Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7418 del 18/03/2020

Cassazione civile sez. I, 18/03/2020, (ud. 25/10/2019, dep. 18/03/2020), n.7418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32512/2018 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in Potenza, Via Isca del

Pioppo n. 67, presso lo studio dell’Avv. Vito Mecca, come da procura

in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che li

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di POTENZA, depositata il

26/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/10/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE.

Fatto

RITENUTO

che:

O.J., cittadino della (OMISSIS), ricorre per la cassazione del Decreto n. 1413 del 2018, del 26/09/2018, emesso dal Tribunale di Potenza – Sezione specializzata in Materia di immigrazione e protezione internazionale – che, su opposizione, D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, avverso il diniego dell’istanza di concessione protezione internazionale e forme complementari di protezione, ha confermato la decisione di rigetto della Commissione Territoriale di Foggia.

Il Tribunale ha, preliminarmente, precisato la non rilevanza di eventuali vizi formali attinenti al procedimento svoltosi davanti la Commissione territoriale ed al relativo provvedimento, poichè “l’atto di diniego del riconoscimento del diritto alla protezione internazionale non ha natura provvedimentale, ma è un mero atto ricognitivo dei presupposti della protezione internazionale, che non incide sul diritto soggettivo allo status oggetto del presente giudizio, con conseguente inapplicabilità della relativa disposizione”. Nel merito ha ritenuto di dover rigettare il ricorso “per via della sostanziale inattendibilità e poca credibilità del racconto del richiedente”.

In particolare, il Tribunale, per quanto concerne l’istanza di protezione per l’ottenimento dello status di rifugiato, ha rilevato che il ricorrente non ha “fornito elementi gravi precisi e concordanti relativi alle proprie vicende personali” nonchè la insussistenza “di atti di persecuzione o di gravi danni alla persona e di pericolo concreto, effettivo ed attuale, di ulteriore perpetrazione degli stessi in caso di rimpatrio” anche tenuto conto della zona di provenienza del paese di origine”.

Altresì, il Tribunale non ha ritenuto idonei i fatti narrati ad integrare neppure i presupposti, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14, per la concessione della protezione sussidiaria in quanto “non risulta che vi siano ad oggi uno stato di violenza indiscriminata sui civili, nè tanto meno un conflitto armato interno o internazionale”. Infine – per quanto ancora qui rileva – relativamente all’istanza di concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha rilevato che non erano ravvisabili motivi di vulnerabilità soggettiva/oggettiva” posto che, ad avviso del giudicante, il ricorrente ha “effettivamente abbandonato il proprio paese di origine esclusivamente per il desiderio di trovare migliori condizioni di vita e possibilità di lavoro”.

Il Ministero dell’Interno, non costituitosi con controricorso, si costituisce esclusivamente ex art. 370 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorso è affidato a due motivi.

Con il primo si censura “Error in procedendo ed error in iudicando. Erroneo apprezzamento da parte dei giudici di primo grado dei fatti esposti dal ricorrente durante la sua audizione. Omessa e/o carente e/o illogica motivazione su di un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Violazione degli artt. 2,3 e 5 Cost.. Violazione artt. 2,3,6,10,11 Cost.. Violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951” (status di rifugiato);

con il secondo si deducono “Error in procedendo ed error in iudicando. Violazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa e/o carente e/o illogica motivazione su di un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sussistenza delle condizioni di riconoscimento dello status di rifugiato e/o della protezione sussidiaria, ex D.Lgs. n. 251 del 1997, e/o umanitaria, D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6”.

I motivi sono entrambi infondati.

Va premesso che il ricorrente, come emerge dagli atti di causa, è cittadino nigeriano in quanto nato a (OMISSIS), dove nel (OMISSIS) lavorava con la ditta Sodosa (v. pag. 8 del ricorso) e costretto a lasciare la Nigeria (per disordini e timore di essere ingiustamente arrestato) fuggendo nel (OMISSIS) e poi in (OMISSIS), per poi tornare a (OMISSIS). A causa delle inesattezze rilevate in sede di audizione, il richiedente otteneva una audizione personale dinanzi alla sezione giudicante, fornendo documentazione asseritamente atta a dimostrare l’attività lavorativa svolta in Nigeria, la convocazione presso la polizia di (OMISSIS) in relazione alle indagini di omicidio perpretato dai dimostranti al deposito della raffineria NNPC in (OMISSIS). Di tali prove decisive il giudicante non avrebbe tenuto conto, nè motivato, giudicando per contro decisive altre circostanze irrilevanti sulla base di contraddizioni inesistenti.

Contrariamente a quanto dedotto, il Tribunale ha evidenziato (pag. 4) le contraddizioni emergenti dall’audizione in sede giudiziale rispetto a quella fornita in sede di Commissione territoriale, indicando specificamente le incongruenze del racconto fornito nelle due sedi, che lo hanno reso inattendibile nel suo complesso e carente degli elementi richiesti per la concessione della protezione, sia con riferimento allo status di rifugiato, sia per la protezione sussidiaria (D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14), non risultando una situazione di violenza indiscriminata in Nigeria nè conflitti armati interni o internazionali.

Non sussiste nemmeno il dedotto errore del Tribunale quanto allo Stato di riferimento, individuato correttamente dal Tribunale nella Nigeria, della quale anche il Delta State fa parte.

Il Tribunale ha peraltro escluso, con motivazione coerente e in base alle prove offerte dal richiedente, elementi idonei a ravvisare un concreto effettivo e attuale pericolo e ulteriore perpetrazione in caso di rimpatrio. Ciò analizzando puntualmente l’inattendibilità delle dichiarazione e le contraddizioni emerse, escludendo la ricorrenza dei presupposti per la concessione dei provvedimenti richiesti.

Nè è sufficiente, al fine di provare l’integrazione del richiedente (soggiornante irregolare) nel territorio dello stato italiano la sua attività di volontariato e lo studio della lingua italiana; in ogni caso tali affermazioni appaiono prive di riscontro e di autosufficienza, non essendone provata la loro deduzione nel grado di merito.

In conclusione va confermata la decisione di rifiutare anche la protezione sussidiaria, non ricorrendone i presupposti, preso atto della non credibilità e veridicità delle dichiarazioni del richiedente, che fanno venir meno l’obbligo di ricerca delle fonti informative.

La completezza delle informazioni assunte nelle audizioni del richiedente, vagliate con accuratezza anche con riferimento alle vicende narrate dal richiedente, e la coerente motivazione anche con riferimento alla esclusione di cause di vulnerabilità, impongono il rigetto del ricorso in relazione a tutte le forme di protezione richieste.

Nulla sulle spese in mancanza di costituzione dell’intimato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari se dovuto, a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari ove dovuto, a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2020

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