Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7419 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. III, 17/03/2021, (ud. 20/11/2020, dep. 17/03/2021), n.7419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 22555/2018 proposto da:

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Ministro in

carica, domiciliato per legge in Roma alla via dei Portoghesi n. 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende per legge;

– ricorrenti –

contro

E.M., domiciliato in Roma, alla Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Fiorillo Vincenzo;

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/11/2020 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle;

udito l’Avvocato Romolo Frasso, per delega dell’avvocato Fiorillo

Vincenzo che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ricorre, con atto affidato a unico motivo, avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, n. 407 del 19/01/2018, che ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa sede, riconoscendo al Dottor E.M. il risarcimento dei danni per il mancata adeguamento dello Stato italiano alle direttive Europee in materia di fruizione di borsa di studio durante il periodo di specializzazione postuniversitaria, condannando lo Stato al pagamento in favore dell’ E. della somma di oltre seimila Euro, oltre interessi al saggio legale dal 23/09/2003 al soddisfo.

Resiste con controricorso E.M..

La causa, originariamente destinata alla trattazione nel rito camerale non partecipato, di cui all’art. 380 bis c.p.c., dinanzi alla sezione VI di questa Corte, è stata rimessa, con ordinanza interlocutoria n. 09276 del 20/05/2020, all’udienza pubblica.

Parte controricorrente ha depositato memoria.

All’udienza pubblica del 20/11/2020 il Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto del ricorso.

La difesa del controricorrente ha concluso per il rigetto del ricorso. Nessuno è comparso per l’Avvocatura erariale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il motivo di ricorso, unico, afferma: “violazione degli artt. 1173,2043,2934,2935,2946 c.c., artt. 5 e 189 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, dell’art. 10 dello stesso Trattato nella versione consolidata (G.U.C.E. n. C 325 del 24 dicembre 2002) dell’art. 117 Cost., comma 1, dell’art. 16 della Direttiva CEE 82/76, dell’art. 2947 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Nella parte espositiva il motivo deduce che la Corte d’Appello di Roma ha errato nel respingere l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Amministrazione dello Stato, che era stata, invece, accolta dal Tribunale di Roma.

Nella prospettazione della parte pubblica la decisione della Corte territoriale, che ha affermato che scadendo il termine decennale di domenica, esso era prorogato al giorno successivo non sarebbe “corretta riferendosi la proroga al primo giorno utile non festivo ai soli termini processuali (art. 155 c.p.c., comma 4)”.

Il ricorso è inammissibile.

L’inammissibilità deve essere rilevata dall’esame del motivo, in quanto esso sia nell’intestazione, sia nell’illustrazione non si correla alla ragione del decidere della sentenza impugnata, la quale ha fatto leva dell’art. 2963 c.c., comma 3, in materia di computo dei termini prescrizionali.

Il motivo non solo non si occupa della rilevanza di tale norma, che ignora del tutto, ma discute della rilevanza dell’art. 155 c.p.c., comma 4, che non è stato in alcun modo applicato dalla Corte d’Appello di Roma.

Il motivo, dunque, non si correla in alcun modo alla ratio decidendi e non sfugge all’inammissibilità alla stregua del consolidato principio della giurisprudenza nomofilattica (di cui a Sez. U. n. 00359 del 11/01/2005 Rv. 579564-01, riaffermato, in motivazione non massimata, da Sez. U. n. 7074 del 20/03/2017).

Inoltre, fondandosi sull’atto di citazione il motivo di ricorso viola anche l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che non lo localizza, in questo giudizio di legittimità e nemmeno, come consente la giurisprudenza nomofilattica (Sez. U. n. 22726 del 03/11/2011 Rv. 619317-01), afferma di non averlo prodotto, indicandone la presenza nel fascicolo d’ufficio del giudizio di appello, in cui, in ipotesi, sia stato acquisito quello di primo grado ovvero nel fascicolo di pare dell’intimato, eventualmente da lui prodotto.

Ove, inoltre, non si ritenesse dirimente il profilo di inammissibilità sopra affermato, il ricorso è infondato.

L’infondatezza emerge perchè comunque la stessa difesa erariale afferma espressamente che la citazione dell’ E. pervenne all’Amministrazione (come sostiene il resistente) il 23 settembre 2009, cadente di lunedì, a fronte di una scadenza che cadeva il 22 settembre, cadente di domenica, con conseguente proroga della scadenza al giorno successivo, lunedì, e non che quel giorno la citazione venne solo consegnata all’Ufficiale Giudiziario.

Ne consegue che alla data suddetta il decorso del termine di prescrizione era stato nuovamente validamente interrotto.

Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale espletata.

Alla stregua della più recente giurisprudenza nomofilattica non deve adottarsi, stante la qualità soggettiva della parte ricorrente (Amministrazione Pubblica) alcuna statuizione circa la debenza del contributo unificato (Sez. U. n. 04315 del 20/02/2020 Rv. 657198 06), risultando lo stesso corrisposto secondo il sistema della cd. prenotazione a debito.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile;

condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 5.100,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 20 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

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