Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7413 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2011, (ud. 17/02/2011, dep. 31/03/2011), n.7413

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

FIRENZE SOGNA SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

FORNOVO 3, presso lo studio dell’avvocato DE SANTIS GUIDO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 62/2002 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 16/11/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio Iva di Firenze emetteva nei confronti della s.r.l. Firenze Sogna avvisi di accertamento Iva per gli anni 1989 e 1990, sulla scorta di verifiche condotte nei confronti di altra società e sui conti correnti bancari intestati a familiari dell’amministratore. Le commissioni tributarie provinciale e regionale hanno accolto i ricorsi della contribuente. L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della CTR. La società resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è tempestivo, avendo questa Corte riconosciuto che l’incompatibilità con il diritto comunitario della L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9, in materia di Iva, sancita dalla sentenza della Corte di Giustizia CE del 17 luglio 2008, in causa C-132/06, non si estende all’art. 16 della legge (Sez. U. Sentenza n. 3676 del 17/02/2010).

Nella verifica condotta nei confronti della società Gold Star era emerso che aveva emesso diversi assegni, a fronte di operazioni di compravendita di oggetti preziosi non fatturate, in favore de coniuge dell’amministratore della società Firenze Sogna e della di lui madre. Gli accertamenti condotti sui conti correnti intestati a tali familiari, sui quali quegli assegni erano stati versati, avevano evidenziato un notevole giro di operazioni delle quali la società non era stata in grado di dimostrare che fossero state contabilizzate o che fossero estranee alla attività commerciale. Con gli avvisi impugnati, gli importi complessivi erano stati imputati a ricavi non denunciati. La CTR ha ritenuto che le richiamate premesse non fossero idonee a dimostrare il fondamento degli avvisi rilevando che in essi era stato citato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, mentre le disposizioni applicabili erano quelle del D.P.R. n. 633 del 732, artt. 51 e 54. Inoltre, i presupposti degli accertamenti indicati in tali norme non ricorrevano, perchè i conti correnti bancari non erano intestati al contribuente ma a terze persone, sicchè avrebbe dovuto instaurarsi un contraddittorio con queste ultime, dimostrando in specie che non esercitavano attività commerciale in proprio.

L’Agenzia propone quattro motivi di ricorso. Coi primi tre, denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 e, sotto diversi profili, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, commi 2 e 7 e art. 51 bis, nonchè motivazione insufficiente e contraddittoria. Deduce che l’erroneo richiamo al D.P.R. n. 600 del 1973. art. 37, costituiva mera irregolarità formale, inidonea ad inficiare la validità dell’avviso; che alla stregua del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, non era affatto necessario, come la CTR ha ritenuto, dimostrare che coniuge e suocera dell’amministratore non esercitavano in proprio attività commerciale; che una volta dimostrata la riferibilità dei conti correnti all’attività economica della società doveva essere quest’ultima a fornire la prova contraria alla presunzione di legge.

I motivi sono fondati.

Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nel testo pro tempore vigente, prevedeva che “dati ed elementi risultanti dai conti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 54 e 55, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili”. Questa corte ha ripetutamente chiarito che a base degli accertamenti possono porsi anche le risultanze di conti intestati a terzi quando l’Ufficio ne dimostri la riferibilità al contribuente, nonostante la diversa intestazione; e che, sulla scorta di tale dimostrazione, sono imputabili al contribuente tutte le movimentazioni del conto, ed è il contribuente ad essere onerato della prova liberatoria, senza necessità di coinvolgere nell’accertamento l’intestatario solo formale del rapporto bancario (Cass. 18083/2010, 18868/2007, 13391/2003).

Nella specie, la CTR ha riconosciuto che “il ritrovamento di assegni intestati a F.M., in seguito a verifica fiscale della G.d.F. di Colleferro presso la Gold Star, fa lecitamente presumere che si riferissero ad operazioni relative a compravendita di oggetti preziosi, stante anche l’assiduità e la rilevanza delle transazioni”. Su tale pacifica premessa, la pretesa che l’Ufficio offrisse ulteriori “elementi inequivoci e documentabili” per dimostrare la disponibilità da parte della società dei conti correnti sui quali quei pagamenti erano affluiti (intestati del resto, come altrettanto pacifico, a familiari dell’amministratore di società a ristretta base personale); e che provasse che i pagamenti non inerivano ad un ipotetico esercizio in proprio di attività commerciale da parte degli intestatari formali dei conti, è irragionevole e contraria alla portata normativa della disposizione in riferimento.

Sussistono pertanto i denunciati vizi di violazione di legge e di incongruenza della motivazione.

Il quarto motivo, col quale si deduce che, avendo comunque riconosciuto una evasione parziale, la CTR non avrebbe potuto annullare gli avvisi integralmente, ma avrebbe dovuto ridurre l’imponibile accertato nella misura ritenuta congrua, resta assorbito.

Va dunque accolto il ricorso. La sentenza impugnata va cassata e la causa rimessa alla CTR della Toscana, che ripeterà il giudizio applicando i principi di diritto suesposti, e deciderà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della CTR della Toscana.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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