Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7393 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 07/03/2022, (ud. 08/07/2021, dep. 07/03/2022), n.7393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10876-2020 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

R.E., R.R., in proprio e nella qualità di

eredi di R.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO 28, presso lo studio dell’avvocato UGO MARIA CILIBERTI,

rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO MERCADANTE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1001/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con atto notificato il 13/3/2020, il Ministero della Salute propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, avverso la sentenza n. 1001/2020 della Corte d’Appello di Roma, notificata il 13/2/2020. Con controricorso notificato il 20/5/2020 resistono R.R. e R.E..

2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale di Roma accoglieva la domanda proposta da R.R. e R.E. – iure proprio e iure hereditatis – nei confronti del Ministero della Salute, volta a ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla contrazione dell’epatite C (evolutasi in cirrosi epatica con esito fatale) da parte del padre, R.G., a seguito di trasfusione di sangue infetto. Il Tribunale, nella liquidazione del danno, disattendeva l’eccezione di compensatio lucri cum damno spiegata dal Ministero con riferimento all’indennizzo ex L. n. 210 del 1992.

3. Avverso la sentenza di prime cure, il Ministero ha proposto appello unicamente con riguardo alla mancata detrazione dell’indennizzo. La Corte d’Appello di Roma, con la pronuncia in questa sede impugnata, ha rigettato il gravame e confermato la decisione del Tribunale. In particolare, ha ritenuto che il Ministero non avesse provato l’effettiva corresponsione dell’indennizzo, né avesse quantificato il suo esatto ammontare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con un unico motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 1, art. 2, commi 1-4, degli artt. 2043,2056 e ss., degli artt. 2041 e 1243 c.c. e degli artt. 2697 e 270c.c., nonché degli artt. 115, 116, 183,213 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c., commi 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. La sentenza sarebbe errata là dove non ha considerato che la parte danneggiata aveva ottenuto il riconoscimento del diritto all’indennizzo ex L. n. 210 del 1992, nonché nella parte in cui non ha valutato la documentazione prodotta in atti dalla quale sarebbe stato possibile quantificare l’assegno una tantum, costituito da una somma fissa e predeterminata per legge. Si sostiene che, ai fini della compensatio lucri cum damno, non sarebbe necessaria la prova dell’effettiva corresponsione dell’indennizzo, ma esclusivamente della sua determinabilità.

2. Il motivo è inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1.

3. La Corte d’Appello ha rilevato che il Ministero non aveva indicato l’ammontare dell’importo corrisposto a titolo di indennizzo, né aveva fornito la prova che questo fosse stato effettivamente liquidato, essendosi limitato ad affermare che il quantum si ricaverebbe dalle allegazioni attoree. Inoltre, ha rilevato che dalla lettura degli atti di parte di primo grado non risultava che il Ministero avesse mai quantificato l’esatto ammontare dell’indennizzo.

4. La Corte territoriale ha deciso la quaestio iuris sottoposta alla sua attenzione in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità e l’esame del motivo non offre censure idonee a inficiarne l’impianto motivazionale, sulla scorta del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui “Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”) solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il “lucrum”. ” (Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 21837 del 30/8/2019; Sez. 3 -, Sentenza n. 20909 del 22/8/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9434 del 10/5/2016; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 14932 del 14/6/2013).

5. Senonché, in questa sede, il Ministero si limita a ribadire che la Corte del gravame avrebbe potuto quantificare l’indennizzo sulla base del verbale della C.M.O. dell’8/3/2010.

6. Tuttavia, in primo luogo, occorre evidenziare che il giudice non può supplire alle lacune di allegazione e prova della parte; in secondo luogo, il verbale al quale la ricorrente fa riferimento consiste nell’accertamento del nesso causale tra decesso e patologia post-trasfusionale con cui era stato astrattamente previsto il diritto all’indennizzo del danneggiato, senza che – dalla produzione de qua – emerga la possibilità di quantificare la somma spettante a tale titolo. Difatti, la riconosciuta spettanza a favore del danneggiato dell’indennizzo ex L. n. 210 del 1992 non fornisce elementi per determinare l’ammontare del credito opposto in compensazione sicché, per ritenere assolto l’onere probatorio in capo al Ministero, sarebbe stato necessario dimostrare – per il tramite degli opportuni riferimenti agli atti del giudizio di merito – di aver fornito dati specifici idonei alla determinazione del quantum, che non possono inferirsi dal solo fatto che somma sia predeterminata per legge su base fissa.

7. Ne’ può soccorrere, a tal fine, il carattere predeterminato delle tabelle per individuare, in mancanza di dati specifici della cui prova è onerato chi eccepisce il lucrum, il preciso importo da portare in decurtazione dal risarcimento (cfr. Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 20909 del 22/8/2018, in motivazione).

8. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese e al raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 8000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie e ulteriori oneri di legge, in favore dei controricorrenti, con distrazione a favore dell’avvocato antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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