Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7397 del 23/03/2017
Cassazione civile, sez. III, 23/03/2017, (ud. 05/10/2016, dep.23/03/2017), n. 7397
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Presidente –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8501-2014 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS) in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per
legge;
– ricorrente –
contro
GENERALI ITALIA S.P.A., già INA ASSITALIA SPA in persona del legale
rappresentante p.t. a mezzo della propria mandataria e
rappresentante GENERALI BUSINESS SOLUTIONS S.C.P.A. in persona dei
procuratori speciali P.V. e D.G.,
elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA SANTA CROCE GERUSALEMME 4,
presso lo studio dell’avvocato LORENA LUNARDI, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositata il
17/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/10/2016 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;
udito l’Avvocato SIMONA RENDINA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore /JI Generale Dott.
CARDINO Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con provvedimento del 6 – 12 luglio 2013 il Giudice di Pace di Roma, rimettendo contestualmente sul ruolo la causa trattenuta in decisione, dichiarò l’estinzione del giudizio introdotto dal Ministero dell’Interno nei confronti della Ina Assitalia S.p.A. (nelle more divenuta Generali Italia S.p.A.) per il risarcimento dei danni da circolazione stradale cagionati ad un veicolo della polizia di Stato da un’auto, rubata e non assicurata, di proprietà dell’Autoraf s.r.l. per omessa integrazione del contraddittorio, nel termine all’uopo accordato al Ministero, e lo condannò alla refusione delle spese processuali in favore della convenuta società assicuratrice.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo, il Ministero dell’Interno; resiste la Generali Italia S.p.A.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unica censura la ricorrente deduce, sub specie di violazione e falsa applicazione dell’art. 310 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la illegittimità della ordinanza di estinzione nella parte relativa alla disposta statuizione di condanna alle spese, assumendo che, in caso di estinzione del processo per inattività delle parti, le spese restino a carico delle parti che le hanno anticipate, giusta il disposto dell’art. 310 c.p.c., u.c..
Il ricorso è inammissibile.
La sollevata doglianza, senza porre in contestazione la sussistenza dei presupposti per la declaratoria di estinzione, concerne esclusivamente la correttezza della pronuncia sulla spese di lite e, specificamente, la legittimità di un regolamento delle stesse secondo soccombenza in caso di estinzione per inattività delle parti, dacchè valutazione non consentita al giudice che dichiari l’estinzione.
Orbene, osserva la Corte come effettivamente nelle ipotesi di estinzione dei giudizi di cognizione sia precluso all’organo decidente un apprezzamento in ordine alla soccombenza dell’una o dell’altra parte, soccombenza nemmeno in astratto ravvisabile, per essere, in ultima analisi, l’estinzione riconducibile ad una concorde volontà, espressamente o implicitamente manifestata, ovvero ad un contegno di inerzia processuale di tutti i contraddittori: in questa prospettiva, del tutto coerente è la previsione, in caso di estinzione per inattività, della definitiva attribuzione delle spese a carico delle parti anticipatarie, sancita con un provvedimento meramente dichiarativo del giudice che pronunci l’estinzione.
Qualora invece (ex multis Cassazione civile, sez. 6 14/01/2016 n. 533), essendo insorta controversia tra le parti sui presupposti dell’ estinzione il giudice, decida sul merito della debenza delle spese del processo secondo le regole stabilite dagli artt. 91 e ss. codice di rito, ovvero (come accaduto nella vicenda in esame) disponga la condanna alla refusione delle spese di una parte individuata secondo il criterio della soccombenza per causalità, il provvedimento, in qualsiasi forma reso, è decisorio, incidente su diritti, ed ha natura sostanziale di sentenza.
Pertanto, quantunque avente veste formale di ordinanza, assoggettato all’ordinario rimedio impugnatorio dell’appello, restando esclusa la impugnabilità con ricorso per cassazione (sul tema, analogamente, Cass. 10/10/2006, n. 21707; Cass. 14/11/2009, n.26210).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile in forza del seguente principio di diritto: “L’ordinanza con cui il giudice, nel dichiarare l’estinzione del processo per inattività delle parti, regoli le spese di lite secondo il principio di soccombenza ha contenuto decisorio e natura sostanziale di sentenza, come tale impugnabile con i mezzi ordinari e non ricorribile in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7”.
La complessità delle questioni giuridiche involte nella esaminata vicenda giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
Avuto riguardo all’epoca di proposizione del ricorso per cassazione (posteriore al 30 gennaio 2013), la Corte dà atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17): in base al tenore letterale della disposizione, il rilievo della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese di lite tra le parti.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
La presente sentenza è stata redatta con la collaborazione del Magistrato assistente di studio, dott. R.R..
Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017