Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7414 del 17/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/03/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 17/03/2020), n.7414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2565-2016 proposto da:

F.C., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANGELO DI SILVIO;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9910/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/01/2015 R.G.N. 9825/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE

1. La Corte d’appello di Roma, in sede di rinvio, con sentenza n. 9910 del 23.1.2015, ha respinto la domanda di declaratoria della nullità del termine apposto al contratto, ex art. 8 c.c.n.l. del 1994, stipulato da F.C. e Poste Italiane s.p.a., con decorrenza dal 16.8.2000 al 20.9.2000, stipulato per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie per il periodo giugno-settembre”. La sentenza rescindente di questa Corte aveva ritenuto di escludere ultrattività al c.c.n.l. 1994 (visto il chiaro tenore dell’art. 87 con cui le parti sociali avevano fissato al 31.12.1997 la scadenza del suddetto contratto) e aveva rinviato al giudice di merito al fine di verificare se le parti collettive avevano, anche solo per facta concludentia, proseguito l’applicazione del contratto collettivo pur dopo la scadenza fissata. La Corte d’appello ha ritenuto che la necessità di espletamento del servizio con riferimento al periodo estivo era stata considerata sempre sussistente dalla contrattazione collettiva sicchè l’unico presupposto per l’operatività della particolare autorizzazione conferita dal contratto collettivo era costituito dalla stipulazione del contratto nei limiti temporali giugno-settembre in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie;

2. contro tale decisione propone ricorso il lavoratore, affidandolo a un motivo. La società ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 383 e 384 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) avendo, la Corte distrettuale, disatteso il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nel ritenere tacitamente ed implicitamente prorogato il termine per la stipula dei contratti a tempo determinato e ritenendo inutile ogni indagine di merito sul comportamento delle parti sociali circa la volontà di prorogare la causale di stipulazione di contratti a tempo determinato per sostituire personale in ferie;

2. il ricorso non merita accoglimento, avendo la Corte distrettuale proceduto – come richiesto dalla sentenza rescindente – ad una ricognizione della volontà delle parti sociali tesa a consentire all’azienda di stipulare, anche dopo il 31.12.1997, contratti a tempo determinato aventi come causale l’esigenza di sostituire personale assente per ferie nel periodo giugno-settembre;

3. la Corte distrettuale ha, invero, precisato che l’assunzione per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno settembre” costituiva un’ipotesi di assunzione a termine prevista dall’art. 8 del c.c.n.l. del 26 novembre 1994, in esecuzione della c.d. “delega in bianco”, di cui alla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 per la quale non era necessario allegare e provare che altri lavoratori fossero stati in concreto collocati in ferie;

4. la sentenza impugnata ha sottolineato che per tali assunzioni deve essere escluso anche il limite temporale del 30 aprile 1998, previsto dalla contrattazione collettiva per la diversa causale di assunzione “per esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, posto che le parti sociali davano atto, nell’accordo del 27 aprile 1998, che i processi di ristrutturazione e riorganizzazione in corso (a seguito del passaggio dell’azienda alla disciplina privatistica) avevano altresì comportato il mancato godimento di ferie negli anni precedenti con conseguente massiccio ricorso alle ferie del personale tale, addirittura, da determinare la necessità di ampliare il periodo di ricorso alle assunzioni a termine con l’aggiunta (al periodo giugno-settembre) del mese di maggio;

5. pertanto, la Corte distrettuale ha concluso che le parti collettive hanno chiaramente espresso la volontà di proseguire nelle assunzioni a tempo determinato per sostituzione di personale in ferie nel periodo giugno-settembre anche successivamente alla scadenza del c.c.n.l. del 1994 e sino all’entrata in vigore del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368;

6. nessuna violazione del principio di diritto espresso dalla sentenza rescindente può ravvisarsi nella statuizione della Corte distrettuale (che, fra l’altro, è conforme ad orientamento ormai consolidato di questa Corte, cfr. tra le tante Cass., ord., n. 6097 del 2014, Cass. n. 29749 del 2017);

7. in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.

8. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 3.800,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2020

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