Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7416 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2011, (ud. 22/02/2011, dep. 31/03/2011), n.7416

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

COLUMBIA PICTURES INTERNATIONAL CORPORATION;

– intimato –

avverso la decisione n. 4390/2005 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di

ROMA, depositata il 17/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/02/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Columbia Pictures International Corporation, società con sede in New York e priva di stabile organizzazione in Italia, chiedeva il rimborso dell’ILOR versata in L. 816.456.000 mediante ritenute alla fonte sulle royalties percepite in Italia nell’anno 1985, assumendo trattarsi di imposta non dovuta ai sensi del D.P.R. n. 599 del 1973, art. 1, comma 2, lett. e). Formatosi sulla predetta istanza il silenzio rigetto dell’Amministrazione, la contribuente lo impugnava dinanzi alla C.T.P. di Roma che accoglieva il ricorso con sentenza successivamente confermata anche dalla C.T.R. del Lazio.

Avverso la sentenza di secondo grado l’Ufficio proponeva ricorso dinanzi alla C.T. Centrale che, con sentenza n. 4390 depositata il 17.5.2005 riconosceva la fondatezza dell’impugnazione per quanto relativo alla non configurabilità nel caso di specie dell’ipotesi di cui al già richiamato D.P.R. n. 599 del 1973, art. 1, comma 2, lett. e), ma riteneva che ciò non comportasse automaticamente l’integrale rigetto dell’istanza di rimborso della società, bensì l’applicazione della Convenzione di Roma Italia U.S.A. sulle doppie imposizioni, del 17 aprile 1984 (ratificata e resa esecutiva con la L. 22 dicembre 1985, n. 763), e in particolare dell’art. 12, comma 2, che prevedeva dei limiti massimi di imposizione, onde la necessità della rimessione della causa alla C.T.R. del Lazio per la valutazione di quanto fosse verificatosi in concreto nella vicenda in esame.

Per la cassazione della suddetta sentenza proponevano ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze nonchè l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi.

Nessuna attività difensiva espletava nell’attuale fase del giudizio la società intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente rileva la Corte che, avendo la controversia ad oggetto istanza di rimborso, resta ad essa estranea la disciplina di cui al D.L. n. 40 del 2010, art. 3, comma 2, bis convertito con L. n. 73 del 2010, così che il ricorso avverso la sentenza della Commissione Tributaria Centrale deve senz’altro proseguire il suo ordinario corso. Con il primo motivo di ricorso deducono i ricorrenti, ex art. 360 c.p.c., n. 3, il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi ex nonchè dell’art. 28 della Convenzione sulle doppie imposizioni Italia – Usa, come ratificata dalla L. 11 dicembre 1985, n. 763, dell’art. 7 del Protocollo annesso alla Convenzione, nonchè eventualmente ancora, ex art. 360 c.p.c., n. 4, il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.. Al riguardo lamentano essi in particolare aver la C.T.C., inquadrato la fattispecie nella previsione dell’art. 28 comma 2 lett. b) della Convenzione, anzichè sub lett. a), ritenendo pertanto erroneamente applicabile il nuovo regime previsto dalla Convenzione, in luogo del previgente regime previsto con la L. n. 233 del 1973, di approvazione dello scambio di note intervenuto tra i due Stati.

Con il secondo motivo denunciano ancora i ricorrenti, ex art. 360 c.p.c., n. 5, il vizio della sentenza per assoluta inidoneità della motivazione in ordine alle circostanze di fatto poste a fondamento del già contestato inquadramento della vicenda nell’ambito delle distinte ipotesi previste dal citato art. 28.

Il primo motivo di ricorso è fondato e deve trovare accoglimento, con conseguente assorbimento del secondo.

L’esame della controversia consente di rilevare come l’istanza di rimborso fosse stata originariamente ritenuta fondata dal giudice di merito D.P.R. n. 599 del 1973, ex art. 1, comma 2, lett. c), in considerazione dell’astratta esposizione dei redditi della società contribuente all’IRPEG. Con sentenza n. 17632/2003 questa Suprema Corte a SS.UU. intervenne a chiarire che le royalties percepite in Italia da una società con sede negli U.S.A. nel vigore della disciplina transitoria di cui allo scambio di note intervenuto tra Italia e USA ed approvato con la L. n. 233/1977 (prima della Convenzione di Roma del 17.4.1984) si sottraggono all’Irpef e all’Irpeg ma non all’Ilor, che pertanto è dovuta, dato che il D.P.R. n. 599 del 1973, art. 1 (escludendone la debenza per i redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta) si riferisce ai proventi che effettivamente subiscano tale ritenuta, e non a quelli che, pur essendo astrattamente esposti, godano in concreto di esenzione.

A tale principio di diritto si è adeguata la Commissione Tributaria Centrale che però postasi il problema di come operasse sulla vicenda in esame la sopravvenuta Convenzione di Roma sulla doppia imposizione innanzi richiamata, entrata in vigore il 30.12.1985, ha correttamente invocato la disciplina transitoria prevista all’art. 28, comma 2 della Convenzione stessa, ma nell’alternativa tra le due ipotesi ivi previste, ha ritenuto configurabile nella specie quella più favorevole alla contribuente, prevista alla lett. b), anzichè quella di cui alla lett. a) invocata dagli odierni ricorrenti.

Tale conclusione non può però condividersi.

Entrata in vigore il 30.12.1985 la citata Convenzione, la disciplina transitoria dettata all’art. 28 ha infatti previsto che le nuove disposizioni fossero applicabili: a) con riferimento alle imposte prelevate alla fonte, alle somme pagate o accreditate il, o successivamente al, primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui la Convenzione è entrata in vigore (e quindi dal 1 febbraio 1986); b) con riferimento alle altre imposte, ai periodi di imposta che iniziano il, o successivamente al 1 gennaio dell’anno in cui la Convenzione è entrata in vigore (e quindi dal 1 gennaio 1985).

Tanto premesso, non vi è motivo alcuno per escludere che il caso di specie fosse da ricomprendere nell’ipotesi sub a), ricorrendo pertanto nella fattispecie una falsa applicazione della norma della Convenzione, per altro verso pur giustamente individuata dalla Commissione Tributaria centrale come contenente la disciplina da applicarsi per la risoluzione della controversia. Le ritenute della quali la società contribuente chiede il rimborso integrano infatti “imposte prelevate alla fonte”, senza che sulla loro natura, per i fini che in questa sede rilevano, possa assolutamente influire il fatto che si trattasse di ritenute d’acconto o meno, giacchè l’unica condizione contemplata dalla norma per distinguere i due regimi riguardava l’applicazione del sistema di pagamento mediante ritenuta alla fonte o in altra diversa maniera. Questo era ed è il discrimine tra le due ipotesi, così che ricorrendo nel caso di specie la prima ipotesi, la Convenzione, e più specificamente la disciplina prevista dall’art. 12, è da ritenersi applicabile solo alle imposte prelevate a partire dal giorno 1 febbraio 1986, e non anche quindi a quelle versate nel 1985 alle quali pacificamente si riferisce l’istanza di rimborso oggetto della preteste controversia. Con la conseguenza che, ricadendo quest’ultima sotto il regime della disciplina transitoria di cui allo scambio di note intervenuto tra i due Stati approvato con la L. n. 233 del 1977, ne discende l’applicabilità dell’Ilor senza limitazione alcuna, e conseguentemente la totale infondatezza dell’istanza di rimborso, senza necessità di nessuna ulteriore verifica, così come del resto da questa stessa Corte già ritenuto in altra identica fattispecie, relativa allo stesso periodo d’imposta (Cass. 9.7.2004, n. 12698).

In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve pertanto essere cassata potendosi decidere la controversia senz’altro nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente.

Avuto riguardo alla natura particolarmente controversa delle questioni dibattute ricorrono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società intimata. Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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