Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7385 del 22/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/03/2017, (ud. 11/11/2016, dep.22/03/2017),  n. 7385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2546/2016 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ULPIANO 29,

presso lo studio dell’avvocato SERENELLA RUGGERI, rappresentata e

difesa dall’avvocato MASSIMO GENTILI giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

nonchè contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI ROMA (OMISSIS) SEZIONE DI ANCONA, in persona del

Presidente pro tempore, MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– resistenti –

e contro

PROCURATORE GENERALE presso la CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1061/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 22/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA SCALDAFERRI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. E’ stata depositata in Cancelleria, e regolarmente comunicata, la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che, in via preliminare, alla ricorrente va assegnato termine sino all’udienza camerale per il deposito in atti dell’avviso di ricevimento costituente prova della relata di notifica all’intimato Ministero dell’Interno;

che, con sentenza depositata in data 22 ottobre 2015, la Corte di appello di Ancona ha respinto il gravame proposto da S.F. avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che aveva a sua volta respinto la domanda rivolta ottenere l’annullamento del provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale – Sezione di Ancona del 19 dicembre 2013 di non riconoscimento della protezione internazionale quale rifugiato politico;

che avverso detta sentenza, S.F. ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo;

che gli intimati non hanno svolto difese;

ritiene che il ricorso non sembra meritevole di accoglimento in quanto il motivo di impugnazione, per la parte in cui deduce la nullità del provvedimento amministrativo impugnato – per non essere stato notificato alla ricorrente in una lingua conosciuta – non appare fondato atteso che, in tema di protezione internazionale, la nullità del provvedimento amministrativo, emesso dalla Commissione territoriale per omessa traduzione in una lingua conosciuta dall’interessato o in una delle lingue veicolari, non sembra esonerare il giudice adito dall’obbligo di esaminare il merito della domanda, poichè oggetto della controversia non sarebbe il provvedimento negativo, ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata (cfr. Sez. 6-1, Ordinanza n. 26480 del 09/12/2011), sulla quale comunque il giudice deve statuire, non rilevando in sè la nullità del provvedimento, ma solo le eventuali conseguenze di essa sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa(cfr. Sez. 6-1, Ordinanza n. 420 del 13/01/2012);

che, con riferimento alla critica nei riguardi della motivazione esposta nel provvedimento impugnato, il motivo appare inammissibile, in quanto privo di specifiche indicazioni circa i fatti e le fonti di prova che la Corte di appello avrebbe omesso di considerare (art. 366 c.p.c., n. 6);

che, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, non pare sussistere la violazione delle norme di diritto richiamate nel motivo di censura, avendo la Corte territoriale rilevato, nella domanda formulata dalla ricorrente, una carenza di allegazione dei fatti costitutivi del diritto e un’omissione dell’indicazione del pericolo di condanna a morte o di tortura o di altra forma di pena o trattamento inumano: in tal modo il giudice di appello non pare essersi discostato dall’insegnamento di questa Corte che ha affermato che anche la materia della protezione internazionale dello straniero soggiace all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Sez. 6-1, ordinanza n. 19197 del 28/09/2015);

che, infine, con riferimento alla doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 10 Cost., comma 3, dovrebbe ritenersi che il diritto di asilo sia interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, adottato in attuazione della Direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, e di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per cui non vi dovrebbe essere alcun margine residuale di diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, in chiave processuale o strumentale, a tutela di chi abbia diritto all’esame della sua domanda di asilo alla stregua delle citate norme di rango primario sulla protezione (Cfr. Sez. 6-1 Ordinanza n. 10686 del 26/06/2012);

che pertanto il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380-bis c.p.c., per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere rigettato”.

2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio, letti gli atti, condivide integralmente le considerazioni esposte nella relazione (rimaste peraltro prive di repliche), sì che il rigetto del ricorso si impone.

Non vi è luogo per provvedere sulle spese del giudizio, non avendo gli intimati svolto difese.

E’ altresì dovuto l’ulteriore contributo unificato non risultando il ricorrente ammesso al gratuito patrocinio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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