del termine apposto al contratti di lavoro in questione, fosse dichiarata l’avvenuta trasformazione degli stessi in contratto a tempo indeterminato, con condanna della società al risarcimento del danno.

Con sentenza in data 8.8.2003 il Tribunale adito accoglieva la domanda e dichiarava la natura a tempo indeterminato dei rapporti in questione, a decorrere dal 7.10.1998, condannando la società convenuta al ripristino del rapporto ed al pagamento in favore della ricorrente della retribuzione, con accessori, dalla data del tentativo di conciliazione.

Avverso tale sentenza proponeva appello la società Poste Italiane s.p.a lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo il rigetto delle domande proposte da controparte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza in data 1^ marzo 2005, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per Cassazione la Poste Italiane s.p.a con tre motivi di impugnazione.

La lavoratrice intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

Col primo motivo di gravame la ricorrente lamenta la erroneità dell’interpretazione fornita dalla società datoriale dell’accordo sindacale 25.9.1997.

Col secondo motivo di gravame lamenta che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto l’illegittimità del contratto in questione sotto il profilo che lo stesso non conteneva alcuna concreta indicazione delle ragioni di stipulazione del termine, sottese alla previsione, astratta e programmatica, dell’accordo collettivo.

Col terzo motivo di gravame la ricorrente lamenta la non corretta applicazione dei criteri ermeneutici in relazione all’art. 8 CCNL 26.11.1994, integrato dall’accordo 25.9.1997, rilevando che gli accordi collettivi non fissavano alcun limite temporale alla stipula dei contratti a termine.

Col quarto motivo di gravame la ricorrente lamenta che erroneamente la Corte territoriale aveva condannato la società al pagamento di tutte le retribuzioni dalla data delle pretesa messa in mora.

Posto ciò rileva il Collegio che in corso di causa è stato depositato un verbale di conciliazione in sede sindacale in data 30.3.2006 concernente la presente controversia, debitamente sottoscritto dalla lavoratrice interessata, oltre che dal rappresentante delle Poste Italiane s.p.a.; dal suddetto verbale di conciliazione risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge.

Ad avviso del Collegio il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso nei confronti della lavoratrice sopra indicata in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass. SU. 29 novembre 2006 n. 25278).

In definitiva il ricorso nei confronti della predetta dipendente deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Nessuna statuizione va adottata il ordine alle spese di giudizio non avendo l’intimata svolto alcuna attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

 

 

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