Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7378 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30465-2006 proposto da:

Z.M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato ANGELOZZI GIOVANNI,

che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELL’INTERNO;

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, BIONDI GIOVANNA, PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, giusta

mandato in calce alla copia notificata del ricorso.

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 7389/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/12/2005 R.G.N. 8690/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato ANGELOZZI GIOVANNI;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per(accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 14.2.2001 Z.M.F. conveniva in giudizio l’INPS e i Ministeri dell’Economia e dell’Interno e chiedeva al Tribunale di Velletri di accertare il suo diritto all’assegno ordinario di invalidità con condanna dei convenuto al pagamento della relativa prestazione.

Il Tribunale, espletata una CTU, rigettava il ricorso poichè la consulenza aveva accertato che le malattie dalle quali era affetta l’invalida comportavano una incapacità lavorativa del 67%.

A seguito di impugnazione dell’interessata, la Corte di Appello di Roma, disposto il rinnovo della consulenza tecnica, con sentenza depositata il 29 dicembre 2005, rigettava l’appello. La Corte territoriale, dichiarato il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri, nel merito riteneva di dover condividere le conclusioni del consulente tecnico nominato in secondo grado, secondo cui le infermità da cui è affetta l’appellante (malformazione di Arnold- Chiari, diabete mellito e ipertensione) hanno comportato una riduzione della capacità lavorativa del 67%, e quindi al di sotto della soglia fin richiesta dalla legge per il riconoscimento del diritto alla prestazione richiesta.

Per la cassazione di tale sentenza la sig.ra Z. ha proposto ricorso con un unico articolato motivo. L’INPS ha depositato procura.

Il Ministero dell’Economia e il Ministero dell’Interno non si sono costituiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13 con riferimento alla tabella allegata al DM 5.2.1992, nonchè omessa ed insufficiente motivazione e osserva:

che già in sede amministrativa le era stata riconosciuta una invalidità del 67%; poichè il CTU di secondo grado ha rilevato ulteriori infermità (sciatalgia, ipertensione arteriosa, cardiopatia sclero-ipertensiva), sommando la percentuale di invalidità propria di queste ultime a quella delle malattie già riconosciute, il CTU, in applicazione della cd. formula a scalare, avrebbe dovuto riconoscerle una grado di invalidità del 74%. La Corte territoriale, senza adeguata motivazione, ha condiviso le conclusione errate del suo CTU senza tener conto della consulenza tecnica di parte, senza tener conto dell’aggravamento delle malattie già riscontrate in sede amministrativa ed escludendo ogni rilevanza a quelle cardiovascolari.

Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Dalla relazione del CTU dott. M., depositata presso la Corte di Appello di Roma in data 23 giugno 2005, la ricorrente risulta affetta da malformazione di Arnold-Chiari, diabete mellito tipo 2^, ipertensione arteriosa, cardiopatia sclero-ipertensiva e iniziali segni di retinopatia non responsabile di deficit visivo. A giudizio del perito l’ipertensione arteriosa e la cardiopatia, insorte dopo la data della visita della commissione invalidi civili, non sono tali da aggravare in modo rilevante il quadro di inabilità determinato dalle patologie diabetica e neurologica già riscontrato in sede amministrativa, mentre non risulta un aggravamento di queste due ultime malattie e la iniziale retinopatia non è responsabile di alcun deficit visivo. In definitiva il CTU ha ritenuto che il complesso morboso della periziata sia valutabile nella misura del 67%.

Il consulente tecnico nominato in appello ha dunque preso in esame /J” tutta la documentazione medica prodotta e tutte le infermità da cui l’interessata è affetta e per alcune (ipertensione, cardiopatia, retinopatia) ha escluso qualsiasi incidenza sul quadro complessivo di invalidità, così come ha negato un aggravamento significativo delle altre patologie.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da malattie dell’assicurato, l’apprezzamento del giudice di merito sui risultati dell’indagine svolta dal CTU, nonchè la valutazione in ordine alla obbiettiva esistenza delle infermità, alla loro natura ed entità ed alla loro incidenza sulla capacità lavorativa, costituisce tipico accertamento in fatto, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione (cfr. Cass. n. 8654/2008, n. 19661/2006, n. 14849/2004); pertanto, qualora il giudice di merito fondi la sua decisione sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, facendole proprie, perchè sussista un vizio di motivazione della sentenza di merito, censurabile in sede di legittimità, è necessario che il ricorrente lamentati l’esistenza di errori consistenti in carenze o deficienze diagnostiche, o in una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medica, o in affermazioni illogiche e scientificamente errate, o nella omissione degli accertamenti strumentali e diagnostiche dai quali non si possa prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi, non essendo sufficiente la pura e semplice contrapposizione di una difforme valutazione dell’entità e dell’incidenza del dato patologico; ne consegue che al di fuori di tale ambito le censure di difetto di motivazione costituiscono un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico che sorregge la decisione e si traducono in una inammissibile richiesta di revisione del merito del convincimento del giudice (cfr. tra le tante Cass. n. 7341/2004, 15796/2004, n. 5065/2008, n. 8654/2008, n. 9988/2009).

Nella specie alla valutazione del consulente tecnico d’ufficio recepita dal giudice di appello, il ricorrente ha contrapposto un diverso apprezzamento della entità delle patologie riscontrate al periziato, senza evidenziare alcuna specifica carenza o deficienza diagnostica o errore scientifico, bensì limitandosi ad esprimere una diversa valutazione del medesimo quadro patologico.

Per le considerazioni sopra espresse, il ricorso, dunque deve essere respinto. Nulla per le spese a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 326 del 2003 e applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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