Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7379 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2011, (ud. 04/02/2011, dep. 31/03/2011), n.7379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

T.A., elettivamente domiciliato in Roma, largo dei

Lombardi 4, presso l’avv. TURCO Alessandro, rappresentato e difeso

giusta delega in atti dagli avv. RIZZO Antonio e Pasquale Bambino;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli,

sezione staccata di Salerno n. 268/4/05 del 24/6 – 5/7/2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

4/2/2011 dal Relatore Cons. Dott. Francesco TIRELLI;

Uditi gli avv. Gentili e Bambino;

Mentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte, osserva quanto segue:

Con atto notificato il 4/10/2006, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso contro la sentenza in epigrafe indicata, di cui ha chiesto la cassazione con ogni consequenziale statuizione.

L’intimato T.A. ha resistito con controricorso e la controversia e’ stata decisa all’esito della pubblica udienza del 4/2/2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dalla lettura della sentenza impugnata, del ricorso e del controricorso risulta pacificamente in fatto che il 24/8/1990 T.A. ha ceduto a L.T.A. le quote a lui intestate della sas Azienda Agricola La Torretta di Sandro Testa & C. in considerazione della mancata dichiarazione della plusvalenza conseguentemente realizzata, l’Ufficio II. DD. notificava un avviso di accertamento al T., che lo impugnava sostenendo di avere partecipato all’atto in qualita’ di mero prestanome della suocera C.R., che per sottrarsi alla possibile azione dei creditori l’aveva pregato d’intestarsi le sue quote e di trasferirle il ricavato subito dopo la loro cessione. La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno ha rigettato il ricorso ed il contribuente si e’ gravato alla Commissione Regionale, che dopo aver preso atto della sua assoluzione da parte del Tribunale penale di Salerno, ha riformato la decisione di primo grado in quanto dalla documentazione acquisita si rilevava che il ruolo del T. era stato effettivamente quello di semplice soggetto interposto.

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato l’anzidetta statuizione per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p., del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 11414 c.c. e segg. e dei principi generali sulla simulazione, nonche’ per omessa, insufficiente ed illogica motivazione su punto decisivo della controversia, sostenendo che i giudici a quo avevano errato nel riconoscere efficacia vincolante alla sentenza di assoluzione del T. che, in ogni caso, non avrebbe potuto invocare la natura fittizia del suo intervento per sottrarsi all’adempimento degli obblighi tributar comunque assunti con la partecipazione all’atto di cessione delle quote. Cosi’ riassunte le doglianze della ricorrente, di cui l’intimato ha contestato la fondatezza, osserva il Collegio che pur avendo fatto menzione della pronuncia penale, la Commissione Regionale non si e’ limitata a conformarsi ad essa, in quanto ha proceduto ugualmente all’esame della documentazione in atti, pervenendo proprio in base ad essa al convincimento che il T. era rimasto sostanzialmente estraneo all’operazione di trasferimento della partecipazione societaria. Per questo motivo ha quindi accolto il gravame del contribuente senza, pero’, considerare che anche il soggetto interposto acquista comunque la disponibilita’ giuridica e, dunque, il possesso dei redditi derivanti dall’atto cui partecipa, sicche’ puo’ essere chiamato a risponderne dalla Amministrazione finanziaria che, tuttavia, per effetto del generale divieto della doppia imposizione, non puo’ pretendere di il pagamento dell’imposta sia dall’interponente che dall’interposto cui, di conseguenza, spetta la possibilita’, in fase di riscossione, di evitare il versamento o, successivamente, di richiedere il rimborso di quanto eventualmente gia’ corrisposto per il medesimo titolo dall’interponente (v. in tal senso il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 che pur contenendo aggiunte introdotte in epoca posteriore a quella di cui si discute, rappresenta l’espressione di principi applicabili anche nella presente fattispecie perche’ gia’ presenti fin da prima nell’ordinamento).

In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va pertanto cassata senza necessita’ di un rinvio degli atti al giudice di merito, perche’ avendo ammesso lo stesso T. (a pag. 3 del controricorso) di aver lamentato soltanto “la nullita’ ed inefficacia dell’atto impositivo in quanto, in tutti gli atti relativi alla vicenda de qua, era stato presente solo quale interposto fittizio” della C., la causa puo’ essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi 1.300,00 Euro per ciascun grado di merito ed in complessivi 3.200,00 Euro, piu’ le spese prenotate a debito, per la presente fase di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria del T., che condanna al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi 1.300,00 Euro per ciascun grado di merito ed in complessivi 3.200,00 Euro, piu’ le spese prenotate a debito, per la presente fase di legittimita’.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2011

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