Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7379 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 07/03/2022, (ud. 13/07/2021, dep. 07/03/2022), n.7379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLOANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2586-2020 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MARITATO LELIO,

CORETTI ANTONIETTA, (OMISSIS), SGROI ANTONINO, D’ALOISIO CARLA;

– ricorrente –

contro

G.A.M., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

CENTOLA ROBERTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3917/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 05/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DE MARINIS

NICOLA.

 

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 5 luglio 2019, la Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Napoli, sui ricorsi in opposizione proposti da G.A.M. nei confronti dell’INPS e dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, a fronte dei provvedimenti (comunicazione dell’11.7.2016 e avviso di pagamento del 15.1.2018, ed ulteriore richiesta di pagamento) con cui l’Istituto avanzava la pretesa al pagamento dei contributi dovuti per gli anni 2010 e 2011 alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 e poi riuniti, dichiarava la prescrizione del credito contributivo per gli anni 2010 e 2011;

– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’insussistenza del credito contributivo azionato dall’Istituto per essere decorso, non ricorrendo la causa di sospensione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8, invocata dall’Istituto, data dall’occultamento doloso dell’obbligazione, il termine di prescrizione quinquennale, il cui dies a quo deve individuarsi nella data di scadenza del termine per il pagamento dell’IRPEF, anteriore, per ciascuno degli anni di riferimento, di oltre cinque anni alla data di notifica del primo atto interruttivo, stante l’irrilevanza della dilazione di 30 giorni consentita dalla legge che, in quanto implicante il pagamento di una maggiorazione, presuppone il porsi della prima scadenza come termine finale;

– che per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la Garofalo;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

– che l’Istituto ricorrente ha poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, contrariamente a quanto eccepito nel proprio controricorso dalla Garofalo, la notifica alla medesima del ricorso da parte dell’INPS deve ritenersi tempestiva per essere stata effettuata a mezzo posta nei termini il 3.1.2020 e rinnovata in tempo utile il 14.2.2020, ovvero entro i quindici giorni successivi alla restituzione da parte di Poste S.p.A. dell’atto non consegnato al primo accesso il 9.1.2020 per essere risultato l’avvocato domiciliatario destinatario della notifica irreperibile in quanto trasferito

che, con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e art. 2941 c.c., n. 8, in relazione alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 e ss., D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. con modif. nella L. n. 111 del 2011, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale relativa all’intervenuta prescrizione quinquennale del credito retributivo, dovendosi ritenere il decorso della medesima sospeso in ragione della ricorrenza della causa espressamente prevista dalla disciplina codicistica data dal doloso occultamento dell’obbligazione conseguente alla mancata compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi;

che il motivo risulta infondato alla stregua dell’orientamento accolto da questa Corte cui il Collegio intende dare continuità (cfr. Cass. n. 27950/2018) per il quale deve ritenersi, da un lato, che la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, non costituendo la dichiarazione in questione, in quanto mera manifestazione di scienza, presupposto del credito contributivo e, dall’altro, la non operatività della causa di sospensione, motivata in base al rilievo per cui la mancata denuncia del reddito non equivale ad un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo né configura impedimento assoluto, non superabile con i normali controlli attivabili dall’Istituto anche rivolgendosi all’Agenzia dalle Entrate, motivazione da cui fa discendere la validità della consolidata regola secondo cui l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza al fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi e gli ostacoli di mero fatto tra i quali in principio non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento;

– che, d’altra parte, l’INPS, pur gravato del relativo onere, non indica circostanze di fatto, dedotte in sede di merito, dalle quali trarre l’esistenza di un doloso occultamento del credito né tali circostanze risultano dalla sentenza impugnata;

che, pertanto, il ricorso va rigettato;

– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.800,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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