Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7412 del 17/03/2021

Cassazione civile sez. III, 17/03/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 17/03/2021), n.7412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29228/2018 proposto da:

A.A., assistito e difeso dall’avv. FRANCESCO ZUCCARELLO, del

foro di Catania, elettivamente domiciliato presso quest’ultimo,

Viale Vittorio Veneto,161/A, Catania;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GUGLIELMO MANGARINI 88, presso lo studio dell’avvocato CARLA

SILVESTRI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL

LAVORO, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 198/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 27/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il sig. A.A. propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi e illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza n. 198/2018 della Corte d’Appello di Catania che, in riforma della pronuncia di prime cure, ha accolto l’appello della UnipolSai Ass.ni s.p.a. e, per l’effetto, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dall’attuale ricorrente. Resiste con controricorso UnipolSai s.p.a. L’INAIL, intimata, non ha svolto difese in questa sede.

2. Per quanto qui interessa, il sig. A. conveniva dinanzi al Tribunale di Catania la Fondiaria Sai s.p.a. (ora UnipolSai Ass.ni s.p.a.), quale impresa designata per il Fondo di Garanzia Vittime della Strada, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti a lesioni personali subite in conseguenza del sinistro stradale occorso in data (OMISSIS), mentre era bordo del suo motociclo, che imputava ad una brusca manovra di sorpasso di un automobilista rimasto non identificato. Il Tribunale ha accolto la domanda attorea ritenendo raggiunta la prova in ordine alla dinamica dell’occorso per come ricostruita dall’attore e confermata da due testi che, al momento del sinistro, stavano rientrando dal luogo di lavoro insieme all’ A. a bordo delle rispettive motociclette. Per l’effetto, ha condannato la Unipol al pagamento della somma di Euro 257.983,25 oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di lite. Avverso la sentenza la UnipolSai ha proposto appello; ha resistito il sig. A. ed è intervenuta l’INAIL per esercitare la rivalsa nei confronti del responsabile civile per le somme pagate dall’ente all’attore. La Corte catanese ha tuttavia riformato la sentenza e rigettato la domanda risarcitoria, condannando l’attore al pagamento delle spese di lite del doppio grado a favore della Unipol e di quelle relative al secondo grado a favore dell’INAIL il cui intervento, preliminarmente, è stato ammesso ai sensi dell’art. 344 c.p.c..

3. In questa sede, il ricorrente riferisce che, nell’appellare la sentenza di condanna al risarcimento, la compagnia ha censurato la pronuncia di prime cure per essersi basata su una ricostruzione dei fatti inattendibile in quanto fornita dai soli testi sentiti e non suffragata da dati più obiettivi, avendo questi riferito dell’intervento dei carabinieri senza che fosse mai stato acquisito agli atti il relativo rapporto, di cui la compagnia appellante ha chiesto acquisizione ex officio, ai sensi dell’art. 213 c.p.c., per la prima volta in sede di gravame. Dopo aver ottenuto informazioni dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania, previa ordinanza del 17/1/2014, la Corte d’Appello avrebbe dato eccessivo rilievo alla circostanza che dalla nota ricevuta emergeva che nessuna scheda di intervento relativa all’incidente stradale risultava nel sistema informatico della Centrale Operativa. Sicchè, avrebbe erroneamente ritenuto non attendibili le testimonianze dei colleghi dell’ A. che, escussi in primo grado, avevano per l’appunto riferito che in occasione del sinistro erano intervenuti i carabinieri, ma che si erano allontanati dopo aver saputo che era stato chiesto l’intervento di un’autoambulanza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso si prospetta “Impugnazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: inammissibilità dell’appello per violazione delle disposizioni di cui all’art. 342 c.p.c., rilevabile d’ufficio, con riferimento al primo motivo d’appello”. Il ricorrente rileva l’inammissibilità dell’atto di appello della UnipolSai, quanto al suo primo motivo, per mancata indicazione delle parti della sentenza di prime cure che la compagnia intendeva appellare e che riteneva errate, nonchè delle modifiche richieste alla ricostruzione del fatto e delle circostanze da cui sarebbe derivata la violazione di legge; diversamente, la società appellante si sarebbe limitata a produrre una sua personalissima e soggettiva ricostruzione astratta della cinematica del sinistro sulla base di argomentazioni tecniche non attinenti alla motivazione della sentenza di primo grado, nè emergenti dall’istruzione della causa.

2. Con il secondo motivo si prospetta “Impugnazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: inammissibilità dell’appello per violazione delle disposizioni di cui all’art. 342 c.p.c., rilevabile d’ufficio, con riferimento al secondo motivo d’appello”. Il ricorrente rileva che la società appellante, con il secondo motivo di gravame, aveva dedotto l’erroneità della sentenza di prime cure per non aver dichiarato il concorso di colpa dell’attore nella causazione del sinistro, vista l’alta velocità con cui conduceva il motociclo; mentre, con il primo motivo, aveva sostenuto l’erroneità della sentenza per non aver dichiarato la carenza di prova dell’evento e il coinvolgimento del conducente non identificato, così escludendo la velocità eccessiva del motociclo, diversamente non essendovi ragione alcuna per l’autovettura non identificata di tentare il sorpasso. Tanto premesso, adduce che l’appellante non avrebbe potuto fondare il secondo motivo di appello sulle stesse argomentazioni alla base del primo, perchè i due motivi sarebbero tra loro in contraddizione, in quanto il primo tenderebbe ad escludere un evento che il secondo presuppone (l’alta velocità del motociclo).

2.1. I primi due motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. In particolare, quanto all’onere di individuazione diretta dell’atto di appello della convenuta Unipol, su cui si basano entrambi i motivi, non se ne riporta il contenuto, ma si svolgono generici riferimenti alla circostanza che, con il primo motivo di appello, la compagnia assicuratrice avrebbe offerto una soggettiva ricostruzione del sinistro mentre, con il secondo, contraddicendo la versione dei fatti data nel primo motivo, avrebbe insistito sul concorso di colpa del danneggiato.

2.2. Quanto all’onere di individuazione indiretta dell’atto di appello, id est di localizzazione, nell’articolazione dei motivi non si riscontra alcuna indicazione circa la sua collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte, nè se ne rileva il deposito contestualmente al ricorso per cassazione (v. doc. indicati a p. 32 del ricorso). Sul punto, occorre vieppiù rimarcare che il vizio di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c., non si risolve tout court nell’astratta genericità del motivo di gravame, ma presuppone il confronto tra la motivazione della sentenza di prime cure e la formulazione dell’atto di appello talchè, il ricorrente deve indicare – trascrivendola o localizzandola nel ricorso – la statuizione del Tribunale impugnata e la relativa censura svolta, potendosi scrutinare la specificità dei motivi d’appello solo in rapporto al contenuto della decisione impugnata.

2.3. Pertanto, quando, come nel caso di specie, sia denunciato un “error in procedendo”, per cui la S.C. è giudice anche del fatto, potendo solo in questo caso accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, il motivo può essere valutato nella sua fondatezza solo ove ne sia accertata l’ammissibilità (Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 6014 del 13/3/2018; Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/7/2012; Sez. 3, Sentenza n. 1221 del 23/1/2006); tale preliminare vaglio di ammissibilità, invero, non può ritenersi superato positivamente qualora il ricorrente non abbia individuato direttamente o, quantomeno indirettamente, gli atti processuali su cui il ricorso si fonda, in forza del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, ovvero qualora non abbia rispettato l’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, in base al quale gli atti menzionati nel ricorso devono essere depositati contestualmente al ricorso per cassazione, anche se, in ipotesi, si riferiscono ad atti contenuti nel fascicolo della controparte o dell’ufficio (v. Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27475 del 20/11/2017).

2.4. Tutto quanto sopra si correla alla funzione propria dell’appello che, avendo natura devolutiva, implica un nuovo esame della vicenda portata in giudizio nei limiti della specifica censura sollevata: il tantum devolutum, quantum appellatum, richiede l’esplicazione del quia appellatur, ovvero un riferimento, anche solo succinto, alle argomentazioni svolte dal giudice, contrapposte a quelle dell’appellante. Il giudizio di appello, difatti, implicando una possibilità di revisione nel merito della decisione, non è assimilabile a quello di cassazione, e per rilevare il relativo vizio di aspecificità della censura ex art. 342 c.p.c., occorre necessariamente far riferimento alla vicenda per come ricostruita e vagliata dal giudice di primo grado e ciò in rapporto alla censura sollevata e alle diverse argomentazioni dirette a confutare la validità delle ragioni poste dal primo giudice a fondamento della soluzione delle singole questioni che, pertanto, non possono essere solo genericamente evocate (Cass., Sez. U., Sentenza n. 27199 del 16/11/2017, citata anche dal ricorrente). Conseguentemente, se la statuizione della sentenza impugnata fosse stata, ad esempio, generica, il requisito di specificità del motivo di gravame non sarebbe esigibile dall’appellante nella stessa misura richiesta in relazione a specifiche argomentazioni poste a fondamento della decisione, dovendo ogni censura misurarsi con il peso e la consistenza della motivazione resa (Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 11197 del 24/4/2019; v. anche Cass., Sez. 2 -, Sentenza n. 4695 del 23/2/2017; Sez. 3, Sentenza n. 15970 del 29/7/2016). Nel caso concreto, invece, nulla di tutto ciò è valutabile, in ragione della suddetta lacunosità delle censure.

2.5. Astrusa, poi, è la censura svolta con il secondo motivo di ricorso con riguardo ad una asserita contraddittorietà tra i primi due motivi dell’atto di appello della compagnia. Si osserva, infatti, che l’appellante ha semplicemente proposto due motivi di gravame alternativi. Con il primo ha censurato la sentenza per aver accolto la domanda risarcitoria, rilevando l’esclusiva responsabilità dell’attore nella causazione del sinistro; con il secondo, invece, ha censurato la sentenza per non aver accertato e dichiarato il concorso colposo dell’attore. Quest’ultimo, dunque, non entra in contraddizione con il primo per la mera circostanza che trattasi, con tutta evidenza, di motivo proposto in via subordinata.

3. Con il terzo motivo si prospetta “Impugnazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: inammissibilità dell’appello, con riferimento alla prima censura, per violazione delle disposizioni di cui all’art. 345 c.p.c., comma 2, rilevabile d’ufficio”. Il ricorrente censura la sentenza per non aver rilevato la novità dell’eccezione svolta dalla compagnia, per la prima volta in sede di gravame e, in specie, avente ad oggetto la carenza di prova circa la verificazione dell’evento dannoso per come ricostruito dall’attore. Il terzo motivo è inammissibile sempre per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, per quanto sopra detto al p. 1. Oltre agli opportuni riferimenti all’atto di appello, in questo caso il ricorrente avrebbe dovuto indicare direttamente o indirettamente anche gli atti di parte convenuta afferenti al primo grado, onde permettere a questa Corte di valutare la denunciata novità dell’eccezione. Di contro, è la stessa società controricorrente (pp. 13 e 14 del controricorso di UnipolSai) ad individuare e localizzare gli atti del giudizio di merito cui il motivo si riferisce dai quali si evince, di contro, che la società aveva effettivamente contestato l’an della domanda risarcitoria, nonchè specificamente la carenza di prova in ordine alla causazione del sinistro da parte del veicolo non identificato (citando la comparsa di costituzione e risposta e le conclusioni in primo grado, nonchè l’atto di appello e le conclusioni in appello).

4. Con il quarto motivo si prospetta “Impugnazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: inammissibilità dell’appello, con riferimento alla disposta richiesta alla P.A., ex art. 213 c.p.c., per violazione delle disposizioni di cui all’art. 345 c.p.c., commi 2 e 3, rilevabile d’ufficio”. Il ricorrente deduce che la Corte d’Appello avrebbe disposto la richiesta di informazioni al Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania, ex art. 213 c.p.c., per verificare la fondatezza dell’eccezione svolta dalla compagnia appellante e, in specie, relativa alla carenza di prova circa l’effettiva dinamica del sinistro. Pertanto, in quanto disposta in accoglimento di una richiesta avanzata dall’appellante proposta per la prima volta in appello e in violazione degli oneri di allegazione della parte deducente, l’informativa de qua sarebbe inammissibile. il motivo è inammissibile per difetto di interesse a lamentare l’esercizio di un potere da parte del giudice circa la richiesta di infortmazioni alla p.a..

4.1. In merito va precisato che il potere di cui all’art. 213 c.p.c., di richiedere d’ufficio alla P.A. le informazioni relative ad atti e documenti della medesima che sia necessario acquisire al processo non è certamente sostitutivo dell’onere probatorio incombente sulla parte, con la conseguenza che esso può essere attivato soltanto quando, in relazione a fatti specifici già allegati, sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti della P.A. che la parte sia impossibilitata a fornire (Così, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 287 del 10/1/2005; cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6101 del 12/3/2012; Sez. 1, Sentenza n. 16713 del 7/11/2013; Sez. 3, Sentenza n. 6101 del 12/03/2013). Nel caso concreto, peraltro, la Corte territoriale ha richiesto informazioni al comando dei carabinieri proprio in relazione ai fatti allegati dall’attore, nonchè oggetto di deposizione testimoniale.

4.2. Si osserva, peraltro, che la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata è nel senso che, rispetto a un evento lesivo non adeguatamente provato, stante la mancanza in atti della relazione di servizio dei carabinieri in tesi intervenuti sul luogo, e che secondo i testi si erano immediatamente allontanati, la prova non può essere affidata alle sole deposizioni testimoniali, rimaste prive di ogni obiettivo riscontro circa l’operato della p.a. Pertanto, il ricorrente non ha alcun interesse a sollevare una questione relativa all’esercizio di un potere d’ufficio di acquisizione di atti amministrativi ex art. 213 c.p.c., che, invero, intendeva sopperire ad un difetto probatorio imputabile allo stesso attore, data la mancanza di riscontri obiettivi in ordine all’intervento dei c.c. sul posto, non confermato dal Comando cui è stata rivolta la richiesta di informazioni.

5. Con il quinto motivo si prospetta la “Impugnazione ex art. 360, comma 1, n. 5: omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Si censura la sentenza per avere ritenuto, dopo le informative ricevute dalla p.a., non attendibili i testi sul presupposto che nessuna scheda di intervento relativa all’incidente stradale risultava nel sistema informativo della Centrale operativa dei c.c.. Senonchè tale circostanza avrebbe dovuto condurre a ritenere attendibili i due testimoni, che si erano limitati a dichiarare che i Carabinieri erano intervenuti sul luogo senza effettuare alcuna rilevazione, nè assumere alcuna dichiarazione da parte dei testi e dell’attore. Peraltro, il giudice di primo grado aveva dato atto che la società convenuta non aveva mai dedotto alcun elemento di inattendibilità intrinseca od estrinseca delle deposizioni, se non nella memoria di replica depositata il 14/1/2013, le cui deduzioni e richieste venivano ritenute inammissibili in prime cure perchè tardive e la pronuncia, sul punto, non è stata oggetto di censura.

5.1. Il motivo è inammissibile su più piani. Va precisato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 7/4/2014; in senso conforme, ex plurimis, Cass., Sez. 2 -, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018; Sez. 3 -, Sentenza n. 9253 dell’11/4/2017). E sul punto, la sentenza ne ha dato conto, là dove indica che dalle informazioni ottenute si evince che non vi sia stata nessuna scheda di intervento in relazione all’accaduto, il che ha indotto il giudice a ridimensionare, con giudizio qui insindacabile, le dichiarazioni dei testi che hanno affermato detto intervento sul luogo, tuttavia, non seguito da alcuna informativa interna. Invero, il ricorrente avrebbe anche dovuto circostanziare la censura con i riferimenti al contenuto degli atti processuali, nonchè alla stessa statuizione del Tribunale da trascrivere quantomeno in parte qua, ex art. 366 c.p.c., n. 6, non potendosi valutare al buio la fondatezza della doglianza.

6. Con il sesto motivo si prospetta “Impugnazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: inammissibilità e/o nullità dell’intervento dell’INAIL”. Il ricorrente rileva che l’inammissibilità dell’appello della Unipol per i precedenti motivi di ricorso dovrebbe avere l’effetto di rendere inammissibile e/o nullo l’intero giudizio di gravame e, dunque, inammissibile e/o nullo l’intervento dell’Inail avvenuto solo in secondo grado.

7. Con il settimo ed ultimo motivo di ricorso si prospetta “Impugnazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: per violazione o falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e segg. – regolamento delle spese giudiziali”. Il ricorrente rileva che l’erroneità della sentenza impugnata debba riflettersi anche sulle spese processuali per come regolate all’esito del giudizio di appello.

7.1. Il sesto e il settimo motivo sono assorbiti dall’inammissibilità dei precedenti, trattandosi di censure il cui accoglimento è logicamente condizionato alla fondatezza dei motivi precedenti.

8. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, a favore della parte resistente.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7.000,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

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