Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7422 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. III, 31/03/2011, (ud. 31/01/2011, dep. 31/03/2011), n.7422

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato MACRO RENATO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BALDASSARRE ALESSANDRO giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il TRIBUNALE DI BERGAMO,

CONSIGLIO NAZIONALE DEI PERITI INDUSTRIALI E DEI PERITI INDUSTRIALI

LAUREATI, CONSIGLIO DEL COLLEGGIO DEI PERITI INDUSTRIALI;

– intimati –

avverso la decisione n. 3/2006 del CONSIGLIO NAZIONALE DEI PERITI

INDUSTRIALI, emessa il 12/4/2006, depositata il 20/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/01/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il perito industriale C.F. veniva sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio del Collegio dei Periti Industriali di Bergamo che gli contestava quattro addebiti e, con Delib. n. 16 dell’anno 2005, lo riteneva responsabile degli addebiti contestati e gli irrogava la sanzione disciplinare della sospensione di giorni novanta dall’esercizio della professione.

Avverso tale delibera il C. proponeva impugnazione davanti al Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati, eccependo l’intervenuta prescrizione dei fatti a lui addebitati e la nullità della delibera per la presenza, in una delle sedute del Consiglio in sede disciplinare, di persona estranea al Consiglio, le cui sedute non sono aperte al pubblico; chiedeva pertanto che fosse dichiarata prescritta l’azione disciplinare, che fosse comunque dichiarata la nullità del procedimento e quindi fosse annullata la delibera impugnata; in subordine, che fosse ridotta la pena disciplinare.

Il Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati, con decisione del 12 aprile 2006, depositata il 20 aprile 2006, pur ritenendo prescritta l’azione disciplinare per tre degli addebiti contestati, rigettava il ricorso.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione C. F., a mezzo di tre motivi. Non si difende l’intimato Consiglio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso è dedotta violazione dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il Consiglio Nazionale comunicato la data fissata per la seduta in sede giurisdizionale con avviso spedito con raccomandata a.r. all’avv. Alessandro Baldassare, procuratore del C., con indicazione, rivolta al destinatario, della facoltà di farsi assistere, se ritenuto opportuno, da un difensore o da un esperto di fiducia.

Sostiene il ricorrente che tale comunicazione avrebbe dovuto essere diretta a lui personalmente presso il domicilio eletto e non al suo procuratore; che l’omessa notifica a lui diretta personalmente non gli avrebbe consentito di partecipare alla discussione del ricorso con violazione dell’art. 24 Cost.; che il diritto di comparire ed essere sentito personalmente è parte del diritto di difesa dell’incolpato in sede disciplinare come affermato e ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte con riferimento al D.L.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382, artt. 1 e 18 e succ. mod. (Cass. S.U. n. 10125/94 e Cass. S.U. n. 7169/96).

Risulta dagli atti – consultabili da questa Corte poichè è denunciato error in procedendo – che C.F. elesse domicilio presso l’avv. Alessandro Baldassarre, esattamente nel luogo in cui gli venne recapitata la raccomandata r.r. contenente l’avviso a comparire alla seduta del Consiglio Nazionale; tale avviso, notificato correttamente presso il domicilio eletto, non poteva che essere diretto alla parte che aveva proposto l’impugnazione avverso la delibera del Collegio di Bergamo, così come alla parte era diretta la comunicazione relativamente alla facoltà di farsi assistere da un difensore od esperto di fiducia. La circostanza che il destinatario formale, come tale indicato nell’indirizzo della raccomandata, fosse l’avv. Alessandro Baldassarre e non il perito industriale C.F., non ha evidentemente privato quest’ultimo della possibilità di conoscere la data della seduta disciplinare, di comparire e di essere sentito personalmente nè della possibilità di farsi assistere. Infatti, il tenore dell’avviso è tale da non lasciare dubbio alcuno sul fatto che fosse diretto all’avv. Alessandro Baldassarre, non in proprio, ma quale domiciliatario, poichè reca la menzione del ricorso a cui è riferito e precisa che la seduta del 12 aprile 2006 ore 10 era fissata proprio per la trattazione del ricorso proposto dal C.. La lettera è datata 22 marzo 2006 e risulta ricevuta dal destinatario, quale domiciliatario della parte, in tempo utile perchè questa potesse comparire dinanzi al Collegio Nazionale e potesse avanzare regolare richiesta di assistenza legale o tecnica.

Nè poteva indurre perplessità alcuna la generica menzione che “la S.V. ha facoltà di comparire alla seduta predetta e, ove ne avanzi richiesta, di farsi assistere, se lo ritiene opportuno, da un difensore o da un esperto di fiducia…” sì da doversi intendere, come sostiene il ricorrente, rivolta al suo difensore piuttosto che a lui personalmente: la comunicazione venne indirizzata al difensore perchè questi era anche il domiciliatario del ricorrente, ma non poteva che essere diretta a quest’ultimo, nè avrebbe potuto correttamente essere indirizzata in altro luogo che non fosse quello del domicilio eletto come di fatto avvenne.

Il primo motivo di ricorso va perciò rigettato.

2. Col secondo motivo di ricorso viene denunciata la violazione del R.D. 16 marzo 1942, art. 12, comma 2, in relazione all’art. 360, n. 3, nonchè illogicità manifesta della motivazione, con riguardo al rigetto dell’eccezione di nullità del procedimento svoltosi dinanzi al Collegio di Bergamo per avere presenziato alla riunione del 18 marzo 2004 tale avv. Giuliano Tropea, sollevata dal ricorrente sulla base del carattere non pubblico delle sedute dei consigli degli ordini professionali in sede disciplinare. Il Consiglio Nazionale, nel provvedimento impugnato, pur riconoscendo che risultava dal verbale la partecipazione dell’avv. Tropea alla riunione, ha motivato il rigetto dell’eccezione, sia con la mancata partecipazione del soggetto estraneo alla successiva deliberazione del Collegio, sia reputando che non sarebbe applicabile al caso di specie la normativa del D.M. 1 ottobre 1948 che regola il procedimento disciplinare dinanzi al Collegio Nazionale, poichè questo ha carattere giurisdizionale, mentre quello che si svolge dinanzi ai consigli territoriali ha carattere amministrativo, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 8 agosto 2005 n. 16616).

Il ricorrente censura la motivazione in diritto del provvedimento impugnato, rilevando che i principi generali dell’ordinamento imporrebbero la segretezza dei procedimenti disciplinari, per evidenti ragioni di riservatezza, come affermato dalla Suprema Corte anche con riguardo ai procedimenti dinanzi agli organi professionali territoriali (Cass. 21 maggio 1986 n. 3374).

Il motivo è infondato, sebbene la motivazione del provvedimento impugnato debba essere parzialmente modificata.

Il D.M. 1 ottobre 1948 pubblicato sulla G.U. n. 267 del 16 dicembre 1948 reca il regolamento per la trattazione dei ricorsi dinanzi al Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e detta le norme applicabili dinanzi a tale organo che, in queste fattispecie, svolge attività giurisdizionale. Va condivisa l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato per la quale tale attività si distingue da quella svolta dagli organi professionali periferici che, invece, in sede disciplinare, pongono in essere un’attività amministrativa (così Cass. S.U. 8 agosto 2005 n. 16616, che, pur riguardando altro ordine professionale, esprime un principio applicabile anche al caso in esame). Tuttavia, anche il procedimento disciplinare dinanzi agli organi periferici è regolato da norme e principi il cui rispetto s’impone ai fini della legittimità della decisione, a prescindere dalla correttezza di questa in punto di sussistenza dell’illecito, tanto da dover essere delibato dall’organo disciplinare nazionale in caso di dedotta violazione da parte dell’incolpato (cfr. Cass. 1 agosto 2001 n. 10491, per la quale: “Il potere disciplinare del collegio provinciale dei periti industriali si esercita mediante provvedimenti di natura amministrativa, impugnabili in via giurisdizionale davanti ai consigli nazionali, che sono giudici speciali, a cui spetta giudicare della sussistenza di tutti i vizi di legittimità del provvedimento disciplinare che siano stati dedotti dall’incolpato, sia quelli concernenti la sussistenza dell’illecito che quelli relativi alla legittimità del procedimento amministrativo seguito dal Collegio provinciale nell’applicazione della sanzione”).

Tali regole di governo del procedimento disciplinare in sede amministrativa sono desumibili sia da principi generali dell’ordinamento (quali quelli che riguardano il diritto al contraddittorio ed il diritto di difesa dell’incolpato come implicante la facoltà di comparire e di essere assistito personalmente nonchè di essere assistito da un legale di sua fiducia: cfr. Cass. S.U. 5 agosto 1996 n. 7169; ovvero il diritto di essere giudicato da un organo terzo ed imparziale: cfr. Cass. 1 agosto 2001 n. 10491 cit.) sia dai principi che regolano più specificamente i procedimenti disciplinari – quale è quello della segretezza del processo, dettato espressamente, per il procedimento dinanzi al Consiglio Nazionale dei Periti Industriali, dall’art. 8 del citato D.M. 1 ottobre 1948, ed, in generale, nelle norme che riguardano i singoli procedimenti disciplinari dinanzi agli organi delle diverse categorie professionali, e ritenuto conforme a Costituzione in diversi precedenti di questa Corte (tra cui, oltre a Cass. 21 maggio 1986 n. 3374, citato dal ricorrente, Cass. S.U. 23 febbraio 1999 n. 98 e Cass. 15 giugno 2004 n. 11275).

Peraltro, va sottolineato come tutti i precedenti in materia abbiano ritenuto che si tratta di una scelta del legislatore giustificata obiettivamente dall’esigenza di tutela, non del singolo in quanto incolpato, bensì della categoria professionale, poichè la pubblicità di fatti (veri o presunti tali) potrebbe pregiudicare il prestigio della professione ed il decoro della categoria professionale. Ne segue che la violazione del principio della segretezza, in sè considerata, soprattutto quando riguardi non il momento deliberativo, ma soltanto quello istruttorio, non comporta una nullità del procedimento idonea, di per sè, ad inficiare la validità del provvedimento disciplinare adottato nei confronti del singolo incolpato; per aversi invece nullità del provvedimento, è necessario che la pubblicità della seduta abbia comportato la violazione di diritti riconosciuti all’incolpato per l’integrità del contradditorio e l’esercizio della difesa nel relativo procedimento;

e, perchè l’organo dinanzi al quale il provvedimento impugnato venga investito della valutazione circa la legittimità del procedimento seguito in prima istanza, è altresì necessario che la parte incolpata ricorrente non si limiti a denunciare la violazione del principio di segretezza della seduta, ma prospetti a fondamento dell’impugnazione stessa le ragioni per le quali la violazione della regola della segretezza abbia comportato l’ingiustizia del procedimento, causata dalla difficoltà o dall’impossibilità di difendersi a tutela dei propri diritti.

Nel caso di specie, il C. si è limitato a denunciare dinanzi al Consiglio Nazionale la presenza di un estraneo alla riunione che precedette la deliberazione del Collegio di Bergamo: non ha dedotto che siffatta presenza abbia comportato una lesione dei suoi diritti ovvero abbia compromesso l’imparzialità dell’organo disciplinare.

D’altronde, quanto a quest’ultimo profilo, il provvedimento impugnato ha sottolineato come il tale avv. Giuliano Tropea, che pure risultava presente nel corso della riunione, non risultava avere preso parte alla decisione “la quale è stata assunta autonomamente dal Collegio stesso”. Questa parte della motivazione non è stata censurata dal ricorrente dinanzi a questa Corte di Cassazione.

Pertanto, va rigettato anche il secondo motivo di ricorso.

3. Col terzo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia l’illogicità manifesta e la contraddittorietà della motivazione laddove ha ritenuto fondata l’impugnazione per l’eccezione di prescrizione con riguardo a tre dei quattro addebiti contestati, ma ha comunque rigettato il ricorso, confermando così la sanzione inflitta dal Collegio di Bergamo, che invece aveva ritenuto sussistenti e sanzionabili tutti e quattro gli addebiti contestati all’incolpato.

Il motivo va accolto. Risulta contraddittoria l’affermazione per la quale “l’annullamento per prescrizione dei primi tre addebiti non allieva comunque il comportamento tenuto dall’incolpato e la gravità della commissione dell’ultimo addebito”: l’unica interpretazione che consentirebbe di superare l’illogicità di tale motivazione sarebbe quella di ritenere che il Consiglio Nazionale abbia inteso aggravare la sanzione inflitta col primo provvedimento disciplinare per il quarto degli addebiti fino a determinarla nella stessa misura con la quale si era invece inteso sanzionare la commissione di ben quattro addebiti. Però, questo iter logico non risulta compiuto dal Consiglio Nazionale, che non ha affatto esplicitato nè motivato una sua decisione in termini di aggravamento della sanzione. In mancanza di motivazione sul punto, l’argomento adottato dal Consiglio Nazionale per motivare il rigetto del ricorso malgrado l’accoglimento del principale motivo di impugnazione, si appalesa del tutto illogico e meritevole di riesame.

Allo scopo la causa va rimessa al Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati, in diversa composizione, per una nuova motivata decisione in punto di misura della sanzione, nonchè per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso; accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa la decisione n. 3/2006 Reg. ric. del Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Laureati e rinvia la causa allo stesso Consiglio in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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