Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7405 del 23/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 23/03/2017, (ud. 10/01/2017, dep.23/03/2017),  n. 7405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, in proprio e quale incorporante

di BANCA TOSCANA SPA E DI MPS GESTIONE CREDITI BANCA S.P.A. in

persona del dott. DUCCIO PICCHI nella qualità di responsabile del

settore dipartimentale recupero crediti di Siena, domiciliata ex

lege presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato ANDREA DE ROGATIS giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

CLAUDIO PELLEGRINI, STEFANO CAVALLINI giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.E., BANCA POPOLARE DELL’ETRURIA E DEL LAZIO SOC COOP A

RL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1368/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 03/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato DE ROGATIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 3.9.2014, ha respinto l’appello principale proposto da MPS Gestione Crediti s.p.a. n.n. di Banca Toscana s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, con cui il Tribunale di Arezzo aveva respinto le domande proposte dalla Banca – e condivise da Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio s.p.a. e da MPS Gestione Crediti s.p.a. n.n. di Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., intervenute nel processo – contro E. e C.G., per la declaratoria di simulazione ed in ipotesi di revocatoria ordinaria di un contratto di compravendita del (OMISSIS), con cui il primo aveva venduto al secondo un appartamento in (OMISSIS). Sostenevano le banche, tutte creditrici di C.E., che il contratto era simulato, trattandosi di vendita da padre a figlio, e comunque di atto in frode. La Corte d’appello ha condiviso il ragionamento del primo giudice, negando da un lato i caratteri della simulazione per la presenza di meri dati indiziari, contraddetti dalla circostanza che l’acquirente s’era accollato il mutuo relativo all’immobile e che egli era andato ad abitarlo con la propria famiglia; quanto alla revocatoria, confermando la mancanza di scientia damni rilevata dal primo giudice, la Corte d’appello rilevava anche la mancanza di eventus damni, dal momento che il bene venduto era vincolato a garanzia di un credito altrui (vantato da Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a.), e quindi difettava la prova di un concreto pregiudizio subito dall’attrice (ed evidentemente dagli intervenienti).

La Corte fiorentina ha poi accolto l’appello incidentale dei C., regolando le spese del doppio grado secondo la soccombenza.

Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. – in proprio e quale incorporante di Banca Toscana s.p.a. e di MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. – propone ora ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo. Resiste con controricorso il solo C.G., mentre gli altri intimati non hanno resistito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con l’unico motivo, deducendo “violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 2901, 2740 e 2741 c.c.”, la ricorrente censura la sentenza impugnata perchè, ribadendo il principio di Cass. n. 16464/2009 – secondo cui “A norma dell’art. 2901 c.c., comma 1, il presupposto dell’azione revocatoria costituito dal pregiudizio alle ragioni del creditore si riferisce anche al pericolo di danno, la cui valutazione è rimessa alla concreta valutazione del giudice; ne consegue che, ove oggetto dell’azione revocatoria sia un atto di compravendita di un bene già ipotecato, se ad agire è un creditore chirografario, il pregiudizio deve essere specificamente valutato – nella sua certezza ed effettività – con riguardo al potenziale conflitto tra il creditore chirografario e il creditore garantito da ipoteca, e quindi in relazione alla concreta possibilità di soddisfazione del primo con riguardo all’entità della garanzia reale del secondo” – avrebbe travisato la funzione dell’azione revocatoria ordinaria, che è quella di ricostituire la garanzia patrimoniale generica, e non già la garanzia specifica (Cass. n. 27718/2005).

2.1 – Il ricorso è inammissibile.

Le censure della banca ricorrente potrebbero considerarsi astrattamente fondate alla luce del più recente orientamento di questa Corte, che ha da ultimo affermato che “In tema di azione revocatoria ordinaria, l’esistenza di una ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo, ancorchè di entità tale da assorbirne, se fatta valere, l’intero valore, non esclude la connotazione di quell’atto come “eventus damni” (presupposto per l’esercizio della azione pauliana), atteso che la valutazione tanto della idoneità dell’atto dispositivo a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza, sul valore del bene, della causa di prelazione connessa alla ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell’atto, ma con giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare l’eventualità del venir meno, o di un ridimensionamento, della garanzia ipotecaria” (Cass. n. 11892/2016; nello stesso senso, Cass. n. 16793/2015. Nel senso del principio applicato dalla sentenza impugnata, v. invece Cass. n. 25733/2015).

Senonchè, come correttamente eccepito dal controricorrente, la banca non ha correttamente proposto l’impugnazione. Infatti, il Tribunale di Arezzo aveva respinto l’azione revocatoria rilevando la mancanza di scientia damni in capo a venditore e acquirente. La Corte d’appello ha espressamente confermato tale statuizione (p. 8), integrando la motivazione del primo giudice sul rilievo della incapienza del credito attoreo a fronte dell’ipoteca gravante sull’immobile.

Le censure della ricorrente in questa sede attengono però esclusivamente al pregiudizio (eventus damni) e non viene speso nessun argomento sulla riscontrata scientia damni, pure fermamente ribadita dal giudice d’appello. E’ quindi evidente che la ricorrente non ha mosso alcuna censura in relazione ad una delle due rationes decidendi su cui si fonda la decisione impugnata, ossia a quella concernente l’elemento psicologico. Infatti, dalla lettura della motivazione sul punto emerge chiaramente che la Corte fiorentina ha inteso supportare la motivazione del Tribunale con ulteriori argomenti, non prima di aver confermato la decisione in ordine alla scientia damni. Detti altri argomenti, però, attengono chiaramente ad uno specifico presupposto dell’azione pauliana, quello appunto del pregiudizio, sul quale la banca ricorrente ha speso ogni censura, lasciando tuttavia totalmente scoperto il versante della consapevolezza da parte dei C. di arrecare un danno ai creditori, pure affermato dalla Corte toscana: l’assenza di ogni doglianza sul punto comporta che, pur ipotizzando la fondatezza del motivo in esame, la decisione reggerebbe comunque al relativo accoglimento, potendo autonomamente fondarsi sulla ratio decidendi non impugnata.

6.1 – In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rivalere il resistente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza del presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

La presente sentenza è stata redatta con la collaborazione del magistrato assistente di studio dr. S.S..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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