Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7402 del 17/03/2020

Cassazione civile sez. I, 17/03/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 17/03/2020), n.7402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6797/2015 proposto da:

American Laundry Ospedaliera S.p.a., nella persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti

Ferdinando Scotto, e Maria Rosaria La Rosa, i quali elettivamente

domiciliano in Roma presso lo studio Laudadio – Scotto, giusta

procura speciale a margine del ricorso per cassazione.

– ricorrente –

contro

Azienda Ospedaliera Universitaria, Seconda Università degli Studi di

Napoli, nella persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Nardone, con cui è

elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’Avv.

Stefano Gagliardi, giusta procura a margine del controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di NAPOLI n. 222/2014,

pubblicata il 20 gennaio 2014.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 7153/2009 del 4 giugno 2009, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda avanzata nei confronti della Azienda Ospedaliera Seconda Università di Napoli Federico II, in favore del giudice amministrativo e revocato il Decreto Ingiuntivo n. 1360 del 2008, emesso il 12 febbraio 2008, affermando l’applicazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244, che stabiliva che le controversie relative alla clausola di revisione del prezzo e il relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata e periodica rientravano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

2. La American Laundry Ospedaliera S.p.a. aveva agito in sede monitoria chiedendo il pagamento della somma di Euro 301.225,80 a titolo di revisione prezzi e relativi interessi in virtù del contratto di appalto intercorso dal 4 gennaio 1995 avente ad oggetto la prestazione di forniture e servizi di noleggio, lavanderia, disinfestazione, sterilizzazione, stireria e rammendo della biancheria.

3. Proposto gravame avverso la sentenza di primo grado, la Corte di appello di Napoli rigettava l’appello, confermando la sentenza impugnata e condannato la società appellante al pagamento delle spese processuali.

2. La American Laundry Ospedaliera S.p.a. ricorre in cassazione con due motivi.

6. L’Azienda Ospedaliera Seconda Università di Napoli Federico II ha presentato controricorso.

7. La American Laundry Ospedaliera S.p.a. ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va rigettata l’istanza di sospensione del presente giudizio formulata ai sensi dell’art. 295 c.p.c., dall’Azienda controricorrente, nelle more della definizione della controversia pendente dinanzi alla Corte di appello di Napoli, n. R.G. 754/2014, avente ad oggetto l’impugnazione della Delib. 13 luglio 2007, n. 462, del direttore generale dell’Azienda ospedaliera (che, a dire di quest’ultima ha annullato implicitamente l’atto di certificazione n. 1657/X del 21 marzo 2007 e l’atto implicito di autorizzazione alla sottoscrizione e il relativo atto transattivo stipulato in data 31 marzo 2007 con la Americana Laundry Ospedaliera S.p.a.), ritenuta legittima con sentenza del Tribunale di Napoli n. 8547 del 3 luglio 2013.

Ed invero tra il presente giudizio e quello pendente dinanzi la Corte di appello di Napoli non si ravvisa una pregiudizialità in senso tecnico-giuridico, che inerisce a quella fattispecie che, essendo esterna al fatto costitutivo del diritto, ne integra il presupposto o a quella situazione che ugualmente rappresenta un presupposto dell’effetto dedotto in giudizio, ma che si distingue, attesa la sua autonomia, dal fatto costitutivo sul quale si fonda l’effetto ed integra la questione pregiudiziale (Cass., Sez. U., 26 luglio 2004, n. 14060).

Nella sostanza, l’art. 295 c.p.c., nel prevedere la sospensione necessaria del giudizio civile quando la decisione dipenda dalla definizione di altra causa, coerentemente con l’obiettivo di evitare un conflitto di giudicati, allude ad un vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità fra due emanande statuizioni e non già ad un mero collegamento fra diverse statuizioni, per l’esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione.

Peraltro, nel caso di pregiudizialità in senso logico soccorre la previsione dell’art. 336 c.p.c., comma 2, circa il c.d. effetto espansivo esterno, e cioè circa il propagarsi degli effetti della riforma o della cassazione al di là della sentenza, agli atti ed ai provvedimenti (ivi comprese le sentenze) dipendenti dalla sentenza riformata o cassata (Cass., 15 maggio 2019, n. 12999).

2. Con il primo motivo la American Laundry Ospedaliera S.p.a. lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 3, in relazione all’art. 40 c.p.c. e art. 336 c.p.c., comma 2, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 56 e art. 2909 c.c.; l’error in iudicando e procedendo con riferimento alla declinatoria di giurisdizione; la violazione degli effetti regolatori e del giudicato esterno discendenti dall’ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 1946/2010; il travisamento degli atti del giudizio e del petitum azionato da American Laundry.

3. Con il secondo motivo la American Laundry Ospedaliera S.p.a. lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244, nonchè in relazione alla L. n. 537 del 1993, art. 6; la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 11 disp. gen. c.c.; la falsa applicazione del principio di irretroattività delle leggi.

Ad avviso della società ricorrente è errata la statuizione della Corte di appello di Napoli che non ha considerato l’oggetto del giudizio n. R.G. 2892/2010, diretto alla conferma del credito in oggetto che trovava genesi e causale nella esecuzione dell’accordo transattivo del 21 marzo 2007 e che ha trascurato la portata dell’accordo transattivo e della certificazione di pagamento prot. n. 1657/X del 21 marzo 2007, con ciò non conformandosi all’indirizzo regolatore della Suprema Corte con efficacia e inter partes e pan-processuale, trattandosi di pronuncia resa a sezioni Unite e su questione di giurisdizione.

Inoltre, afferma la società ricorrente che la pronuncia sulla giurisdizione resa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo come dispone il R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65 e richiama, ancora, l’effetto espansivo esterno derivante dall’art. 336 c.p.c., comma 2, che vincola “gli atti dipendenti dalla sentenza riformata e/o cassata”, ovvero ogni giudizio connesso alla vicenda sentenziata dalla Suprema Corte.

Con riferimento al secondo motivo, la società ricorrente richiama ancora una volta l’ordinanza n. 19046 del 6 settembre 2010 delle Sezioni Unite di questa Corte, che aveva escluso l’operatività del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244, confermando le controversie insorte tra la parti devolute alla giurisdizione del G.O..

3.1 Deve rilevarsi, in primo luogo, che la sezione semplice, nella specie, può decidere la questione di giurisdizione che forma esclusivo oggetto del ricorso, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 1, trattandosi di questione di giurisdizione risolta univocamente dalle Sezioni Unite.

Le Sezioni Unite della Corte, infatti, in tema di revisione prezzi negli appalti di opere pubbliche, hanno affermato che l’ampia e generale portata assunta dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per effetto del disposto del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244, prima, e dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a., poi, nella quale rientra ogni controversia concernente detta revisione, compreso il profilo del “quantum debeatur”, incontra un limite nel solo caso in cui sia in contestazione esclusivamente l’espletamento di una prestazione già puntualmente prevista nel contratto e disciplinata in ordine all'”an” ed al “quantum”, avendo in tal caso la domanda ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale, ossia l’accertamento di un diritto soggettivo che, stante la natura paritetica della situazione in cui si trova la P.A., rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. U., 1 febbraio 2019, n. 3160).

3.2 Tanto premesso, i motivi di ricorso, che vanno trattati congiuntamente perchè connessi, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

Ed invero la società ricorrente ripropone tutte le censure dedotte in sede di appello e sulle quali i giudici di secondo grado hanno ampiamente motivato, deducendo la violazione di una pluralità di disposizioni normative, ma omettendo di precisare le affermazioni in diritto della sentenza che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie (o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità), genericamente richiamate nella intestazione del motivo, e senza ricondurre una specifica statuizione della sentenza alla violazione di una determinata norma, impedendo così alla Corte regolatrice di adempiere al suo compito di verificare il fondamento della lamentata violazione.(Cass., 9 marzo 2012, n. 3721).

Va al riguardo osservato che il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dev’essere, a pena di inammissibilità, dedotto non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate, ma anche delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa tra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio ruolo istituzionale di verificare il fondamento della denunciata violazione (ex multis, Cass.; 1 dicembre 2014, n. 25419; Cass., 12 gennaio 2016, n. 287).

3.3 Tanto premesso, la Corte territoriale ha ampiamente motivato, a pag. 5, sul contenuto dell’ordinanza n. 19046/2010 di questa Corte che ha definito il regolamento di giurisdizione proposto dalla American Laundry Ospedaliera S.p.a., dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario, mettendo in evidenza che l’oggetto di quel giudizio verteva sull’annullamento della Delib. Direttore Generale dell’Azienda ospedaliera 13 luglio 2007, n. 462, che aveva annullato in via di autotutela l’autorizzazione a sottoscrivere la transazione e non già sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione a controversie riguardanti la revisione dei prezzo e il compenso revisionale.

Peraltro, mette conto rilevare che è stata la stessa società ricorrente, nella pendenza del giudizio n. 754/2014 avente ad oggetto la Delib. Direttore Generale dell’Azienda ospedaliera 13 luglio 2007, n. 462, a presentare ricorso per ingiunzione di pagamento per l’importo di Euro 301.225,80 sulla base della fattura n. (OMISSIS), a cui ha fatto seguito il Decreto Ingiuntivo n. 1360 del 2008 e la sentenza n. 7153/2009 oggetto di impugnazione davanti la Corte di appello di Napoli.

Nè rileva che l’importo di Euro 301.225,80, azionato in sede monitoria, fosse ricompreso nell’importo di Euro 3.362.243,29, oggetto dell’accordo transattivo del 21 marzo 2007, stante l’autonomia negoziale e il differente titolo causale portato dall’atto di transazione (la cui autorizzazione è stata oggetto anche di successiva revoca), rispetto alla fattura azionata in sede monitoria.

Resta fatto incontroverso che il titolo posto a fondamento della richiesta monitoria è la fattura n. (OMISSIS) e non già, come affermato dalla società ricorrente, l’accordo negoziale avente portata transattiva del 21 marzo 2007, nè muta prospettiva la circostanza che tale credito fosse contenuto nella proposta di transazione avendo la stessa società ricorrente azionato autonomamente il credito con altro titolo (la fattura) diverso da quello contrattuale.

Rimane fermo quanto affermato dai giudici di secondo grado che addirittura hanno riportato tra virgolette quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 19406/2010 circa l’oggetto della controversia che “non attiene alla pretesa diretta a ottenere il pagamento della revisione prezzi, ma all’esecuzione di un accordo transattivo annullato dall’azienda ospedaliera”.

La portata letterale dell’ordinanza richiamata, per come trasfusa nella sentenza impugnata, esclude la sussistenza del vizio di violazione di legge per come genericamente dedotto, nè si pone di conseguenza, stante la diversità dell’oggetto del giudizio, un problema di vincolatività delle decisioni rese dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

E ciò senza prescindere dal rilievo sollevato dall’Azienda ospedaliera (a pag. 4 del controricorso), non contestato, che il profilo della erroneità della sentenza di primo grado in considerazione di quanto affermato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 19406/2010 sia stato avanzato dalla società ricorrente, nel giudizio di secondo grado, soltanto in comparsa conclusionale.

3.4 L’ulteriore profilo di censura relativo all’operatività del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244, è inammissibile, poichè si tratta di censura formulata per la prima volta in questa sede.

Ed invero, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio (Cass., 13 giugno 2018, n. 15430).

3.5 Rileva, inoltre, che, nel caso in esame, entrambe le parti hanno affermato, nei rispettivi atti difensivi, che nella fattispecie in esame è controverso non soltanto il criterio di calcolo del compenso revisionale, ma anche il diritto a conseguire la revisione prezzi.

In particolare, la società ricorrente ha evidenziato che l’adeguamento revisionale disciplinato dall’art. 22 del capitolato speciale di appalto è stato negato dall’Azienda ospedaliera in ragione della dedotta nullità/invalidità della richiamata clausola per due motivi: 1) perchè, al momento in cui era sorto il vincolo contrattuale l’efficacia della L. n. 573 del 1993, art. 6, che imponeva il riconoscimento per contratto dell’adeguamento revisionale ISTAT in favore dell’appaltata, sarebbe stata sospesa da una serie di decreti legge, i cui effetti erano stati fatti salvi dalla L. n. 95 del 1995 e questo impediva l’applicabilità dell’art. 22 del Capitolato Speciale, che richiamava l’art. 6; 2) perchè il rinnovo del contratto tra Ente appaltante e società appaltata si sarebbe verificato senza gara pubblica e questo impediva il riconoscimento dell’adeguamento ISTAT.

Emerge, quindi, in tutta evidenza che l’oggetto del contenzioso in esame è innanzi tutto il diritto alla revisione dei prezzi e l’applicabilità o meno del meccanismo revisionale, sicchè la controversia non involge l’espletamento di una prestazione puntualmente prevista nel contratto e disciplinata nella sua esistenza e nel suo ammontare, con il conseguente corollario che il giudizio, con riguardo all’accertamento del credito della società ricorrente, a titolo di revisione del prezzo del contratto di appalto, ha ad oggetto una controversia sulla revisione del prezzo riconducibile al novero di quelle spettanti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

4. Alla conferma della giurisdizione del giudice amministrativo consegue il rigetto del ricorso e l’applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2020

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