Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7410 del 14/04/2016

Civile Sent. Sez. 2 Num. 7410 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
R.R., rappresentata e difesa, in forza di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Lorenzo Borrè, con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in Roma
via Germanico, n. 107;
– ricorrente –

contro
M.R. , rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Giuseppe Miuccio,
con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in Roma, via
Taranto, n. 44;
controricorrente
nonché contro

Data pubblicazione: 14/04/2016

PUDAR Lidija;
Intimata avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1332/11
in data 29 marzo 2011.

del 15 marzo 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito l’Avv. Giuseppe Miuccio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Rosario Giovanni Russo, che ha concluso per il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.
Ritenuto in fatto
1. – Con atto di citazione notificato il 22 novembre 2004,
R.R. coniugata M.M. conveniva innanzi al Tribunale
di Roma L.L. coniugata P.P., esponendo di essere
erede del defunto S.S., cittadino montenegrino, nato
a P.P. (Jugoslavia) il 27 gennaio 1919 e deceduto a Roma il
7 agosto 2004, di cui era nipote. L’attrice evidenziava altresì di essere a conoscenza di un testamento del de culus in favore di essa R.R., testamento che però non era stato
ancora rinvenuto in quanto erano stati apposti i sigilli alle
proprietà immobiliari del defunto.
Su queste premesse R.R. chiedeva che il Tribunale dichiarasse essa attrice erede per legittima successione

– 2 –

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica

del de cuius S.S. e disponesse la divisione della comunione ereditaria con la convenuta L.L.
Si costituiva in giudizio la convenuta, la quale deduceva
l’infondatezza della domanda di merito, allegando di essere

lo dell’attrice ed escludendo la sussistenza di un

parente del de cuius in un grado più prossimo rispetto a queltestamento

in favore dell’attrice.
Interveniva in giudizio M.R. , rappresentata dal procuratore speciale Avv.
erede universale del

A.R., esponendo di essere
de cuius ed esecutore testamentario per

testamento pubblico ricevuto all’estero.
Interveniva altresì N.M., in quanto custode nella procedura di eredità giacente, non svolgendo domande autonome.
2. – Con sentenza depositata il 22 marzo 2006 il Tribunale
di Roma dichiarava M.R. erede di S.S..
Il Tribunale rilevava: che la domanda di R.R.
quale successore ex lege era infondata, essendo l’attrice parente di quinto grado, mentre L.L. era parente di
quarto, ed essendo la materia delle successioni improntata al

principio per cui il parente prossimo esclude il remoto; che
parimenti infondata era la domanda proposta dall’attrice quale
erede testamentaria, per difetto di prova, non essendo stato
prodotto in termini alcun testamento; che il testamento in data 23 giugno 1984 con il quale il

– 3

de culus,

residente a Lon-

aA

dra, nominava unica erede M.R. (testamento redatto in
lingua inglese, dattiloscritto, sottoscritto dal

d’e cuius in

presenza di due testimoni e pubblicato in Inghilterra da un
notasy public),

non poteva ritenersi contrario all’ordine pub-

impugnare il testamento fatto valere da M.R..
3. – La Corte d’appello di Roma, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 29 marzo 2011, ha rigettato l’appello di R.R..
3.1. – Premesso che l’appellante si è limitata a invocare
il testamento in proprio favore, senza spiegare per quale ragione la sua produzione, ritenuta inammissibile in primo grado, dovrebbe essere ammissibile in sede di gravame (senza cioè
denunciare l’ipotetico errore in cui il Tribunale sarebbe incorso nel ritenere la produzione tardiva e nell’escludere la
sussistenza dei presupposti per la rimessione in termini), la
Corte distrettuale ha osservato che non vi è modo di individuare una doglianza riconducibile al quadro di applicazione
dell’art. 342 cod. proc. civ. nell’affermazione secondo cui il

blico italiano; che l’attrice era carente di legittimazione ad

testamento “le è stato consegnato solo pochi giorni prima
dell’udienza di precisazione delle conclusioni tenutasi in data 24 ottobre 2005”, e che anche a voler ritenere che
l’appellante abbia inteso in tal modo dolersi della mancata
rimessione in termini, resterebbe pur sempre da constatare che
l’assunto – ossia che R.R. fosse stata impossibili-

– 4 –

out,

tata a produrre il testamento nei termini di

legge – non pos-

siede il benché minimo supporto probatorio.
La Corte distrettuale ha poi evidenziato che la produzione
in appello della sentenza del Tribunale di Herceg Novi (Repub-

che comproverebbe la qualità di erede testamentaria di
R.R., è stata tardivamente prodotta, in violazione
dell’art. 345 cod. proc. civ., e non dispiega alcuna efficacia, trattandosi di decisione resa inter alios,

in quanto non

pronunciata nei confronti di M.R. .
Infine, la Corte di Roma ha infine sottolineato che, non
avendo R.R. provato la sua qualità di erede del de
cuius,

i primi tre motivi di appello rimangono assorbiti, es-

sendo ella priva di legittimazione ad impugnare il testamento
in favore di M.R. .
4. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello R.R. ha proposto ricorso, con atto notificato il 5 luglio 2011, sulla base di sei motivi.
Ha resistito, con controricorso, M.R..
L’altra intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Considerato in diritto
1. –

Con il primo motivo (nullità del procedimento

d’appello; error in procedendo con riferimento alla violazione
o falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ.) la ricor-

– 5 –

blica del Montenegro), passata in giudicato il 22 giugno 2006,

rente deduce che la decisione della Corte d’appello di non ammettere la produzione, nel giudizio di secondo grado, del testamento di

S.S., datato 29 gennaio 1999, con cui

questi aveva istituito eredi R.R. e A.A., violerebbe il disposto dell’art. 345 cod. proc. civ.,

trattandosi di un documento indispensabile. Ad avviso della
ricorrente, l’indispensabilità del documento avrebbe dovuto
condurre la Corte d’appello a ritenere irrilevante la circostanza che nell’atto di appello non fosse stata esplicitamente
censurata la decisione del Tribunale di non ammettere la produzione del documento de quo,

tale ritenuta preclusione doven-

do comunque considerarsi superata dalla indispensablità, ai
fini del decidere, della scheda testamentaria.
1.1. – Il motivo è infondato, perché nel giudizio di appello l’eventuale indispensabilità dei documenti, in tanto può
essere valutata dal giudice (nella disciplina ratione tenworis
applicabile, anteriormente alle modifiche

apportate

dall’art.

54, comma l, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134),
in quanto si tratti di documenti nuovi, nel senso che la loro
ammissione non sia stata richiesta in precedenza (Cass., Sez.
V, 20 novembre 2006, n. 24606; Cass., Sez. I, 12 febbraio
2010, n. 3319). Nella specie, invece, la scheda

testamentaria

non era un documento nuovo, essendo già stata depositata da
R.R. dinanzi al Tribunale, il quale aveva dichiarato

6

0A,

la relativa produzione inammissibile per tardività e ritenuto
insussistenti i presupposti per la rimessione in termini ai
sensi dell'(allora vigente) art. 184-bis cod. proc. civ.
2. – Con il secondo motivo (nullità del procedimento
error in procedendo con riferimento alla falsa ap-

plicazione, sotto altro profilo, dell’art. 345 cod. proc.
civ.) si censura che la Corte d’appello non abbia considerato:
che per le prove precostituite non vi è necessità di formulare
nell’atto di appello una esplicita istanza di riacquisizione
del documento una volta che questo sia comunque ridepositato
con l’atto di appello; che l’appellante che Impugna in

toto la

sentenza di primo grado, insistendo per l’accoglimento delle
domande, non ha l’onere di reiterare le istanze istruttorie
pertinenti a dette domande, ritualmente proposte in primo grado, in quanto detta riproposizione è insita nella istanza di
accoglimento delle domande; che la doglianza contenuta
nell’atto di gravame (“tale documento – le è stato consegnato
solo pochi giorni prima dell’udienza di precisazione delle
conclusioni tenutasi in data 24 ottobre 2005”) può costituire

d’appello;

una implicita censura della decisione del Tribunale di Roma.
2.1. – La censura è priva di fondamento.
Nel giudizio di appello la parte può chiedere l’ammissione
di prove nuove, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., ma non
anche riproporre istanze istruttorie espressamente disattese
dal giudice di primo grado, senza espressamente censurare –

7

6/(,

con motivo di gravame – le ragioni per le quali la sua istanza
è stata respinta (Cass., Sez. Il, 23 dicembre 2003, n. 19727;
Cass., Sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1691). A questo principio
di diritto si è attenuta la Corte d’appello nel ritenere ne-

cessaria la proposizione di uno specifico motivo di impugnazione avverso la decisione di mancata rimessione in termini:
motivo specifico che il giudice del gravame, correttamente,
non ha ravvisato nel semplice e generico assunto, non circostanziato e privo del benché minimo supporto probatorio, che

il testamento era stato consegnato all’attrice solo pochi
giorni prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni.
3.

Il terzo mezzo (nullità del procedimento d’appello;

error in procedendo con riferimento alla falsa applicazione,
sotto altro profilo, dell’art. 345 cod. proc. civ.) censura
che la Corte d’appello non abbia considerato che la produzione
in sede di appello del testamento era ammissibile, trattandosi
di documentazione necessaria per dimostrare la sussistenza dei
requisiti per l’azione di disconoscimento della sottoscrizione
del testamento prodotto da M.R. e/o per la proposizione
della querela di falso, in quanto azioni che presuppongono lo
status di erede o di chiamato all’eredità e che erano state
respinte dal giudice di primo grado. La Corte di merito avrebbe dunque dovuto ritenere ammissibile, anche sotto tale profilo, la produzione del testamento e, per l’effetto, consentire

8

04,

quantomeno l’azione di querela di falso proposta all’udienza
del 16 febbraio 2010.
3.1. – Il motivo è infondato.
Vale quanto già esposto con riguardo allo scrutinio del

versia proposta, la prova della qualità di erede in capo
all’attrice non si sottraeva alle preclusioni che regolano la
normale attività di produzione delle parti.
4. – Con il quarto motivo la ricorrente denuncia nullità
del procedimento d’appello nonché

errai in procedendo con ri-

ferimento alla falsa applicazione, sotto altro profilo,
dell’art. 345 cod. proc. civ. e degli artt. 100, 214 e 221
cod. proc. civ. in relazione alla dichiarata inammissibilità
della produzione della sentenza del Tribunale di

Herceg Novi,

nonostante la sentenza montenegrina sia stata emessa e passata
in giudicato successivamente alla sentenza del Tribunale di
Roma impugnata davanti alla Corte d’appello e sia stata rilasciata in copia autentica in data successiva alla proposizione
dell’appello. Secondo la ricorrente, sarebbe altresì erroneo
il rilievo secondo cui la sentenza montenegrina non avrebbe
spiegato alcuna efficacia nel giudizio di appello in quanto
non pronunciata nei confronti dell’appellata M.R. :
vero infatti che la sentenza emessa inter

alios

se è

non poteva

spiegare effetti nei confronti della M.R. , tuttavia essa era
opponibile alla appellata L.L. e parificava –

-9

primo motivo di ricorso. A ciò aggiungasi che, nella contro-

sotto il profilo dell’interesse ad agire – la posizione
dell’appellante R.R. a quella della predetta L.L..
La Corte d’appello avrebbe poi errato nel ritenere che la

nel testamento che ha istituito erede M.R. fosse ricon-

ducibile alla fattispecie della richiesta di annullamento per
difetto di forma, giacché la falsità della firma, conseguente
al disconoscimento non seguito da istanza di verificazione o
al positivo esperimento della querela di falso, non configurerebbe un mero difetto di forma del testamento, ma comporterebbe la nullità del testamento

de quo,

sicché la relativa azione

ben poteva essere proposta da chiunque avesse un interesse meritevole di tutela, a prescindere dalla qualità di erede.
4.1. – Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata è basata su due rationes décidndi.
Con la prima si afferma che la sentenza resa dal Tribunale
della Repubblica del Montenegro, passata in giudicato il 22
giugno 2006, à stata prodotta in giudizio tardivamente,
all’udienza del 17 febbraio 2010;

con la seconda si statuisce

che la sentenza straniera è res inter alios,

giacché al rela-

tivo giudizio non ha preso parte M.R..
La seconda ratio, da sé sufficiente a sostenere il
sum, resiste alle censure articolate con il motivo.

– lo –

deci-

richiesta di accertamento della falsità della firma apposta

La sentenza straniera che si assume abbia accertato la
qualità di erede di R.R., è stata resa in esito ad un giudizio nel quale M.R. non ha preso parte:
nei suoi confronti, pertanto, l’accertamento compiuto nella

sato dall’art. 2909 cod. civ., secondo il quale le statuizioni
contenute in una sentenza passata in giudicato fanno stato ad
ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, si evince, infatti, a contrario, che tali statuizioni non estendono i loro effetti, e non sono vincolanti, per i soggetti rimasti estranei al giudizio (Cass., Sez. Il, 25 ottobre 2013, n.
24165). Né a diversa conclusione può giungersi per il fatto
che al processo dinanzi al giudice straniero abbia partecipato
L.L., trattandosi di una parte processuale
diversa da M.R. .
Non è pertinente l’osservazione secondo cui nella specie
si sarebbe in presenza di un’ipotesi di falsità della firma,
conseguente al disconoscimento non seguito da istanza di verificazione, sicché “la mancata istanza di verificazione da parte della signora M.R. rendeva tamquam

non esset detto

‘testamento inglese’ per difetto di valida sottoscrizione”.
Infatti, poiché l’autenticità del testamento è stata contestata dall’attrice R.R., doveva essere proporre
domanda di accertamento negativo della provenienza della
scrittura, e gravava su di essa l’onere della relativa prova,

sentenza è privo di efficacia di giudicato. Dal principio fis-

secondo i principi generali dettati in tema di accertamento
negativo (Cass., Sez. Un., 15 giugno 2015, n. 12307). In questa prospettiva,

cade il rilievo della ricorrente secondo cui

“il mancato expedit alla querela di falso proposto dalla si-

la falsità di detto testamento e, quindi, il mancato accoglimento dell’appello”.
5. – Con il quinto motivo si denuncia la nullità del procedimento di appello ed error in

procedendo con riferimento

alla falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 100,
214 e 221 cod. proc. civ., connessa alla violazione di legge
e, segnatamente, dell’art. 2909 cod. civ. Ad avviso della ricorrente, la Corte di merito avrebbe errato nel non rilevare
che la situazione venutasi a creare nel procedimento di appello a seguito della adesione di L.L. alle conclusioni rassegnate da M.R. nel giudizio di primo grado,
adesione che ha comportato la perdita della qualità di successibilo in capo alla detta L.L., comportava
comunque l’insorgenza, in capo a R.R.,
dell’interesse ad agire ex art. 100 cod. proc. civ., in quanto
nel giudizio di appello essa era ormai la chiamata più prossima all’eredità di S.S., e ciò anche in considerazione
della mancata impugnazione della sentenza di primo grado da
parte di L.L. e del conseguente

giudicato

formatosi nei suoi confronti. La Corte d’appello avrebbe dovu-

– 12 –

gnora R.R. ha comportato l’impossibilità di provare

to prendere atto che la reiterazione del disconoscimento della
sottoscrizione del preteso testamento inglese, e la mancata
istanza di verificazione da parte di M.R.,

rendeva tam-

quam non esset detto testamento inglese per difetto di valida

5.1. – Il motivo è infondato, sotto entrambi i profili in
cui si articola.
Per un verso, infatti, è da escludere che l’adesione
dell’erede legittima L.L. alle conclusioni
rassegnate dall’interveniente M.R. , erede testamentaria,
abbia reso l’attrice R.R. la chiamata più
prossima all’eredità, e quindi abbia determinato in
quest’ultima, quantunque parente più remota ai sensi dell’art.
572 cod. civ., la legittimazione ad impugnare, ai sensi del
secondo comma dell’art. 606 cod. civ., il testamento in favore
di M.R. .
Per l’altro verso, è erronea – alla luce del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la citata sentenza 15 giugno 2015, n. 12307 la premessa secondo cui la
mancata istanza di verificazione da parta di M.R. abbia
reso tamquam non esset,

per difetto di valida sottoscrizione,

il testamento inglese del de culus.
6. – Il sesto motivo denuncia l’erronea applicazione della
normativa italiana in materia di successione anziché di quella

– 13 –

sottoscrizione.

montenegrina, in violazione dell’art. 46 della legge 31 maggio
1995, n. 218.
6.1. – Il motivo è inammissibile.
La domanda di applicazione della legge straniera è propo-

stione la cui soluzione dipende da accertamenti di fatto (la
titolarità in capo al de culus di una cittadinanza diversa da
quella italiana al momento della morte) da richiedere al giudice di merito nel rispetto del principio del contraddittorio
(cfr. Casa., Sez. lav., 5 giugno 2009, n. 13087).
7. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e

condanna

la ricorrente al

rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrent., che liquida in complessivi euro 3.200, di cui euro
3.000 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 15 marzo 2016

sta per la prima volta in cassazione, pur trattandosi di que-

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