Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7411 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 31/03/2011), n.7411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA ASIAGO

9, presso lo studio dell’avvocato APUZZO TIZIANA, rappresentata e

difesa dall’avvocato RUGGIERO VINCENZO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI CASTELLAMMARE DI STABIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 53/2006 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 23/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 23 maggio 2006 la commissione tributaria regionale di Napoli ha rigettato l’appello proposto da G.A. nei confronti dell’agenzia delle entrate, confermando l’avviso di accertamento notificato l’8 settembre 2004 (IRPEF 1998).

Ha motivato la decisione ritenendo che: a) non v’era prova che gli investimenti della contribuente, posti a fondamento dell’accertamento sintetico, fossero riconducibili al ricavato della vendita di un vigneto non suo e per di più effettuata con scrittura privata non registrata e avente data apparentemente anteriore rispetto all’effettivo acquisto del terreno da parte della stessa G.;

b) non v’era prova del consistente passaggio di danaro, atteso che la contribuente invocava un assegno di conto corrente privo di data e un bonifico bancario senza fornirne indicazione.

Ha proposto ricorso per cassazione, affidato un motivo con due censure, la contribuente; l’agenzia delle entrate non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

01. Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia “violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5 e omessa e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5”.

02. In proposito sostiene che: a) i giudici d’appello avrebbero errato nello svalutare la scrittura privata del 7 luglio 2003 per l’omessa registrazione e nell’enfatizzare la proprietà altrui del terreno ivi promesso in vendita a tale M.C., atteso che la compravendita di cosa altrui è lecita e ammessa dall’ordinamento e il suolo in questione era già nella disponibilità materiale della famiglia G. per essere stato aggiudicato il 25 marzo 2002 dall’istituto religioso proprietario a G.S., affittuario del fondo e padre della ricorrente; b) la somma utilizzata per l’acquisito del fondo in questione, poi formalizzato a favore di G.A. con rogito del 31 luglio 2003, non era dunque il frutto di reddito occulto, “bensì costituente parte del prezzo versato in occasione di un compromesso, in cui la ricorrente figurava questa volta come promittente venditrice, incassando la provvista necessaria per acquistare il bene già promesso, a mezzo del bonifico”; c) i movimenti di denaro erano stati documentati con copia di assegno bancario “e, per quel che maggiormente rileva, originale della ricevuta di bonifico…

effettuato dal sig. M.C. in favore della sig.ra G.A., con la seguente annotazione nella causale:

vendita del fondo in (OMISSIS)”.

03. Formula, infine, il seguente quesito: “Un contratto preliminare di compravendita, avente ad oggetto un immobile e relativi documenti comprovanti l’incasso di parte del prezzo, possono costituire valida prova contraria, ai sensi del D.P.R. n. 300 del 1973, art. 38, comma 5, rispetto alla presunzione di reddito percepito (nell’anno in corso e nei cinque anni precedenti) e non dichiarato, applicata dall’ufficio finanziario, avente ad oggetto la spesa per la stipula di compravendita del relativo cespite”.

04. Riguardo alla prima censura di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, il motivo è inammissibile.

05. Il quesito di diritto, infatti, deve comprendere l’indicazione sia della “regula iuris” adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza, evidente nella specie, anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. n. 24339 del 30/09/2008).

06. Invero il quesito, contrariamente all’odierna formulazione, deve investire in pieno la “ratio deciden-di” della sentenza impugnata e proporre un’alternativa di segno opposto (Cass. n. 4044 del 19/02/2009), altrimenti risolvendosi in una tautologia o in un interrogativo circolare (Sez. U, n. 28536 del 02/12/2008), se non addirittura in una proposizione puramente assertiva.

07. Riguardo alla seconda censura, per motivazione “omessa e/o contraddittoria” ex art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo è ancora una volta inammissibile.

08. Trascura – infatti – la ricorrente che, nel vigore dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere accompagnato da un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; il motivo, cioè, deve contenere – a pena d’inammissibilità – un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cassazione civile sez. un., 20 maggio 2010, n. 12339 – Guida al diritto 2010, 29, 58). Nulla di tutto ciò è leggibile nel caso di specie, non essendo un alcun modo recuperabile neppure il suddetto unico e assertivo quesito di diritto formulato dalla ricorrente, ove, tra l’altro, non si accenna, neanche graficamente, a pretesi vizi motivazionali.

09. Inoltre, sotto altro profilo d’inammissibilità, si rileva che non è concepibile che una stessa motivazione quanto allo stesso punto, sia omessa e contraddittoria; perciò è onere della parte ricorrente precisare quale sia – in concreto – il vizio della sentenza, non potendo tale scelta (a norma dell’art. 111 Cost. e del principio inderogabile della terzietà del giudice) essere rimessa alla Corte (Cassazione civile sez. 3^, 13 dicembre 2010, n. 25127 – Guida al diritto 2011, 7, 78). Nulla di quanto necessario è riscontrabile nel caso di specie.

10. Peraltro il motivo, in entrambe le censure, è pure carente sotto il profilo dell’autosufficienza, mirando nella sua parte argomentativa a una sorta di generale e non consentita rivisitazione delle vicende fattuali delibate nel doppio grado di merito.

11. Infine, quanto all’asserito errore percettivo addebitato ai giudici d’appello riguardo all’invocata documentazione bancaria (assegno e bonifico di M.C.), ancora una volta la ricorrente non coglie nel segno, attesa la natura revocatoria dell’addebito mosso.

12. Concludendo, il ricorso deve essere dichiarato manifestamente inammissibile; nessuna pronunzia va adottata sulle spese in assenza di attività difensiva da parte dell’agenzia delle entrate.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso della contribuente; nulla per spese.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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